Un uomo solo al binario, la sua giacca è grigio talpa, ma i primi raggi dell’alba la illuminano e le danno colore. Fermo come un lampione spento illuminato dal sole, guarda nel vuoto, mentre lo scampanellìo annuncia l’imminente arrivo del treno: quello delle 6,43, in ritardo come ogni giorno. Sta per sopraggiungere con quel cigolìo che lo fa sembrare un’antichità e con quelle carrozze polverose e i suoi sedili che odorano di cane bagnato.
Un uomo solo al binario, guarda nel vuoto e gli viene da piangere: perché non sa spiegarsi cosa ci faccia in quel posto, di sabato. Se n’è reso conto soltanto da un minuto, gettando l’occhio sul quotidiano appena acquistato. Tra i titoli sulle tragedie internazionali e le telenovele di governo ha scorto anche una notizia sul Milan, lì in prima pagina: e il Milan non gioca mai di venerdì. Sabato: il giorno che il pendolare dovrebbe santificare, mentre lui è lì, “a causa di un errore nelle procedure”, come direbbe un portavoce della Nasa per spiegare che il conto alla rovescia, prima di un lancio nello spazio, non si è fermato.
Una banalissima dimenticanza del giorno prima, una sveglia non spenta che, fedele al padrone, ha fatto il suo lavoro anche quando non doveva, anche di sabato: un doppio trillo, il primo subito spento con un rapido gesto, quello dopo, impietoso e puntuale, cinque minuti più tardi, senza possibilità di replica.
Quando la sveglia chiama in seconda convocazione, le procedure sono quelle accelerate: ma, dopo anni, anzi decenni di esperienza, tutto viene in automatico, tutto è parte di un meccanismo che non tradisce quasi mai. Doccia di 25” che rimane semifredda, strappa un corpo dal sonno e lo riempie di adrenalina: indumenti che quasi s’indossano da soli, mentre il rasoio elettrico passa su quel volto ancora rigato dal cuscino.
Uno scatto verso la cucina, dà giusto il tempo per un caffè bevuto a metà: con la procedura accelerata, tocca berlo bollente, non c’è il tempo per farlo raffreddare. Il primo sorso va giù lo stesso, il resto lo si abbandona nella tazzina, mentre si cerca di rianimare la lingua ustionata.
Un uomo solo, come ogni giorno, si è scaraventato fuori di casa verso il binario, con il colletto della camicia stropicciato e segni di dentifricio sulle labbra: è salito in macchina e si gettato in una strada, stranamente deserta. Una lunga striscia verso l’orizzonte arancione, da dove il sole stava per sorgere. Ma la poesia non è roba da giorni feriali, lui aveva la testa già al parcheggio della stazione. Solito posto auto, scelto con cura, dopo anni di frequentazione del luogo: l’angolo ideale per guadagnare quella manciata di secondi che gli consente di raggiungere l’edicola, prima di salire sul treno.
Tutto calcolato, come un domino, ma il treno è in ritardo. Fatto che si ripete ogni volta, ma fuori controllo, che destabilizza, manda in bestia e, a caldo, fa tirare un boiavacca verso il cielo.
Un uomo solo al binario, ora, ha il tempo per pensare: “ho perso due ore di sonno, adesso che faccio?”. C’è un treno cigolante, polveroso e puzzolente che si sta avvicinando, ma non è quello di ieri: è, invece, lo stesso che, da bambino, vedeva passare con suo padre, la domenica. “Ohh, quanto è bello il treno, quanti vagoni ha il treno!” Questo sì, è uno vero, ma poi si andava di corsa a casa, a far girare quello in miniatura, dentro una stanzetta piena di giochi.
Il 6 e 43 in ritardo è fermo in stazione e un uomo solo al binario sceglie di salirvi sopra, mentre i merli cinguettano già alla primavera: c’è una carrozza enorme tutta da conquistare.
C’è aria di fiaba, senso di libertà, lì dentro, mentre il treno riparte: destinazione Milano per un pendolare che, quando è sabato, gli sembra di viaggiare gratis. Che gran città è Milano, di sabato.
Pochi minuti e gli sembra di volare sospeso nel cielo, sul ponte altissimo, che da Vergiate porta a Somma Lombardo: giù in fondo, c’è il monte Rosa che oggi il sole dipinge davvero di rosa. Pensare che ieri, quell’uomo solo, non l’aveva proprio notato. E in basso, guardando dalla carrozza sul ponte, una distesa verde, un immenso bosco si perde fino all’orizzonte che è seghettato di montagne.
“Ma intanto corre, corre, corre la locomotiva
e sibila il vapore e sembra quasi cosa viva” (F.Guccini)