In settimana incontrerò un cuoco di Modena, che incidentalmente è anche uno dei migliori del mondo. Ardo dal desiderio di chiedergli se la cucina è più sapienza o esperienza.
Perchè io cerco di far tesoro anche dei disastri, come quello che mi è capitato oggi: volevo fare un timballo. L’idea era crossoverare la pasta alla frittata come si fa dalle parti di Napoli e i timballi orbiterracquei: uova e formaggio, e zucca. Sia perchè è la stagione della zucca, sia perchè mi ispirava l’idea di questa pasta al forno, tanto per saggiare le budella della Macchina Atomica.
Allora: non è venuto nulla. Volevo fare un timballo alla zucca con le chioccioline Monograno Kamut di Felicetti, specchiarle su una salsa di cipolla, e abbellirle con una giuliana di speck croccante. Quest’ultima è l’unica che è venuta bene. Croccanza perfetta, ottenuta sfilettando le fette di speck e passandole trenta minuti a 65° forno ventilato.
Asciutta, croccante, senza sconfinare in quella sapidità ossessiva che caratterizza spesso queste preparazioni.
Ho lessato (poco) le chiocciole, poi le ho mescolate ad una base per frittata: 4 uova, molto P.Reggiano, la zucca cotta al forno. E’ facile: spaccata a pezzi grossi, falla andare un’ora a 170°. Sarà solo da pulire dalle bucce, ed è fatta.
Il mischione è finito in uno stampo forato, imburrato e infarinato. Ho provato a infornarlo 20 minuti a 130°: era ancora molle. Ho insistito ancora, ventilando, per altri dieci, poi ho tentato di sformare: quanto di più lontano da un timballo. Più che altro una carbonara.
Poca fortuna anche per la salsa alla cipolla: aromatizzata con il balsamico e dimenticata un minuto in più sul focherello, ha preso un terrificante color fango.
Tutti i sapori erano buoni, e questo mi rassicura: l’idea è ciusta. Ma la strada, ahimè, è ancora lunga.
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