Non sono un professionista della panificazione: basta cercare e si trovano fior di contributi sui lievitati di ogni ordine e grado di ben altro spessore. Lieviti naturali, bighe, poolish, tutte robe di cui vale la pena di sapere il significato profondo. Anche se in fondo gli ingredienti più preziosi per il pane sono del tutto immateriali: la mano e il tempo. Qui mi sono limitato ad un compitino bàsico, ma ci sono poche lavorazioni in cucina affascinanti come la panificazione anche se a livello zero-via-zero. Provare per credere.
Per “mano” intendo la vigorìa trasferita nell’impasto, nell’amalgama degli ingredienti, nella sensibilità per comprendere quando hai raggiunto il grado desiderato di omogeneità; per “tempo” intendo quello dedicato al riposo per la lievitazione.
In questo caso mancava il secondo, e mi sono affidato al primo, oltre che ad una stupenda farina rimacinata salentina. Mezzo chilo, impastata con 250g di acqua leggermente frizzante, 6g di lievito fresco e due o tre pizzi chi di sale.
Dopo aver manipolato l’impasto a mano per un quarto d’ora, ho praticato un profondo taglio a croce sulla palla, e l’ho abbandonata sotto il canovazzo per 4 ore. Poi l’ho generosamente polverizzato d’acqua, e cosparsa di semi di sesamo, premendo delicatamente per fare aderire. Poi, Jet Chef.
Ho usato la funzione “Forno Ventilato” per 40 minuti a 180° per avere una cottura omogenea e profonda, in bianco. Poi per conferire un po’ di colore e di tostatura ho passato al Grill per 5 minuti di sopra ed altrettanto di sotto.
Credo che il prossimo esperimento lo farò a 200° per 15 minuti, 15 a 180° e altri 15 a 160°, senza aprire il forno. Poi se il colore non soddisfa avanti con la sventagliata di infrarossi del Grill. Ecco il risultato.
La pagnotta è asciutta anche internamente, appena un po’ fitta. L’alveolatura è piccolina, sarebbe assai meglio raddoppiare il tempo di lievitazione.
Ma anche in questa versione avrai un buon pane profumato, eccellente da tostare il giorno dopo e mettere nella zuppa.