Il metronomo della quotidianità scandisce il ritmo di miliardi di passi che ogni giorno e ogni notte echeggiano per i corridoi del métro. Sguardi sfuggenti, stanchi, curiosi, euforici, tristi, svaniti si incrociano sulla banchina, sulle interminabili rampe di scale, sui vagoni che accolgono in poche ore innumerevoli storie.
Siamo nel regno della RATP, la Régie Autonome des Transports Parisiens. 14 linee métro, 3 linee tram, 2 linee RER (le altre linee del Réseau Express Régional sono gestite dalla società SNCF), 351 bus (dei quali 31 noctilien, bus notte) a Parigi e in banlieue. Un sistema di fili che fluttuando si intersecano, mossi incessantemente dalla mano agile di burattinaio rispettato e temuto. Una squadra compatta di funzionari diligenti che, a dispetto dalla rigidità dei loro movimenti e della voce metallica con cui proferiscono qualche monosilalbo, sembrano essere umani. Insomma, un imponente castello fortificato in cui tutto funziona alla perfezione, circondato da un profondo fossato in cui sguazzano branchi di documenti. Per avere accesso ai privilegi che il favoloso mondo dei transports commun offre ai residenti nella regione parigina, una battaglia combattuta a suon di firme, giustificativi, fotocopie, lettere e telefonate è inevitabile. Forse più che di una guerra si tratta di un duello, di uno scontro tête a tête con la grande macchina burocratica che tutto pervade, inesorabilmente. Ma alla fine, anche se con quel senso d’impotenza nel cuore che solo chi si è scontrato con il Dio Burocrate può provare, si raggiunge (quasi sempre) il fine che si è posti. Quando ci si avvicina al tornello all’entrata del métro brandendo fieramente il proprio Pass Navigo per studenti e lo si striscia con disinvoltura sulla superficie liscia del marchingegno, ogni singola briciola di rancore viene spazzata via dal vocio dei passeggeri, dalle melodie dei musicisti itineranti, dalla luce riflessa sulle piastrelle bianche.
Bastano una tessera di plastica e un prelevamento bancario effettuato automaticamente ogni mese per spostarsi in maniera veloce e pratica per Parigi e banlieues. Métro frequentissimi e frequentatissimi durante tutta la giornata solcano il sottosuolo della città, sbucando di tanto in tanto in sprazzi chiari o luccicanti, con l’acqua ai due lati. Persone che salgono, scendono, corrono, guardano, si fermano. Non sono mai ombre, mai sagome vuote in cui si passa attraverso. La notte, quando il métro riposa, si staglia il ricordo del rumore dei vagoni sulle rotaie, delle voci che annunciano o si scusano, si mescola alla solidità di volti, di frasi rubate (ascoltate o lette), di abiti firmati, di aliti imbevuti d’alcol, di sacchi a pelo e coperte che nascondono un’esistenza difficile.
Si sale, si scende, si corre, si guarda, ci si ferma. Tutto è automatico, tutto è naturale, tutto rientra nell’ordine della vita parigina. Eppure in tutto questo, nella normalità schiacciante di viaggi in métro c’è di più. C’è un pezzo di umanità, ci sono vite che urlano. C’è il ritratto di una città con le sue bellezze, le sue abitudini, i suoi interessi, i suoi ossimori, le sue contraddizioni.