Emilia e ragù sono quasi sinonimi. Essere emiliani significa anche avere nel proprio retroterra quell’immagine di mamme nonne e zie che trampellano in cucina fin dalla mattina presto, e il profumo del lungo sobbollire delle carni.
L’idea di usare il fine tuning del Forno Atomico per stravolgere qualche punto cardinale del ragù è irresistibile: ridurre a zero i grassi aggiunti, e presentare gli ingredienti nella loro forma più integra.
Filetto di manzo, filetto di maiale, ossobuco: racchiusi in un cartoccio di stagnola, ad ognuno il suo. Le verdure sono tagliate a dadini, e similmente confezionate: carote, sedani, cipolletta. Tutto va nel forno ventilato a 75°, e gira tre volte alla massima durata. Per un totale di 4 ore emmezzo.
Ottieni carne cotta-con cotta, certamente non stremata, morbidissima. Le verdurine sono ancora sode. Metti il midollo tratto dagli ossibuchi in una padella e fallo sciogliere: poi passi le verdurette saltando. Aggiungi le tagliatelle fatte in casa ad insaporire per un minuto, poi impiatta. Sopra il non-ragù appena riportato a temperatura.
Certo non è il piatto di tagliatelle sontuose, legatissime, annegate nel condimento a cui pensi quando pensi all’Emilia: ma i sapori sono integri e definitivi.
Suggerisco un uso del sale moderato e un bicchiere di Lambrusco Reggiano non troppo denso. Il Migliolungo della Cantina di Arceto suona perfetto.