Negli ultimissimi anni il mondo delle birre trappiste si è allargato anche al di fuori dei confini del Belgio, il Paese faro nel mondo della birra anche in questo ambito. Non era però così scontato – anzi, fino a poco tempo fa non era neppure prevedibile – che una di queste potesse essere prodotta anche in Italia. E invece questa possibilità è divenuta realtà grazie all’abbazia delle Tre Fontane di Roma, un antico complesso monastico che si trova nel noto quartiere dell’Eur, famoso per trovarsi in prossimità di Fiumicino e per ospitare alcune celebri costruzioni e il principale palasport della Capitale.
Prima di approfondire la notizia vale forse la pena spiegare meglio, soprattutto ai meno esperti, ciò che significa produrre “birra trappista”. I trappisti, anzitutto, sono monaci cistercensi di stretta osservanza, un ordine fondato in Francia nel Seicento che prevede appunto norme più restrittive rispetto alla regola cistercense. Nel corso dei secoli i trappisti si sono specializzati, per quanto riguarda il proprio lavoro, nella produzione di diversi prodotti alimentari tra i quali anche la birra. Inutile addentrarsi qui nel racconto della loro lunghissima storia; vale invece la pena sottolineare che, per garantire l’originalità e l’unicità dei loro prodotti i monaci hanno dato vita nel 1997 all’Associazione Internazionale Trappista (ITA) che concede a chi ne ha il diritto di riportare sulle etichette (o sui tappi di bottiglia, come nel caso di Westvleteren) l’esagono che identifica l’autenticità.
Secondo il regolamento dell’ITA 1) la birra deve essere prodotta all’interno di un’abbazia o dai monaci o sotto il loro controllo; 2) la produzione, la scelta dei processi e l’orientamento commerciale devono dipendere dalla comunità dei monaci; 3) i proventi generati dalla vendita della birra devono essere destinati al sostentamento della comunità (ammesso anche il finanziamento di restauri/lavori interni al monastero) o, eventualmente, ad attività di beneficenza sul territorio vicino all’abbazia.
È utile ricordare, a tal proposito, che le cosiddette “birre d’abbazia” non sono da considerare come trappiste; i motivi variano a seconda del produttore (abbazia non trappista, produzione esterna, nomi di fantasia…), ma di certo quelle così identificate non hanno ottenuto il celebre logo esagonale.
Torniamo quindi a Roma e all’Abbazia delle Tre Fontane, che ha per l’appunto annunciato questo epocale ingresso nel ristretto novero dei produttori di birra trappista. Il complesso monastico dell’Eur è molto antico e ospita cistercensi di stretta ordinanza fin dal 1868 ed è circondato da alcuni ettari piantumati a ulivi ed eucalipti. Quest’ultima pianta, centrale in tutta la produzione alimentare di Tre Fontane, è anche un ingrediente speciale della nuova birra che, come spiega il blog “Cronache di birra”, sarà una tripel con una gradazione alcoolica dell’8,5% (quindi simile a quella di altri monasteri). Il sapore di eucalipto comunque – sempre citando CdB – «emerge in maniera elegante e gentile, al punto che appare distintamente avvertibile solo nel retrolfatto, con piacevoli note vegetali, balsamiche e leggermente amare». Ora quindi non possiamo che attendere la diffusione delle bottiglie di “Tre Fontane” per un assaggio più interessato che mai. La produzione trappista ha toccato e tocca vertici altissimi (chi le conosce, sa bene di cosa stiamo parlando…) e la speranza che anche la birra romana sia di alto profilo è più viva che mai.
Le abbazie trappiste che producono birra
Belgio: Notre-Dame de Scourmont (Chimay), Notre-Dame d’Orval,
Notre-Dame de Saint-Rémy (Rochefort), Westmalle, St. Sixtus (Westvleteren), Notre-Dame di Sant-Benoît (Achel).
Olanda: Van Koningshoeven (La Trappe), Maria Toevlucht (Zundert)
Austria: Stift Engelszell
Stati Uniti: St. Joseph’s of Spencer
Italia: Tre Fontane
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