Woody Allen à Paris

Qualche sera fa passeggiavo sovrappensiero per le stradine del quinto arrondissement quando passando di fianco alla chiesa Saint-Étienne-du-mont la mia attenzione è stata richiamata dagli scalini sul lato destro. E’ bastato un rintocco di campana per rendere chiara e distinta un’idea vaga che mi ronzava per la testa da giorni: è lì che Woody Allen ha individuato la soglia del ritorno al passato in Midnight in Paris.

In bocca ancora il retrogusto dolce-aspro di una tartelette au citron, negli occhi la luce gialla della sera parigina che inonda gli scalini che precedono una delle entrate secondarie della chiesa Saint-Étienne-du-mont.

Place Sainte-Geneviève è uno di quei luoghi che non possono essere schiacciati nella definizione scarna e troppo cauta di « bel endroit ». Place Sainte-Geneviève è molto di più. Al mattino la piazza si riempie di studenti dalle palpebre gonfie di sonno, diretti alla Sorbonne, alla bibliothèque Sainte-Geveviève, alla bibliothèque Sainte-Barbe.Con noncuranza un poco bobo (bourgeois-bohémien) si lasciano inumidire i vestiti e i capelli da fitti spilli di pioggia, senza nemmeno lanciare uno sguardo verso la facciata imponente di Saint-Étienne-du-mont. E’ piacevole guardarli con distacco per qualche attimo, cristallizzando quell’immagine di quotidianità che nella sua disarmante scontatezza porta con sé parecchi grammi di serenità. Al pomeriggio invece Place Sainte-Geneviève si anima di voci chiassose. Le porte dei licei si aprono, così come si aprono gli stomaci degli impiegati e deli universitari. Schiere di affamati si contendono gli scalini dell’église, luogo privilegiato per le pause pranzo all’insegna del low-cost. I turisti appena usciti dal Panthéon osservano curiosi la serie infinita di dettagli che rende così speciale anche un rapido passaggio per la piazza. Ma questo piccolo quadro vivente nel cinquième arrondissement la notte s’invade di una magia tanto sfuggente quanto certa.

E questo lo sanno bene le ombre chiassose che rientrano nei propri appartamenti dopo una serata in Place Contrescarpe, così come lo sa bene Woody Allen.

Attraverso lo sguardo stupito di Gill, il regista disegna a contorni sfumati quell’atmosfera surreale che solo un promeneur solitaire deliziosamente perso la notte per le vie di Parigi sa assaporare. E’ vero : « al mattino Parigi è bellissima, nel pomeriggio è deliziosa, alla sera è incantevole, e dopo la mezzanotte Parigi diventa magica ». Ed è sugli scalini dell’entrata sul lato destro dell’église Saint-Étienne-du-mont che il sipario si alza e la scena viene invasa dalla magia che solo Parigi la notte sa dare. I fari di una Peugeot 184 Landaulet nella notte, le voci gioiose dei passeggeri, l’espressione disorientata del protagonista…e poi la Ville-lumière negli anni ’20. Midnight in Paris non rappresenta solo uno dei tanti elogi di una delle città più ambite al mondo, ma è un pentagramma su cui danzano colori, suoni, odori, superfici, un crogiolo di sinestesie che si espandono nella fluidità del tempo. Considerare questo film come un puro tentativo di ritornare al passato attraverso la cultura (francese?) degli anni venti sarebbe estremamente riduttivo. L’essenza della mezzanotte a Pargi forse risiede proprio nell’intemporalità di questa città. Quandoci si perde la notte a Parigi la presenza diventa sempre più sfuocata. C’è solo la luce dei lampioni, il ciottolato delle viuzze in salita, il rumore dei propri passi e la leggerezza dello spazio. Il tempo non c’è più.