Partorire senza dolore, con l’epidurale

Iniezione epidurale

Iniezione epidurale

Si ritiene che il dolore di un parto sia secondo solo a quello che si prova nell’amputazione i un dito. I recettori periferici in contatto con il cervello sono molteplici. Ecco perché, tra le maggiori paure delle donne che si accingono a partorire o che pensano alla maternità ci sia proprio il momento conclusivo della gravidanza: quello del parto. Sin dagli antichi egizi, si sono sviluppate tecniche, pratiche e sostanze per limitare la sofferenza della partoriente.  Dagli anni ’30, però, quando si individuò la possibilità di bloccare, con la tecnica peridurale, la trasmissione degli impulsi del dolore dalla periferia al cervello, molto si è fatto per ridurre al minimo il dolore. Negli  anni ’60, questo sistema venne utilizzato efficacemente anche in sala parto. Si tratta dell’iniezione di una sostanza anestetica nello spazio peridurale della colonna vertebrale che interrompe il flusso nervoso dai ricettori periferici al cervello.

Carolina Zannoni anestesista all'ospedale Del Ponte

Carolina Zannoni anestesista all’ospedale Del Ponte

All’ospedale Del Ponte di Varese lo scorso anno sono stati effettuati circa 1150 parti in analgesia a cui si aggiungono 800 anestesie spinali per i tagli cesarei: « Praticamente ogni anestesista di sala parto ha una media di 2-3 manovre di blocco centrale al giorno e questo ci permette di avere una buona manualità – spiega la dottoressa Carolina Zannoni, anestesista all’ospedale Del Ponte – La tecnica è decisamente migliorata nel corso degli anni e anche i materiali utilizzati. La percentuale di efficacia è elevata: i rarissimi casi di insuccesso vanno poi letti con attenzione. Perché l’analgesico faccia effetto occorre del tempo: se una donna si presenta a ridosso della fase espulsiva è comprensibile che non ne tragga giovamento. Grazie al catetere, noi possiamo modulare concentrazione e tempi di somministrazione del farmaco, a seconda di quello che sente la donna». Le manovre effettuate ( peridurali + spinali ) sono in media 6 al giorno.

Per poter partorire in analgesia è altamente consigliabile una visita preventiva nell’ambulatorio apposito: « Durante la gravidanza, nell’ambito dei corsi di preparazione al parto , ogni terzo martedì del mese, agosto escluso, in un incontro informativo aperto a tutte le gravide e ai loro compagni , spieghiamo cosa sia l’epidurale, come funziona, quali conseguenze comporta, e qual è il ruolo dell’anestesista in sala parto. – spiega la dottoressa – Quindi le invitiamo a prendere appuntamento perché un specialista possa redarre la cartella necessaria al momento del parto. L’ambulatorio è aperto tutti i giorni dal lunedì al venerdì e basta chiamare in ottagono per fissare un appuntamento. Alla visita, che deve essere effettuata dalla 36esima alla 38esima settimana, e prenotata con un certo anticipo, chiediamo di portare gli esami ematici specifici con controllo di piastrine e coagulazione completa oltre alla cartella ostetrica. Nel corso dell’incontro chiediamo informazioni sulla storia della paziente e l’anamnesi generale. Queste visite diventano importantissime soprattutto nei casi difficili, quando si è in presenza di patologie: avere sotto mano la fotografia del caso facilità il compito nella fase compulsiva dell’espulsione. Ricordo che il parto in analgesia avviene solo su richiesta della donna che firma il consenso informato».

Ma come avviene? La donna,  quando è in travaglio, se richiede l’analgesia, si posiziona sul lettino, della “sua” sala travaglio-parto, in posizione seduta o su un fianco. Intanto l’anestesista si prepara ad effettuare una manovra sterilmente : prepara se stessa, il  tavolino e la zona dove verrà inserito il cateterino. La donna e il bimbo vengono costantemente monitorati sia con  cardiotocografia  sia con bracciale della pressione e saturimetro.  Si esegue, quindi, un’anestesia locale nella zona lombare, poi, con un apposito ago e utilizzando la tecnica chiamata “a perdita di resistenza”, si posiziona il cateterino nello spazio peridurale , inserendolo per 2/4 cm, tra il terzo e il quarto o tra il secondo e il terzo spazio intervertebrale lombare .  Dopo aver rimosso l’ago e medicato, si comincia a iniettare l’anestetico locale, si fissa il cateterino ad una spalla dopo aver completato la medicazione e si collega ad una pompa siringa che rilascia l’anestetico a un volume orario variabile a seconda della risposta della donna  e si attende circa mezz’ora che faccia il suo effetto. In questo lasso di tempo, la donna deve rimanere a letto sempre monitorata, seppure libera di assumere diverse posizioni. «I volumi e la concentrazione del farmaco vengono decisi tenendo conto di ciò che “sente “ la donna – spiga la dott.ssa Zannoni-  pur sempre alla luce di protocolli collaudati».

Dopo la prima mezz’ora ferma a letto, la donna si può muovere liberamente e cercare, d’intesa con l’ostetrica, la posizione migliore. Il compito dell’anestesista, a questo punto, diventa solo di discreta supervisione esterna  perché il parto procede normalmente. Solo in caso di necessità o complicanze viene richiamato. L’infusione del farmaco si interrompe con la nascita del bimbo anche se il cateterino viene rimosso in seguito: come minimo si attendono due ore per far finire completamente l’effetto anestetizzante così che la rimozione avvenga senza provocare alcun problema.

EFFETTI COLLATERALI: in circa il 20% dei casi, può capitare l’ipotensione che, di solito, si risolve facilmente facendo sistemare la donna sul fianco sinistro. Solo se il problema permane, vengono somministrati liquidi via flebo.  Può avvenire che insorga prurito generalizzato, un disturbo che viene ben tollerato senza alcun intervento. Una conseguenza è anche la “lateralizzazione”: la donna percepisce un lato più addormentato dell’altro . « Questo accade soprattutto in quei casi dove il travaglio , e quindi l’analgesia ,sono prolungati come nei casi di parto indotto».

COMPLICANZE: la principale è la cefalea , circa tra i 3 e i 6 casi all’anno ( 0,3-0,5%) « È conseguenza  della puntura della dura madre e se ne accorge chi sta effettuando la tecnica. Voglio però chiarire che è una complicanza benigna, cioè che passa senza lasciare alcuno strascico o possibilità di reiterarsi.  Il mal di testa compare tra le 24 e le 48 ore dopo la puntura e può durare sino a 15 giorni.  Si definisce “posturale” perché insorge quando si sta in piedi mentre scompare in posizione sdraiata. Nei casi di cefalea, noi tratteniamo la paziente per tutto il tempo del sintomo che curiamo con la posizione supina e se necessario antidolorifici compatibili con l’allattamento.

In caso di manovre particolarmente difficoltose,che richiedano più punture, può residuare una dolenzia lombare.  Rarissime, infine, sono le complicanze di tipo neurologico come ha dimostrato una ricerca britannica del 2009».

CONTROINDICAZIONIassolute rifiuto della tecnica coagulopatie
infezioni locali ( nel sito dove deve essere eseguita la puntura )
infezioni sistemiche con febbre relative
Interventi maggiori al rachide dorsale
Allergia ad anestetici locali
Assunzione di farmaci anticoagulanti, antiaggreganti
Presenza di tatuaggi, angiomi cutanei o neoformazioni nel sito di puntura

Per gli anestesisti, può essere difficoltoso individuare l’esatto punto dove pungere per inserire il catetere: « Dipende molto dalla donna, dalla sua corporatura ma anche dalla sua capacità di distendere bene la schiena e appiattire la colonna, nonostante la presenza del bimbo in grembo. Noi agiamo in spazi di millimetri, basta un piccolissimo movimento che dobbiamo ricalcolare tutto. Se, poi, insorge una contrazione, allora ci blocchiamo e attendiamo che passi completamente. Quando necessario ci aiutiamo con l’ecografia ».

Tecnica e posizioni si ripetono anche nel caso del parto cesareo con anestesia spinale: « Ricordiamoci, però, che in questo caso si tratta di un intervento chirurgico. La tecnica è simile anche se  si usano aghi differenti perché il farmaco viene iniettato oltre la dura madre, direttamente nel liquido cefalo-rachidiano. Anche farmaco, volumi e concentrazione sono diversi perché dobbiamo ottenere una anestesia, cioè un blocco in grado di far eseguire l’intervento. L’analgesia epidurale invece è volta al solo controllo del dolore non coinvolgendo la capacità di movimento della donna o la sua forza di spinta».

Oltre alle controindicazioni alla tecnica peridurale esposte prima , non ci sono complicanze specifiche per la gravida e la puerpera, né riguardo all’andamento del travaglio-parto né per il post-partum .

2 pensieri su “Partorire senza dolore, con l’epidurale

  1. Buona sera. Sicuramente il momento del parto non è una bella “passaggiata”! Questo può essere un dolce modo per viverlo, ma x mia esperienza questa scelta dev’essere fatta riflettendoci bene. Io non ho voluto utilizzare questa “tecnica” perché troppa è stata la paura degli effetti collaterali. Sono stata felice così, il dolore sofferto è sparito, scomparso subito dopo aver sentito, tenuto tra le mie braccia il mio piccolo cucciolo. Devo anche ringraziare molto mio marito e la mia ostetrica, una ragazza magnifica, stupenda, che mi ha aiutato anche con gli sguardi!

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