L’Orso Verde non si chiama più così: nasce il marchio “OV”

Dopo anni di relativo immobilismo, l’Orso Verde di Busto Arsizio – che è uno dei più longevi birrifici della provincia di Varese – ha dato il via a una lunga serie di novità che hanno riguardato un po’ tutti gli aspetti dell’azienda. Dalle nuove grafiche (tutt’ora in evoluzione) all’apertura di due tap room (a Milano e Varese), dall’utilizzo delle lattine al – prossimo – trasferimento in una nuova sede più grande e funzionale (nello stabile ex Coca Cola di Busto) rispetto a quella storica di via Petrarca.

Ma quel che non ci aspettavamo e che l’Orso Verde andasse in un certo senso in pensione. Il simbolo e il nome scelti nel 2004 da Cesare Gualdoni al momento della fondazione del birrificio non ci saranno più: da giovedì 1° ottobre si dovrà parlare di “OV”, un marchio in cui un orso verde è presente (in piedi, fiero, con lo sguardo che va lontano) ma non compare più nel nome (resta solo nella denominazione della società). Nella grafica c’è invece la data di nascita del birrificio, inserita nel motto “Birra artigianale – Indomita dal 2004″.

Una scelta che – siamo subito sinceri – non ci convince: “Orso Verde” è diventato negli anni, con pieno merito, un nome importante nella scena craft italiana. Fa parte di quella seconda ondata di produttori avviata nella prima metà degli anni Zero, i primi a seguire i pionieri che dal 1996 diedero vita a un movimento che oggi conta un migliaio di aziende. E in un mondo – pensiamo agli antichi birrifici tedeschi, belgi o britannici – come quello della birra in cui le radici contano eccome, rinunciare al nome “Orso Verde” ci sembra una decisione azzardata.

Cesare Gualdoni davanti al logo originale dell’Orso Verde, che nel corso degli anni aveva già subito alcuni restyling

«Capiamo queste obiezioni e ne abbiamo anche parlato tra di noi quando si è trattato di decidere come procedere. Però crediamo in questa scelta, in questa svolta: passare al marchio OV significa guardare a nuovi orizzonti, aprirsi anche a un mercato estero dove il brand OV può essere più diretto. Si tratta di un passo ulteriore che completa i tanti cambiamenti effettuati di recente – alcuni sono ancora in corso e li vedrete con il passare delle settimane – che culmineranno anche con l’apertura della nuova sede produttiva, la quale avverrà a inizio 2021, sperando che il Covid-19 non rallenti troppo i lavori».

A parlare, e a raccontare per Malto Gradimento la posizione dell’azienda, è Andrea Corti, product manager di Orso Verde e socio dell’azienda bustocca. «Una delle cose che però devono essere ben chiare a tutti è che il nostro birrificio rimarrà orgogliosamente artigianale: ci tengo a dirlo, perché quando avvengono questi cambiamenti c’è sempre chi insinua dubbi o pensa ad acquisizioni. Noi, come soci, crediamo in Orso Verde – e ora in OV – e abbiamo investito in prima persona. La strategia non cambia, come non è cambiata la composizione della società e come non cambia la qualità della birra che trovate in fusto, in bottiglia o in lattina. Stiamo lavorando sulla gamma, ma il prodotto è quello inventato da Cesare con i suoi collaboratori, birre per le quali vale la pena investire».

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