Il desiderio di maternità non sempre si esaudisce facilmente. Coppie, più o meno giovani, scoprono la propria incapacità di generare un figlio e la delusione spesso si tramuta in ansia. Dal 1996, a Varese esiste un ambulatorio pubblico sull’infertilità che si occupa di questo delicato aspetto della vita di una donna e di un uomo: « Siamo l’unico punto di riferimento pubblico di secondo livello della provincia – spiega la dottoressa Eleonora Zaffaroni specializzata in ginecologia e medicina della riproduzione – Prima le coppie erano costrette a rivolgersi a centri di Milano o in Canton Ticino dove però, lo ricordiamo, è tutto a pagamento. Le trasferte erano abbastanza pesanti anche perché, nella fase di stimolazione ovarica, le visite sono quasi quotidiane».
La battaglia per portare a Varese il Centro di inseminazione di primo e secondo livello all’ospedale Del Ponte fu condotta con grande intensità dal professor Francesco Bolis che voleva dare alla popolazione varesina un’assistenza completa in campo ostetrico. Allo stato attuale l’équipe è diretta dal Professor Fabio Ghezzi, primario dell’Unità Operativa A di Ginecologia e Ostericia, che porta avanti con grande impegno e professionalità il progetto iniziato dal suo predecessore. La dottoressa Zaffaroni lavora con la collega Sara Scandroglio, con la biologa Patrizia Basso e il suo aiuto dottor Luigi Mazzagatti: « La richiesta è molto elevata e il trend è in costante aumento – spiega la dottoressa Scandroglio – la lista di attesa per la prima visita è di otto mesi. Ed è per questo che noi invitiamo le coppie a non perdere tempo e a rivolgersi all’ambulatorio presto, dopo 6/12 mesi di rapporti non protetti non andati a buon fine. Spesso si pensa che ci sia un problema di ansia e si tende a rinviare: il fatto è che più si invecchia più diventa difficile la riuscita della pratica di procreazione medicalmente assistita».
L’età, dunque, è un elemento importantissimo: « Sappiamo che l’orologio della nostra società ha le lancette spostate in avanti. Ma quello biologico no – sottolinea la dottoressa Zaffaroni – una donna a vent’anni ha probabilità di avere un figlio molto più elevate di una di 30, 35, 40. Dai 35 anni in poi c’è un calo biologico della fertilità femminile tale da ridurre a meno del 5% la probabilità di concepimento dopo i 43 anni, anche con il ricorso a tecniche di procreazione medicalmente assistita».
Ed è proprio la convinzione di essere sempre giovani e feconde l’ostacolo contro cui vanno a scontrarsi molte donne, convinte anche da notizie di parti eccezionali di donne famose: «Gravidanze spontanee in donne di età superiore ai 43-45 anni sono da considerarsi eventi straordinari» rivela la ginecologa Zaffaroni».
Non esiste, quindi, un fattore ansia che impedisce a una donna di rimanere incinta. Può esserci stress ma la maggior parte delle volte sono più cause insieme che causano l’infertilità. È bene fare un’indagine genetica, approfondita, scoprire una causa: « Dobbiamo, però, renderci conto – ammette la dottoressa Scandroglio – che non sempre tutto è spiegabile in medicina. Rimane sempre un quid di mistero. Diciamo che l’infertilità è provocata per il 35% dei casi da problematiche femminili, per il 30% da problemi maschili, per il 20% da fattori appartenenti a entrambi e rimane un 15% di cause inspiegate».
Tra i motivi che portano all’infertilità c’è l’insufficienza della riserva ovarica, l’anovularietà cronica, l’ endometriosi pelvica, l’obesità, l’anoressia,alcuni tipi di infezioni dell’apparato genitale, condizioni spesso rilevabili tempestivamente anche con un semplice controllo ginecologico di routine: « Vorrei ricordare però – aggiunge la biologa, dottoressa Basso – che spesso sono gli uomini a sottovalutare i propri problemi. È sufficiente una visita dall’urologo o dall’andrologo per accorgersi di piccoli problemi, come il varicocele, che pur non dando effetti possono alla lunga portare all’infertilità. Oggi, che non c’è più nemmeno la visita del militare, è diminuita ulteriormente l’attenzione per queste patologie. Io consiglierei una visita anche ai ragazzi».
Dopo aver avuto un consulto con il genetista, dunque, la coppia si rivolge all’ambulatorio dell’infantilità dove vengono offerte due vie, di primo o secondo livello, a seconda della complessità della situazione: « Le tecniche di primo livello – chiarisce la dottoressa Zaffaroni – consistono in metodiche che prevedono il concepimento in vivo. Le pazienti candidate a questa procedura vengono sottoposte a terapie farmacologiche di induzione dell’ovulazione e monitorate, mediante ecografie seriate, allo scopo di valutare una corretta crescita follicolare. Una volta evidenziata la presenza di follicoli maturi , l’ovulazione viene sincronizzata al rapporto mirato oppure all’inseminazione intrauterina. Quest’ultima procedura, eseguita ambulatorialmente, prevede il posizionamento del liquido seminale, opportunamente preparato, all’interno della cavità uterina mediante un piccolo catetere. La percentuale di riuscita si attesta attorno al 10-12% e varia a seconda dell’età della paziente. Nel caso di successo, la percentuale di abortività spontanea è analoga a quella della popolazione generale ovvero corrispondente a in media al 20% e strettamente correlata all’età della paziente.
Il secondo livello, invece, consiste in quelle metodiche che permettono la fecondazione degli ovociti in laboratorio con il successivo trasferimento degli embrioni in utero (FIVET o ICSI). Il recupero degli ovociti avviene in per via chirurgica dopo aver ottenuto la crescita e la maturazione degli stessi sempre mediante il ricorso a farmaci induttori dell’ovulazione: « Dopo la stimolazione ovarica e il recupero chirurgico degli ovociti con sedazione profonda – afferma la dottoressa Basso – si passa alla fecondazione in vitro con gli spermatozoi : o attraverso la Fivet, che consiste nel mettere in coltura un ovocita con un pool di spermatozoi con lo scopo che uno di essi, autoselezionandosi, fecondi l’ovocita stesso. Oppure con la tecnica ICSI consiste in una iniezione introcitoplasmatica dello spermatozoo scelto dall’operatore all’interno dell’ovocita. In entrambi i casi, tutti gli embrioni che si sviluppano vengono trasferiti in utero, mediante un piccolo catetere. Una volta inseriti gli embrioni, inizia l’attesa del test di gravidanza. Se il processo è andato a buon fine, il rischio di aborto spontaneo è identico a quello delle gravidanze naturali e spesso dipendono dall’età delle donne». La percentuale di successo è del 30% per le donne di età inferiore ai 35 anni, che tende a diminuire in maniera consistente dopo questa età, scendendo fino al 10/15% dopo i 39 e i 42 anni. In genere le donne si sottopongono al massimo a tre tentativi dopo i quali appare abbastanza evidente la presenza di ostacoli. Gli effetti, soprattutto psicologici, possono essere importanti davanti a questi risultati: ecco perché in azienda c’è uno psicologo di riferimento a cui si può rivolgere la coppia per un supporto costante.
Accedere all’ambulatorio è semplice: è sufficiente l’impegnativa del proprio medico e l’appuntamento preso al Cup dell’ospedale: « Siamo consapevoli che la lista d’attesa è un po’ lunga – chiarisce la dottoressa Zaffaroni – soprattutto per le tecniche di secondo livello. Per questo invitiamo le coppie a non perdere tempo, perché potrebbe rivelarsi determinante»
Posso solo ringraziare la dottore Zafferoni e tutto lo staf che lavora con lei, per tutto quello che hanno fatto per me, non smetterò mai di ringraziarla per l’emozione di farmi diventare mamma. Grazie di cuore
Presumo che x una donna di 49 anni non ci siano speranze nell’ Affontare nessun percorso in merito? sono disperata
Crediamo che la legge in materia sia abbastanza chiara
Ringrazo la dotoressa zaffaroni, mi ha fatto diventare mammy sette anni fa.