In principio fu la “Pop” di Baladin: nel novembre del 2015, con la consueta e pirotecnica presentazione a Piozzo (ospite Davide Oldani), Teo Musso lanciò su larga scala le sue prime lattine di birra artigianale, un prodotto che tra l’altro si è classificato al 3° posto al recente concorso “Birra dell’Anno” di Rimini nella categoria “Belgian Blond – Belgian Pale Ale”. Le lattine di “Pop” non furono una novità assoluta sul mercato italiano – gli italo-ticinesi di Bad Attitude anticiparono Baladin – ma in qualche modo segnarono una strada che oggi diversi birrifici stanno iniziando a percorrere.
Tra gli stand di Beer Attraction 2018, per la prima volta, le lattine hanno iniziato a fare capolino in modo diffuso accanto a bottiglie e spine: per questo motivo abbiamo scelto di dedicare su Malto Gradimento un approfondimento a un contenitore che spesso è associato a prodotti di bassa qualità e che invece, nel mondo craft, può avere vantaggi importanti anche con birre di un certo pregio.
MISTER B: NATI IN LATTINA
Il caso più curioso è probabilmente quello di “Mister B”, produttore con sede a San Giorgio Mantovano, che è nato in lattina nel senso che fin dalla prima cotta ha scelto di affiancare ai fusti questa tipologia di packaging, rinunciando al vetro.
Una scelta che ha un’origine al “Teatro delle Birre”, il locale che ha preceduto l’apertura di “Mister B”. «Al “Teatro” abbiamo iniziato a dedicare un intero frigo alle lattine di provenienza straniera – spiega Mauro Bertoletti, socio di entrambe le realtà mantovane – in particolare da USA e Regno Unito e abbiamo notato un interesse crescente da parte dei clienti. Crediamo che la lattina sia ottima per determinati stili birrari e quindi abbiamo scelto questa strada al momento dell’apertura del birrificio, che è già in ampliamento (ha una cantina da 12mila litri) e che ha in produzione sette diverse birre che presto diventeranno nove».
«Per riempire le lattine – prosegue Mauro – utilizziamo un macchinario portatile costruito negli USA dal birrificio Oskar Blues; ci stiamo attrezzando per trasportarlo al di fuori dalla nostra sede, perché vorremmo diventare “riempitori” anche conto terzi». Un’attività collaterale a quella del birrificio che ha un vantaggio: l’unità produttiva si trova a pochi minuti dalla sede italiana di “Ball”, tra le maggiori multinazionali che producono lattine. «Sono molto attenti al mercato che li riguarda e ci hanno seguito con meticolosità, dandoci un bell’aiuto nel risolvere alcuni problemi tecnici» conclude Bertoletti mentre brinda con noi con una curiosa stout luppolata, la Babau (tutte le birre iniziano con la lettera B).
“Mister B” e il “Teatro delle Birre” saranno anche gli animatori de “La via latta”, primo festival italiano che prevede la presenza di sole birre in lattina (circa 150 referenze): appuntamento tra il 31 agosto e il 2 settembre a S. Silvestro di Curtarone, provincia – naturalmente – di Mantova.
CR/AK, PAROLA AI VINCITORI
Quando invece avviciniamo Anthony Pravato, uno dei soci che hanno dato vita a “Cr/ak”, non sappiamo ancora che nel pomeriggio il birrificio mantovano verrà premiato come vincitore assoluto a “Birra dell’Anno”. Un riconoscimento che, gioco forza, accresce l’importanza di quanto ci dice Anthony riguardo ai contenitori d’alluminio, peraltro lanciati per quanto riguarda Cr/ak proprio nel corso della rassegna romagnola.
«Crediamo che la lattina sia il modo migliore per mantenere la fragranza delle birre luppolate – spiega Pravato senza mezzi termini – Una scelta decisa, la nostra, che ha comportato un investimento pesante per la linea di confezionamento, ben 500mila euro. Abbiamo iniziato con quattro birre: IPA (Guerrilla), session IPA (Mundaka), NEIPA e IPA senza glutine (New Zealand), e per molte tipologie abbandoneremo del tutto il vetro. Le bottiglie resteranno solo per la “Linea Cantina”, quella delle birre invecchiate».
Contravvenendo alle raccomandazioni che da anni circolano nel mondo artigianale, i ragazzi di Cr/ak invitano a bere le proprie birre direttamente dalla lattina: «Il riempimento è fatto in modo da dare la giusta frizzantezza alle nostre birre che rimangono protette dall’ossidazione anche dopo l’apertura e restano costanti dal primo all’ultimo sorso. So che così si perde la “cerimonia” della mescita nel bicchiere e ovviamente chi vuole può continuare a utilizzarla, però la nostra proposta è quella di sfruttare la lattina da cima a fondo».
BIBIBIR: UN “FUSTO DA 0,33”
Tra i primi a imbarcarsi nell’avventura “metallica”, c’è stato anche il birrificio “Bibibir”, che ha sede in provincia di Teramo, a Castellalto, ed è guidato in sala cottura da Flaviano Brandi. «La scelta di passare alla lattina è stata fatta circa un anno e mezzo fa e deriva dal fatto che ci piace l’idea di offrire una birra “facile da bere”». Bibibir ha acquistato una linea di riempimento usata: «I costi ci sono ma non sono così proibitivi come qualche tempo fa. Anzi – ci dice Flaviano – su alti volumi si risparmia anche qualcosa rispetto al vetro». Come Cr/ak, anche Bibibir ha deciso di usare le lattine per le birre più luppolate, mentre quelle in stile belga – le prime nate nell’azienda teramana – rimane in auge la bottiglia: «Per le luppolate – nel nostro caso la APA, la White IPA e la Black IPA – sono convinto che la lattina sia il contenitore migliore perché mantiene intatta la fragranza e di fatto allunga la vita a queste birre. Ma ci sono anche vantaggi in termini di peso, di facilità di trasporto e di minor inquinamento rispetto al vetro».
Qualche perplessità, forse, ce l’hanno i clienti: «Capita ancora spesso che il consumatore medio esclami: “Bella la lattina” ma poi acquisti una bottiglia. L’augurio è che con il nostro lavoro potremo far capire i vantaggi della latta per certe tipologie, spiegando come in fin dei conti si tratti di un “fusto di 33 centilitri”».
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