Buongiorno a tutti.
Qualche giorno fa è uscito su “la Repubblica” un interessante articolo dello psicanalista Massimo Recalcati che invitava i professori a fare gli insegnanti e non gli psicologi. Le tesi espresse mi trovano particolarmente d’accordo.Oggi, nella crisi delle istituzioni sociali a cominciare dalla famiglia, la scuola rischia di trasformarsi in un contenitore che si riempie di contenuti assai diversi da quello principale: l’insegnamento. Personalmente, ho sempre, consapevolmente, rifiutato il ruolo di amico-fratello maggiore-confidente-confessore-assistente sociale- consulente familiare; i ragazzi, a scuola, hanno bisogno d’altro. Innanzitutto ad imparare l’amore per il Sapere perché questa è la strada maestra per imparare a riconoscersi: saper risolvere una equazione, saper fare una traduzione di Cicerone o di un sonetto di Shakespeare, saper cogliere correttamente i flussi economico-politici di un periodo storico, emozionarsi alla vista di un dipinto del Beato Angelico o alla lettura di un madrigale di Tasso. Sapere per crescere. I ragazzi non hanno bisogno di surrogati dei genitori, i ragazzi hanno bisogno di consapevolezze culturali affinché dopo aver imparato a riconoscersi sappiano riconoscere “l’altro” che è intorno. Assaporare la bellezza di sapere una “cosa” e di sentirla propria, capire che la soddisfazione intellettuale va a braccetto con la capacità e il desiderio di emozionarsi; che la sensibilità si acquisisce e si valorizza attraverso i sentimenti e le intuizioni che si riflettono sulle pagine di un libro. Avere la certezza che il sapere non deve per forza essere usato, sempre e comunque per fini utilitaristici: esso si condivide e poi si regala, non si vende. La scuola non può ridursi ad un circuito meccanico fatto di spiegazione-verifica-voto; la scuola è altro: è incontro, è incanto, è soddisfazione e scambio reciproco, è sorridere, è sapere andare “oltre i tecnicismi che esaltano la metodologia dell’apprendimento, l’accanimento valutativo”, l’inesorabilità del voto, “l’impreparato” quotidiano. Non è possibile ridurla a “burocratizzazione fatale della funzione dell’insegnante che deve sempre più rispondere alle esigenze delle istituzioni che non a quelle degli allievi”. E una buona volta per tutte, smettiamola di considerarli i legni storti che devono essere raddrizzati. L’apprendimento deve viaggiare sulle strade della curiosità, del coinvolgimento personale e perché no, dell’amore e della passione. E’ importante il risultato ma, forse, è più significativo il percorso di ciascuno: se il risultato è oggettivo, il percorso è personale: procede per strade sconosciute. Non serve arrivare primi, serve arrivare bene. E’ con questi intenti che si dovrebbe insegnare e studiare, è così che la scuola dovrebbe trasformarsi nell’incubatrice dei nuovi “cives”: consapevoli dei loro diritti ma, prima ancora, dei loro doveri. Questo dovrebbe saper essere e fare un buon maestro. Insegnante: un professionista consapevole del proprio ruolo; sembra poco ma è moltissimo. Per ottenere risultati occorre lavorare con pazienza e convinzione, essere autorevoli e mai autoritari, metterci sempre il cuore oltre all’intelletto. Giorno dopo giorno. Una fatica non quantificabile ma immane; ne vale la pena. Per questo rifiuto con forza l’idea di essere considerato un missionario, non lo sono e giammai mi sentirò legato agli allievi da un rapporto fideistico: l’insegnante non deve predicare agli “infedeli” bensì deve essere il motore inesausto del saper critico che poggia sulla sana dialettica perché solo attraverso di esso la Scuola può ancora trovare una sua giustificazione.
Gianni Barba
Sembra che un ‘altra persona abbia scritto i miei pensieri e quello che quotidianamente cerco di mettere in pratica. Condivido pienamente .
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# Ogni problema pedagogico………..#
# é sempre e soltanto…………………..#
# quello dell’amore. ……………………..#
# E la professionalità del docente…..#
# é quella di stimolare la curiosità… .#
# negli allievi e di soddisfare,,………. .#
# in pieno le loro attese…… ……………#
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Scontato per me condividere la convincente descrizione delle caratteristiche del bravo insegnante. Peccato che sia proprio la premessa a non convincere: per fare tutto quello che sarebbe giusto fare non bisogna limitarsi “all’insegnamento”. Infatti nella percezione comune sono “i tecnicismi che..l’accanimento valutativo, l’inesorabilità del voto, l’impreparato quotidiano” quelli che tratteggiano l’identikit del bravo insegnante. Temo, invece, che per riuscire a insegnare “l’Amore per il SAPERE” e a “saper CRESCERE” (l’obiettivo alto dell’articolo), nel mondo della scuola di oggi si debba essere sempre più “l’amico-fratello maggiore- confidente- assistente sociale..” e quant’altro. Missionario no, quello ancora no.
Egr. Andrea Viaro, innanzitutto grazie per la condivisione; resto convinto che sia possibile essere degli insegnanti “consapevoli” andando ben oltre i tecnicismi ecc.ecc. senza vestire i panni del fratello meggiore… I ragazzi hanno bisogno, secondo me, di figure di riferimento che vadano oltre il circuito familistico.Sempre pronto ad ascoltarli e a difenderli quando è necessario senza mai dimenticare il proprio ruolo ed il rapporto giovane-adulto. L’amicizia, quella vera, per quanto mi riguarda, potrà nascere (come spesso mi succede) “dopo”. Saluti G. Barba