Una gita fuoriporta alla ricerca del fresco: siamo in Svizzera, ma a poca distanza dal nostro bel Lago Maggiore. La Val Verzasca è stata meta di un lettore di Vacanze@varese che ha deciso di raccontarci la sua avventura alla ricerca del fresco…tema caldo, soprattutto in questi giorni in cui un altro “incubo” che sta arrivando (più per i giornali che per il resto: siamo a luglio!!! e fa caldo!!!): l’anticiclone Minosse. E allora? E allora dopo il servizio sulle cascate del Varesotto, ecco il racconto in terra straniera, che volentieri ospitiamo.Taaaaaaaaaaaaanto caldo, troppo caldo in quel periodo di inizio luglio del 2012, alle 21.00 di sera c’erano ancora 34 gradi, la notte si faticava a dormire, tra il caldo umido e mio fratello che russava, si riusciva a dormire poche ore per notte. La soluzione a questa situazione infernale era semplice, trovare un po’ di fresco. Però dove andare a trovarlo, che faceva caldo pure all’ombra? Al lago? No, troppo vicino e poca salita. Mi sarei rinfrescato si, ma senza fatica prima non l’avrei apprezzato a fondo, sarebbe stato come andare su un 4000 portati da un elicottero, sei arrivato in cima, ma non c’è la soddisfazione di avere scalato prima. Valutando diverse idee, decisi di andare a fare due tuffetti in val Verzasca.
Per non perdere neanche un minuto del bel pomeriggio che avrei passato, sono partito presto alle 12.30. L’idea di partire così presto mi sembrava buona, e in effetti lo è stata fino a Gordola. Fino a questo paesino vicino a Locarno, ai piedi della valle Verzasca, la strada è stata buona con me. La bici scivolava via tranquilla e c’era una bell’arietta, temperatura giusta.
Sarebbe stata una pacchia se fosse stato così fino a Lavertezzo, mia meta. Purtroppo però è cominciata la salita, il primo pezzo di salita (10 – 15 minuti) aveva pendenze elevate, dopo spiana, ma come tutti sanno per arrivare al dopo bisogna passare dal prima. E quello era il mio problema, il prima. La salita era molto ripida, la bella brezza che c’era a valle probabilmente era rimasta dov’era, mentre io mi ero spostato, e cominciavo a salire. Si soffocava. Causa di questo non erano i 33 gradi di temperatura, era più che altro il sole delle 13.40 di luglio (quando sono partito non ho calcolato l’inizio della salita per quell’ora) che scaldava le rocce a fianco della strada. Queste più che rocce sembravano forni aperti che emettevano caldo rovente. Sulle mie braccia hanno pure aperto un parco di divertimenti, ondaland!! Ero così sudato che le goccioline si univano a formare torrentelli che terminavano in una cascatella che cadeva dai gomiti.
Inutile dire che l’acqua della borraccia era finita da tempo. Ma pedalatina dopo pedalatina, ettolitro di sudore dopo ettolitro sono riuscito a fare passare anche questa salita, come avevo già fatto con altre 1000.
A Lavertezzo si arriva per una strada che passa alta lungo il fiume pieno di belle bolle fresche formatesi nelle rocce.
Pedalando guardavo giù per vedere quale bolla fosse più adatta a me.
C’era la bolla per le famiglie: larga poco profonda acqua calda;
la bolla dei “ganassa: profonda e fredda, vicino alla pericolosa corrente del fiume;
la bolla delle gite scolastiche: quasi asciutta e di diametro 50 cm (mica che magari annega qualche bambino!!)
la bolla dello studioso: all’ombra, con acqua tiepida a 27,5 C° massimo 28.3 C° minimo 27.1 C°;
la bolla del padrone con il cane: lontana dalla gente;
la bolla per i ragazzi: quasi asciutta e puzzolente l’importante è che fosse vicino alla bolla delle ragazze: a sua volta con acqua cristallina e limpida, niente melma, niente rametti, non torbida, non troppo calda, non troppo fredda, non troppo profonda, non tutta al sole, non tutta all’ombra, non troppo difficile da raggiungere, con copertura rete telefonica, non troppo isolata, non in mezzo alla confusione e con vicino ampi spazi per depositare le borsette…….(certo che voi donne siete proprio complicate!!)…
uffa ma la bolla del Mario dov’è?? Cerca cerca che la trovi, diceva il mio cervello ai miei occhi. E aveva ragione !! Eccola la bolla del Mario !! Fuori dal casino, non troppo profonda 50 – 70 cm, avevo i calzoni da ciclista non li potevo bagnare, un po’ corrente.
Bella bellissima, passato il ponte romano, dal quale i più temerari si tuffano, mi sono diretto lungo il fiume con la bici in spalla verso la mia bolla. La gente mi guardava come se fossi un extraterrestre, come se fossi una ruota quadrata che gira ugualmente, mai visto uno che porta una bici in spalla lungo un fiume?
Arrivato nella mia piscinetta ho tolto le scarpe e mi sono pucciato dentro fino quasi ad arrivare ai calzoncini. Che bel fresco si stava proprio benissimo !! Ho saltellato da lì alle altre pozze per circa un 45 minuti, dopo a malincuore mi sono rimesso le scarpe e sono ripartito. Tornando indietro sono passato da Tenero per vedere quanta gente ci fosse lì nel campo della gioventù, un bel parco con praticelli inglesi, dozzine di campi da calcio, pista di atletica, campi da pallavolo, tennis, hokey, piscine e in riva al lago scuole di vela, di windsurf, canottaggio, trampolini ecc. Tutti gli sport esistenti erano li raccolti. . Mamma mia arrivato li ho dovuto ridurre la velocità fino arrivare a passo d’uomo. I vialetti erano pieni di bambini, ragazze e ragazze, dappertutto! Pure sugli alberi c’erano arrampicate persone. Con una virtuosa inversione ad U sono uscito da li prima di investire qualche essere umano, o prima che qualche essere umano mi cadesse dagli alberi, addosso.
Tornando sulla via che mi avrebbe dovuto portare a casa ho visto la macchina del mio amico Damiano. Dopo avere alzato i tergicristalli come segno del mio passaggio da lì, (non diteglielo se no si arrabbia!!) ho deciso di andare a cercarlo. Passando prima da un cantiere poi per una falegnameria e un praticello con una fontana, alla fine sono riuscito a trovarlo, l’ho saluto e sono ripartito.
Magadino. Ho visto un ciclista sulla 40ina, affannava su una piccola salitina. E li mi sono gasato. Ho messo su un cambio duro, ho aumentato la velcità e SWUUUUM superato alla velocità del vento. Sorridevo da un orecchio all’altro pensando alla sua faccia quando l’avevo superato. Chissà dov’era ormai!? La risposta a questo mio interrogativo è arrivata immediatamente dopo ad un click. Un click di cosa?? Appena il tempo di girarmi ed eccolo il ciclista che avevo superato! Era a 2 cm dalla mia ruota posteriore. Si era messo in scia. Fortuna o sfortuna? Inizialmente sfortuna, siccome ha lasciato tirare me per 20 minuti mentre lui pedalava nella mia scia dietro di me, era tranquillo e felice come uno studente a cui sia permesso l’uso di internet durante un esame, mentre io ero sudato come uno che sposta sacchi di cemento in una sauna. Successivamente fortuna, poiché ogni 10 minuti circa abbiamo deciso di darci il cambio così da tenere una media abbastanza sostenuta, ci riposavamo a turno ogni 10 minuti stando l’uno nella scia dell’altro. Così pedalando/parlando/sudando sono arrivato a Germignaga, dove l’ho lasciato proseguire per la sua strada, io ero arrivato.
Tutto sommato 3.40 di pedalata per 45 minuti di “bagnetto” non so quanti l’avrebbero fatto, ma fidatevi… NE VALEVA LA PENA!!
Mario Pistocchini