Una bevuta speciale: vi racconto la Baladin Xyauyù 2008

Chi segue la pallacanestro – e la Pallacanestro Varese in particolare – sa bene che questi sono giorni particolari. La squadra biancorossa (per cui batte il mio cuore e che, a livello giornalistico, è ciò che seguo più da vicino da una ventina d’anni) ha acquistato nientemeno che il leggendario Luis Scola, campione olimpico con l’Argentina nel 2004 e tanto altro ancora. Cosa c’entra tutto ciò con Malto Gradimento? Beh, una firma del genere andava festeggiata stappando qualcosa di speciale e così, attraverso il mio profilo Instagram personale (@damianofranz) ho chiesto ai miei amici e follower di aiutarmi a scegliere.

Due le opzioni: la “classica” Westvleteren 12 – di cui conservo sempre un esemplare – e una ancora più storica Baladin, più precisamente una “Xyauyù 2008 Riserva Teo Musso”. Il risultato del sondaggio è stato netto: la Xyauyù è stata indicata dal 74% dei votanti ed è quindi finita sul mio tavolo dopo una lunghissima militanza in cantina. Una bottiglia regalo la cui data di scadenza indicava la “fine del mondo”: beh, visto l’andazzo di questo 2020 apocalittico, ho convenuto che forse era giunto il momento di degustarla.

Tra l’altro, il mio precedente approccio con la Xyauyù risale esattamente a quattro anni fa (nel luglio 2016) quando, in occasione di un evento organizzato a Piozzo da Baladin, avevo potuto degustare con altri colleghi alcune di quelle birre affinate in botte nella “vecchia” cantina di Teo, nel centro storico del paese.

Veniamo quindi alla nostra Xyauyù 2008: la bottiglia è da 25 cl, è chiusa con un sigillo sotto al quale Baladin ha utilizzato un tappo di sughero, perfettamente conservato. Nel bicchiere, la birra perde immediatamente quel filo di schiuma creatasi a contatto con il vetro, ma d’altra parte non mi aspettavo altro. Il colore è un “tonaca di frate” assai scuro, anche se rivela in controluce alcuni “lampi” bordeaux/porpora.

Avvicinando il naso al bicchiere, la Xyauyù – servita appena fresca, pochi gradi in meno della temperatura ambiente – mette subito in chiaro la propria “potenza” alcolica. Del resto stiamo parlando di una birra da 14% che, ai meno avvezzi a questo genere di bevande, può sembrare un liquore in tutto e per tutto. La vampata etilica però non toglie la qualità dei profumi rilasciati dal teku (beh, mi sembrava giusto omaggiare Teo anche con il bicchiere…). Si sentono innanzitutto ciliegie – o comunque frutti rossi – sotto spirito, note di cacao quasi fosse un boero di alta qualità; poi, dopo un attimo, ecco arrivare anche i sentori di caffè.

In bocca, la Xyauyù conferma le medesime sensazioni avvertite con l’olfatto anche se l’alcol, che pure si sente, è meno incisivo rispetto al naso. Il corpo è ovviamente ben marcato, liquoroso, ma per essere un prodotto del genere ha comunque una certa scorrevolezza. Le note sono ancora quelle di ciliegie sotto spirito, di cioccolato e di caffè anche se si avverte anche una sorta di speziatura, una nota di pepe, a vivacizzare la bevuta. Il luppolo è pressoché assente, come logico che sia, anche se in questo “dolcione”, negli angoli della bocca, una puntina d’amaro è comunque presente.

Per la degustazione mi sono affidato… al divano, nel senso che la Xyauyù è durata un’intera sera e che comunque quella era l’indicazione in etichetta, “birra da divano”, definizione ormai un po’ superata ma che all’epoca della produzione era assolutamente centrata. Che dire: la 2008 è sicuramente una birra affascinante, capace di superare indenne questi dodici anni dalla data di imbottigliamento e di regalare emozioni. Resta solo un rammarico: quello di avere stappato la bottiglia della mia piccola cantina alla quale ero più affezionato. Ma l’arrivo a Varese del General Luis Scola si meritava un brindisi del genere. Siete d’accordo?

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