La grande distribuzione nostrana porta talvolta in Italia alcune marche e qualità di birra che fino a poco tempo fa era davvero difficile reperire. Tra queste ci sono anche alcune bottiglie made in Usa (vi abbiamo già parlato ad esempio della famosa Sierra Nevada Pale Ale) come la Alchemy Ale prodotta in Oregon, a Portland, dalla Widman Brothers, una craft brewery nata per iniziativa dei due fratelli, Kurt e Rob. Oggi, come spiega molto bene lo splendido blog “Una birra al giorno” (leggi qui) il birrificio fa parte della Craft Brew Alliance che a dispetto del nome non è più considerabile artigianale neppure per gli standard americani anche perché è tra le dieci maggiori aziende Usa del settore.

Detto questo, passiamo al bicchiere (il mio non è certo il più adatto, lo so…) dove questa ale compone una schiuma rigogliosa, fine e persistente (foto in alto) e appare di un bel colore ambrato. Al naso si sente un amaro piuttosto pungente con note aromatiche, effetto di un luppolo che anche in bocca è decisamente prevalente. Fin troppo, nel senso che mi è parsa una birra un po’ sbilanciata in questo senso. Il malto c’è, si sente meglio con il passare dei minuti, quando cioé si alza un po’ la temperatura della birra, ma la sensazione di squilibrio rimane anche per via di un amaro pungente che rimane piuttosto a lungo. Corpo abbastanza esile, alcool (5,8%) poco impegnativo.

Nel complesso quindi la Alchemy Ale non mi ha impressionato, anche se il “voto” è comunque sopra la sufficienza. Mi è sembrata – ma lascerei a recensori e degustatori più esperti di me il giudizio definitivo – una birra che cerca di ricordare le IPA che ho bevuto in California senza raggiungere lo stesso livello e lo stesso equilibrio. Ma forse con questa considerazione mi sono spinto troppo in là…

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