Come si reagisce alla crisi in corso, quando il tuo lavoro è quello di produrre birra artigianale? Una risposta univoca non c’è; ci sono però molti spunti che il variegato mondo della birra italiana sta provando a sfruttare per restare a galla in un periodo complicato e ricco di incertezza su qualsiasi fronte. Di certo c’è un fatto: in questi ultimi 8/9 mesi tutti hanno scelto di “tenere duro”, nel senso che ogni azienda, ogni operatore, ogni addetto ha provato a trovare soluzioni per dare continuità ai propri progetti.
Di questo e di altro abbiamo parlato con Stefano Barone, titolare di “The Wall”, il birrificio di Venegono Superiore che è uno dei punti di riferimento per il movimento craft del Varesotto, con la sua sede moderna e aperta anche a produzioni esterne, e con i due locali a esso collegati, il primo a Milano e il secondo proprio a Venegono.
Nell’ultimo periodo l’attività di “The Wall” è stata particolarmente vivace: prima è stata messa in commercio una imperial stout inserita nella serie “Black-X”, quella dedicata alle birre scure; poi è stata la volta della natalizia Xmas Bee, infine è uscito il cofanetto con tre specialità affinate in legno (la cosiddetta linea “wood aged”) che comprende il barleywine “Barone”, la IGA “Cargo” e la “Old Porter”. Birre che hanno subito avuto un ottimo riscontro tra gli appassionati.
Stefano, avete mostrato una certa vivacità dal punto di vista delle nuove uscite, una scelta che stupisce in questo momento complicato.
«In un certo senso abbiamo seguito i “tempi della birra”: la scelta di rilasciare tante novità è dovuta a un programma che era stato stilato in altri momenti, al quale abbiamo comunque dato seguito. Il progetto sugli affinamenti in legno infatti era iniziato nel 2019 quando non c’era alcuna avvisaglia di pandemia: le birre nel frattempo sono maturate ed è arrivato il momento di confezionarle. Il fatto di averle pronte nel periodo precedente al Natale, per lo meno, è stato positivo: le festività ci hanno aiutato e le vendite dell’ultimo mese sono state confortanti».
Quali sono i canali che hanno funzionato meglio, da questo punto di vista?
«Il delivery era stato determinante nel corso della prima ondata ed è stato un canale nuovo che si è rivelato interessante. In questo secondo lockdown ha funzionato ancora piuttosto bene, anche se non a quei livelli ma c’è da dire che nelle scorse settimane chi vive nella nostra zona ha potuto sfruttare l’apertura dello spaccio aziendale. E proprio quest’ultimo canale di vendita è stato davvero importante, ha avuto molto successo».
Secondo lei, quanto tempo ancora può resistere il sistema della birra artigianale con queste restrizioni?
«Dovrei essere un indovino per rispondere a questa domanda anche perché, onestamente, è difficile fare una previsione anche per se stessi. Mi pare evidente che, con tutta la buona volontà, questo periodo non può essere protratto troppo a lungo però mi piace sottolineare che fino a ora tutti hanno cercato di tenere botta e di trovare strade che consentissero almeno di sopravvivere. Anche realtà come le beer firm, molto legate alla vendita attraverso canali come mercatini, festival e manifestazioni, stanno facendo di tutto per resistere nonostante le difficoltà».
Voi gestite anche due locali in via diretta. Cosa vuole chiedere per questa parte del lavoro?
«Io mi auguro che si possa tornare ad aprire. Non voglio essere polemico sulle restrizioni, non mi interessa neppure. Quello che chiedo è che ci diano regole chiare per poter lavorare: noi abbiamo ridotto la capienza dei locali e messo in atto una serie di misure di sicurezza. Ben vengano i controlli: sono disposto a dire che se io sbaglio devo essere sanzionato, però è necessario che chi lavora in modo corretto venga controllato e se rispetta le regole possa andare avanti. Noi, quando era possibile tenere aperto, non siamo mai stati controllati e questo mi fa pensare».
Per l’ultima domanda torniamo sulla politica del birrificio. Ormai “The Wall” ha una proposta varia e molto articolata: non c’è il rischio che sia un po’ troppo polverizzata?
«Il nostro progetto, diciamo così, senza pandemia prevede che il birrificio abbia due grandi filoni, quello delle birre tedesche e quello degli stili anglo-americani. Io credo che ognuno dei due sia sufficientemente fornito e ben costruito per andare incontro alla richiesta degli appassionati. Poi ci sono alcune proposte particolari come può essere la wooden aged di cui abbiamo parlato prima, però le due linee principali sono quelle. Certo, in un momento del genere, con i locali chiusi e la rotazione dei fusti azzerata sarebbe più semplice gestire un’offerta più limitata, non lo nascondo. Però, appunto, contiamo di uscire dal particolare e tornare a ragionare in modo consueto».
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