Certe volte la gente è strana.
E con “la gente” intendo ME.
E con “strana” intendo STUPIDA.
Lo so benissimo che la zucca è uno di quei (millesettecentonovantatre) cibi che mi sono proibiti.
Ma la tentazione è stata troppo forte.
Ho voluto per forza esibirmi in un risotto alla zucca.
Ne ho pagato le conseguenze.
Ma ne è valsa la pena, eh.
Del resto avevo già annunciato alle cavie il menu.
E quello stesso pomeriggio c’era stata una mia rarissima incursione nel negozio più vicino che vende accessori per la casa, con convulso acquisto di Pyrex d’ogni genere e forma.
Quindi non potevo tirarmi indietro (vedi tattica dell’annuncio pubblico).
Questa cosa del Jet Chef, va detto, mi sta prendendo un po’ la mano.
Una notte ho sognato che cucinavo in casa Flinstones, servendomi di latte e buste con su un logo bianco e nero con una scritta… com’era… Dharma, forse?
Deformazioni professionali a parte, il periodo non è dei più sereni e nel primo pomeriggio, prima ancora di aver finito di lavorare, comincio a pensare al menu della serata.
Gli esperimenti culinari proseguono col consueto metodo Polee ossessivo-compulsivo: uno, due o tre piatti nuovi a settimana ripetuti fino ad un risultato che la psico-sottoscritta, qui, trova accettabile.
Non sono ancora soddisfatta dalle patate al gratin, a proposito. Avremo modo di riparlarne.
Ad ogni modo, questa volta ho fatto un ulteriore passo avanti.
Divento sempre più donna: mi organizzo.
Ho fatto il dolce alle sei e mezza, visto che il Jet Chef è uno solo (Signor Whirlpooooool! Me ne servirebbe un altro paio!) e volevo concentrarmi sul risotto (l’intrepido vicino, sprezzante del pericolo – non per nulla è un ex super-campione di cross, ha accettato di sottoporsi ancora all’esperimento. Le cavie abbondavano).
Così mi sono portata avanti, ho lavato tutte le ciotole e gli strumenti usati per preparare il dolce, l’ho sfornato, l’ho tagliato in quattro porzioni, l’ho impiattato e ho preparato zucchero a velo e caramello per la successiva guarnizione.
Dopodiché mi sono accorta che era un po’ di legno.
Buono, eh, ma di legno.
Ad ogni modo, se lo sono spazzolato (e anche metà del mio, al quale ho rinunciato al grido di “preferisco vivere”).
Il problema è che non capisco dove ho sbagliato: ho seguito alla lettera le istruzioni del mio amato ricettario al microonde (i famosi 9 euro e novanta investiti in ilibreria con grande soddisfazione), ma nulla.
Tempi, temperature, lavorazione.
Tutto come indicato.
Forse era troppo cotto.
Chissà.
Adesso mi tocca rifarlo finché non viene decentemente.
Ad ogni modo, il risotto alla zucca era delizioso.
L’ho pagato caro, stando male un giorno intero per via della zucca, ma… quasi volentieri.
E ho deciso che i risotti saranno la mia soddisfazione: ho imparato già a regolarmi con tempi, temperature, aggiustatine, dosi, brodo…
Signor Whirlpooooool, sono mastra risottaia!
Anzi, guardi: spingo anche gli altri blogger al forno a sperimentare! Mi dica “brava”, su, me lo dica!
Anche qui, con ‘sta storia delle povere patate lesse, mi fanno passare per la cattiva di turno.
Ma dico.
Si scherza, suvvia…
😀
Ala prossima.
Dopo che avrò imparato a fare il dolce alla ricotta fresca, naturalmente.
P.S.: Lord Whirlpool in persona è venuto a trovarmi per una cooking session a domicilio.
Nella prossima puntata, l’imperdibile resoconto. Ho cucinato cose che voi umani…
Sì, vabbé, qui si esagera: pure la zucca mi avete sfoderato…
La zucca, lo ammetto, a me piace solo quando è scavata e scolpita per la notte di Halloween e quando la fiamma di una candela ci dondola dentro, angosciata e angosciante… Ma devo ammettere che il look del dolce e del risotto sono davvero roba da chef. Complimenti.
Un PS di avviso ai naviganti: oggi pomeriggio mi lancio in un “clafoutis alle pesche”… stay tuned!