Quattro chiacchiere con Jurij Ferri sulla GentianIpa prodotta con Meantime

È raro che la cotta pilota di una nuova birra faccia discutere e attiri su di sé le luci dei riflettori; un evento che invece è accaduto nel febbraio scorso – a Beer Attraction in corso – quando venne annunciata la nascita imminente della GentianIpa, inventata da Jurij Ferri, realizzata sull’impianto del suo birrificio (Almond ’22) ma – e qui sta la notizia – in collaborazione con Meantime. Marchio londinese nato in ambito artigianale che però è da alcuni anni nell’orbita della grande industria e che fa attualmente parte del gruppo giapponese Asahi (lo stesso che possiede anche l’italiana Peroni).

L’accordo prevede che la ricetta sviluppata da Ferri, in collaborazione con i birrai di Meantime, venga poi prodotta e commercializzata dall’azienda britannica attraverso i propri canali, ricalcando quanto già avvenuto in altre occasioni (nel Regno Unito) nell’ambito del programma “Meantime and Friends”. Quella con Almond è quindi la prima iniziativa di questo tipo all’estero, per il birrificio d’Oltremanica, e nei mesi scorsi ha alimentato le voci su una possibile acquisizione come già accaduto per altri marchi del mondo artigianale italiano. Rumors che però non hanno trovato riscontro e che i diretti interessati – Ferri in primis – smentiscono con forza.

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La genziana fa “flirtare” la birra artigianale con quella industriale

D’estate, lo sanno tutti, Rimini può essere terra di amori brevi, capaci di infiammare una vacanza o una sola notte. Flirt da portare con sé in inverno, da custodire nel cuore o da raccontare agli amici, al ritorno, davanti a una birra. Quella birra che d’inverno, invece, a Rimini è anche protagonista della principale rassegna del settore, il Beer&Food Attraction che si è aperto sabato 15 in Riviera. E proprio nei padiglioni della fiera è stata annunciata una notizia che farà discutere nel mondo dell’artigianale e che, rapportato sull’estate romagnola, ricorda un po’ una di quelle scappatelle di cui sopra.

Enrico Galasso (Peroni) e Jurij Ferri (Almond ’22)

I protagonisti della vicenda sono due birrifici: uno artigianale e uno di proprietà industriale, anche se il marchio è nato (all’estero) in ambito craft. I nomi sono presto detti: Almond ’22, azienda longeva, molto apprezzata e nata per iniziativa di Jurij Ferri (QUI una nostra intervista di due anni fa) e Meantime che dopo essere stato per anni una bandiera del movimento britannico (QUI un articolo di Malto Gradimento) venne acquisito da SAB Miller per poi passare al gruppo giapponese Asahi che controlla anche Peroni.

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«Preparazione, fantasia, duro lavoro e… tanto freddo: così abbiamo scosso il mondo della birra inglese»

Inglese lento e perfetto, da uno abituato a girare il mondo e parlare con chiunque, barba a incorniciare un viso tondo e rubizzo, battuta pronta in perfetto stile british. Rod Jones ha passato mezza vita a creare e produrre birre che hanno cambiato un panorama fino a quel momento piuttosto piatto, e ora veste con piacere i panni di ambasciatore del marchio Meantime, quello che ha contribuito a far diventare grande.RodJones1
È in questo ruolo che abbiamo avuto l’occasione di incontrare Rod, chiamato a presenziare a un evento organizzato a Gavirate (da Di.Be., azienda che sta per iniziare a distribuire Meantime nel Varesotto) e disponibile a una chiacchierata per Malto Gradimento. Meantime appunto: vale la pena ricordare che il birrificio londinese ha seguito un percorso paragonabile a quello dell’italiana Birra del Borgo. Innovatrice, rivoluzionaria, capofila di un’ondata rilevante nella propria nazione e infine inglobata da una grande azienda del settore (SAB Miller prima, Asahi poi, nel caso di Meantime).

La rubricaGente di Birra

Meantime è stata fondata alla fine degli anni Novanta e in poco tempo ha lasciato un segno profondo sul panorama britannico. Quando ripensa al passato, che immagini le passano davanti agli occhi?
«Se torno indietro agli inizi mi ricordo soprattutto un gran freddo. Iniziavamo a lavorare in birrificio alle 6 del mattino e in inverno si congelava: era dura, affrettavamo il lavoro per arrivare al più presto alla cotta e usare quel liquido caldo come una specie di colazione. All’inizio non c’erano grandi guadagni, però fin da subito abbiamo scelto di percorrere nuove strade e offrire una birra diversa rispetto a certe piatte birre inglesi tradizionali o alle lager straniere e industriali. Il panorama era moscio, lo abbiamo vivacizzato».  Continua a leggere