«Ma secondo te perché si è qua? Cosa si sta facendo?». «Si sta aiutando». «No, ci si sta inserendo, non si deve aiutare. Ci si deve inserire, dare quello che abbiamo e offrire quindi la possibilità a queste persone di risollevarsi da sole». È soltanto una parte di una lunga chiacchierata notturna con don Giuseppe Noli, ormai da dieci anni a Mare Rouge. L’uomo che ha dato il via a questo incontro di comunità tra Abbiate Guazzone e Haiti.
«Dire di venire ad aiutare non è giusto – spiega meglio don Giuseppe -, perché aiutando, nella definizione che si intende in Italia, si schiaccia questo popolo. Si fa qualcosa per loro, per lo più di materiale, ma poi non rimane nulla. Ci si deve inserire in una comunità, conoscere e poi crescere insieme a loro. Aiutare troppo spesso vuole dire imporre un proprio modo di fare e pensare. Nel senso che sì dà qualcosa, ma in cambio vuoi che l’altro faccia come te. Così non si aiuta nessuno».
E ancora: «Vuol dire svestirsi delle proprie rigidità e mettersi nella situazione che stanno vivendo le persone con cui ti vorresti inserire – prosegue don Noli -. Ad esempio, un mussulmano ha la stessa convinzione che ho io. Ognuno ha il suo percorso, lo si condivide e poi si cammina insieme per un fine comune. Come qui ad Haiti, a Mare Rouge. Ognuno ascolta l’altro cercando di apparire il meno possibile. Altrimenti li sovrasti».
Dopo un momento di silenzio, don Giuseppe chiude ironicamente la conversazione: «Alla fine vien da dire solo “rangeves” (arrangiatevi)»