La Noche Vieja

Paese che vai, usanze che trovi.

In questo miei primi tre mesi di Erasmus ho avuto modo di notare che a Malaga ci tengono alle loro tradizioni, particolarmente quelle legate alle festività religiose. Così prima di partire ho chiesto agli amici malagheni se anche per le festività natalizie sono previste particolari celebrazioni, processioni o feste.

Dopo avermi raccontato della processione de los reis magos che si tiene per il centro della città il giorno dell’epifania, mi hanno invece parlato della “noche vieja”, vale a dire la notte dell’ultimo giorno dell’anno. In quest’occasione a Malaga come in tutta la Spagna si segue una particolare tradizione, quella delle “doce uvas”.

Si tratta di un rito ovviamente a fine propiziatorio per l’anno che sta iniziando e risale agli inizi del ‘900. Come dice il nome stesso, doce uvas, dodici uve, la tradizione vuole che allo scoccare della mezzanotte si mangino questi dodici chicchi d’uva, uno per ogni rintocco della campana che annuncia l’inizio dell’anno nuovo. Non si conosce esattamente il perchè del numero dodici, anche se potrebbe sembrare scontato che in questo modo i chicchi corrispondano ai rintocchi della campana, si pensa anche che sia stato scelto essendo il numero dei mesi in un anno.

Seppure tutti gli spagnoli pochi secondi prima della mezzanotte si riuniscano per seguire il rito propiziatorio, la sua origine, anche in questo caso, sembra essere commerciale, o così vuole la leggenda:  nel 1909 alcuni viticoltori di Alicante, di fronte ad un raccolto eccezionalmente abbondante, con la necessità quindi di smaltire l’uva non venduta, ebbero la brillante idea di diffondere la credenza che mangiare uva la notte dell’ultimo giorno dell’anno potesse portare “suerte” e felicità per l’anno che doveva cominciare. Nel giro di pochi anni la credenza si diffuse in tutta  la Spagna, fino ad’oggi, quando si celebra esattamente il centenario della tradizione. Addirittura è possibile comprare grappoli d’uva composti esattamente da dodici chicchi d’uva, quindi perfetti per l’occasione. E ai dodici chicchi si aggiungono numerosi altri usi scaramantici, anche molto particolari, che riguardano ad esempio la tavola sul quale si consuma il rito o il colore della stessa uva: se si desidera l’amore deve essere rossa, se si preferisce invece il denaro meglio quella gialla.

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Alla domanda se pure in Italia avessimo una tradizione particolare o simile ho risposto di no, o quantomeno io non ne sono a conoscenza. Semplicemente ho accennato al nostro cotechino con le lenticchie: non so se porti fortuna ma forse è più saporito. Poi vedete voi cosa preferite.

Prospero año nuevo a tutti.

Natale in Catalunya

Tra le varie similitudini che non è difficile riscontrare tra Italia e Spagna c’è il modo in cui si prepara e poi festeggia il Natale. Luci per strada, spinta al consumismo, ansia da regalo dell’ultima ora, calcolatrice in mano per vedere se anche quest’anno la tredicesima non la vedremo nemmeno e tanto, meritato e desiderato tempo in famiglia. Momenti che per chi come noi vive all’estero, assumono un valore particolare. Gli embelmi tradizionali sono più o meno gli stessi, mi riferisco all’ albero di natale e al presepe. Ma è qui che ancora una volta la Catalunya ci regala un segno distintivo, una peculiarità che la caratterizza rispetto al resto del paese. Se osservate attentamente un pessebre catalano, troverete, un pò appartato rispetto ai soliti noti, spesso dietro un cespuglio o semi nascosto, questa figura:

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Sì. E’ quello che sembra. Si chiama caganer. Nessun presepe catalano può prescindere della presenza di uno o vari caganer; le proprietà fertilizzanti dei suoi escrementi sono necessarie affinchè la terra produca i suoi frutti, porti gioia e serenità alle famiglie, e permetta loro di festeggiare un felice Natale l’anno successivo, creandosi così un circolo virtuoso che non può essere mai interrotto. Recentemente, dovuto alla sempre più massiccia presenza di stranieri soprattutto a Barcellona e una crescita esponenziale della febbre da souvenir, sono comparse parodie di personaggi famosi in versione caganer. Per vederne alcune potete andare qui . E per trovare un personaggio a tutti noi noto, eccovi il nostro Presidente del Consiglio.

E’ tutto, da Vedano Olona, di rientro per alcuni giorni di vacanza vi auguro Bon Nadal i feliç any nou!

Merii Kurisumasu

Ovvero una “perfetta” (per gli standard Giapponesi) trascrizione fonetica del “Buon Natale” anglofono.

Se non fosse per il calendario sembrerebbe una bella giornata di primavera. 13, 15 gradi e un sole impietoso, basso sull’orizzonte, affilato e accecante.
Se non fosse per gli alberi timidamente addobbati non ci farei caso. Gli alberi e le poche luminarie. Nei quartieri alla moda, soprattutto.
Se non fosse per l’agenzia che mi chiama per chiedermi se voglio andare a un casting PROPRIO domani (il 25) non me ne sarei quasi ricordato.

Ecco il natale in Giappone.
Tantissime pubblicità di prodotti che ricevono il beneficio di un proprio omologo natalizio (ed ecco il Kurisumasu dentifricio, la Kurisumasu pasta, il Kurisumasu ramen..).

Merii Kurisumasu (Merry Christmas) ripetuto ossessivamente in ogni dove.

Sono circa quindici o vent’anni che in giappone hanno importato il Natale, in blocco, con i suoi usi e costumi.
Alberi, Stelle, Christmas Cakes in bella mostra ovunque (qui sono le torte, in particolar modo, a fare l’atmosfera di esterofilo mood di festa)

Natale non è considerato una festa nazionale in Giappone, ma cade fortunosamente due giorni dopo la ricorrenza del compleanno dell’imperatore, rimanendo perciò (per la maggior parte delle famiglie) incluso nella settimana di vacanze dal suddetto giorno della ricorrenza della nascita di Akihito al Capodanno giapponese.
Sono state mere speculazioni economiche ad dare un supporto massiccio ad una delle feste più lucrative del calendario.

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Per alcune settimane l’atmosfera intensifica la sua esterofilia, ci sono feste in cui scambiarsi i regali, i bambini si siedono sulle ginocchia di babbo natale, qui chiamato Santa, e, come ho potuto constatare ieri, si cantano le più tradizionali Christmas carols americane tradotte pari pari in giapponese.

Molto artefatto, molto nipponico.

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Merii Kurisumasu, mina san!

(Buon Natale a tutti ^_^)

La sfida natalizia

 

Passeggero in attesa all'aeroporto di London Gatwick (da www.guardian.co.uk)

Passeggero in attesa all'aeroporto di London Gatwick (da www.guardian.co.uk)

La buona sorte ha premiato solo chi – come me – è atterrato in Italia prima dell’ondata di gelo e di neve. Il Natale 2009 sarà però ricordato, da molti italiani e varesini che abitano all’estero, come il più difficile da raggiungere. Non per ragioni di calendario ma di trasporto e di meteo. Da venerdì scorso gli aeroporti londinesi hanno accolto migliaia di passeggeri che in realtà non sono potuti partire o lo hanno poi fatto in ritardo e con un volo che non era quello prenotato, scongiurando solo all’ultimo un Natale lontano da casa. E’ stato così per chi doveva raggiungere soprattutto Milano ma anche Firenze. Il mio amico Paolo, che doveva essere a Varese già venerdì sera, ma che in questo momento è ancora a Londra a incrociare le dita per l’ultimo volo prenotato domani, ci racconta la sua piccola odissea, all’aeroporto di Gatwick, il secondo scalo di Londra da cui partono la maggior parte dei voli low-cost diretti a Malpensa. Tornare per Natale a casa è diventata un’avventura che (per ora) dura da 6 giorni:

 

“Venerdi’ 18 Dicembre arrivando all’aeroporto di Gatwick vengo a sapere che i 3 cm di neve caduti 24 h prima hanno completamente paralizzato la Easyjet per almeno tre giorni. Uno steward mi dà un volantino in cui si spiega che andando sul sito della compagnia si può ottenere il rimborso oppure un altro biglietto Easyjet. Vabbe’, mi dico, tanto mancano ancora un po’ di giorni a Natale, vado tranquillo a casa e riprenoto. Purtroppo però noto che questo ragionamento non viene seguito dalle centinaia di passeggeri nella mia stessa situazione, i quali invece preferiscono mettersi in fila davanti all’unico sportello Easyjet dell’aeroporto per fare quello che l’animale noto come uomo sapiens sapiens sa fare meglio ovvero lamentarsi trovando le piu’ assurde dietrologie sul perche’ qualcosa non funziona, imprecando ad alta voce e diffidando di tutto e di tutti. Ho lasciato Gatwick in questa situazione, venerdì scorso.
Martedi’ 22 dicembre ho il nuovo volo, ho un po’ piu’ di paura perche i cm di neve sono almeno una decina stavolta e le strade di Londra sono orribilmente ghiacciate. Con l’occhio costantemente su internet cerco di vedere se il mio volo è stato cancellato come temo viste le migliaia di cancellazioni dei giorni scorsi: il volo prima per Malpensa cancellato, il volo dopo per Malpensa cancellato, il mio nemmeno in ritardo. Miracolo di Natale? Vado a Gatwick e riesco ad arrivare fino alla lounge pensando ormai di essere quasi pronto a salire sull’aereo, ma niente, ci rimandano indietro all’area partenze. Io mi siedo esausto. “Morire dormire forse sognare”…no. Il destino gioca la carta “tortura” e parte un karaoke organizzato per far divertire le migliaia di bambini (tendenzialmente in lacrime e urlanti) presenti in aeroporto. Il volume e’ altissimo e per qualche strano motivo le canzoni invece che essere canzoni per bambini sono mielosissime canzoni d’amore R’n’B. In tutto ciò sui tabelloni il nostro volo risulta essere regolarmente imbarcato e le uniche informazioni buone ci vengono date da una signorina che di volta in volta ci aggiorna scrivendo su una lavagnetta. Il trionfo della tecnologia.
Alle 16.30 veniamo richiamati nella lounge, il morale della truppa, nonostante tutto, è alto: in parecchi hanno fatto amicizia e si sono formati parecchi gruppetti che confabulano amichevolmente e si ripromettono di uscire qualche sera insieme.
All’altoparlante si annuncia un ritardo di 10 minuti, mi pare di aver capito problemi di slot. Poi un altro ritardo: a Malpensa, ci dicono, la pista è ghiacciata. Poi un altro ritardo ancora, pare stavolta che il pilota non sia pronto. Alla fine c’e’ una pausa di silenzio di quasi un’ora. Il morale non e’ piu’ alto. Gli animi iniziano a scaldarsi, cominciano a partire i primi “ci prendono in giro!”, “è uno scandalo”, ” Bastardi!”. Alle 19 dopo una sfilza di scuse il responsabile Easyjet ci dice che non ci sono più voli Easyjet prima di Natale ma eventualmente possiamo prenotare con altre compagnie e la compagnia aerea ci rimborserà il prezzo del volo: in parecchi si fiondano su internet a prenotare le piu’ faraoniche business class su aerei placcati in oro di qiualche sceicco del Dubai. Io, per una volta, ringrazio Dio di aver studiato legge e spulciando le clausule del foglio informativo mi accorgo che il rimborso non puo’ eccedere i 250 euro, così torno a casa e riprenoto con la British Airways ad un prezzo quasi ragionavole per la vigilia di Natale. Così me ne sono tornato ancora una volta a casa (a Londra) ad aspettare altri due giorni per imbarcarmi, questa volta all’aeroporto di Heathrow. Non so quando, se e come ricevero’ il risarcimento dalla Easyjet ma sto preparando il fascicolo che spediro’ in giornata alla loro sede centrale che si trova (non e’ uno scherzo) nell’hangar 89 dell’aeroporto di Luton”.

Gli italiani sono secondi ai romeni

I numeri. Sono chiari. Sono freschissimi di pubblicazione. E dicono quello che da queste parti sappiamo da un bel po’ di tempo: gli italiani in giro per il continente sono davvero parecchi (almeno in percentuale). Eurostat ha reso noti ieri i dati su quelli che stanno in un paese straniero, benché interno all’Ue, in modo stabile. Gli italiani sono il secondo “gruppo” dopo i romeni. Ovvero l’11% dei cittadini stranieri residenti all’estero dentro l’Unione Europea, si tratta di 1,3 milioni di persone. Poi ci sono i polacchi. E ci sono ovviamente quelli – non considerati in questa statistica – che all’estero viaggiano spesso per lavoro, vivono per brevi periodi di studio o sempre di lavoro. Per chi volesse avere maggiori dati può andare a leggersi una sintesi a questo link: http://epp.eurostat.ec.europa.eu/cache/ITY_PUBLIC/3-16122009-BP/EN/3-16122009-BP-EN.PDF

Quanto costa studiare e mantenersi in Germania?

 Questo argomento venne sollevato da un lettore in un commento al mio primo articolo “Ho scelto un’università tedesca e sono contenta”. Il commento era il seguente: «eh si tutto bello… peccato non si menzioni solo una cosa fondamentale: il prezzo! anche Medicina a Losanna è una facoltà stupenda: tanto bella da dover scucire quasi 5000 euro ad anno!al minimo! Con i soldi è tutto bellissimo, purtroppo da noi si pretende l’America con tassazioni ridicole e personaggi che bivaccano in università oltre i 30 anni “stipendiati” da mamma e papà. Se l’amica emigrata boccia due esami (glielo confermo io!) fa le valigie e torna a casa! siete disposti ad un sistema così?».

 

In realtà, i costi che uno studente affronta qui non sono alti.

La quota annuale della FAU è di poco inferiore a quella richiesta dal Politecnico di Milano (intorno ai 1000 Euro).

Ma la differenza sta nella spesa per l’alloggio. Abitare in un appartamento all’interno degli «Studentenwohnheime» (quartieri riservati agli studenti stessi), costa infatti in media circa 160 euro al mese: niente in confronto ai prezzi di Milano! E questo nonostante Erlangen sia di per sé una città piuttosto cara; affitti così, a misura di studente, sono possibili grazie ai finanziamenti stanziati dalla Baviera.

Fare la spesa, tra l’altro, costa mediamente meno rispetto a Varese. Inoltre, la maggior parte degli studenti si muove in bicicletta: in questo modo, non vi sono nemmeno spese per i trasporti.

Per studiare in un’università come la FAU non occorre spendere molto, dunque.

Tuttavia, ormai due venerdì fa ho avuto modo di partecipare ad un corteo di studenti in protesta.

studenti manifestati a Erlangen

Migliaia di studenti seguivano un’auto dalla quale venivano lette le richieste all’amministrazione della Baviera e del governo tedesco. Questi punti erano stati precedentemente messi insieme nella sala dell’Audimax, l’aula più importante dell’università, occupata ormai da settimane dagli studenti.

 

Tra i punti reclamati, l’abolizione del sistema Bachelor (imposto dal processo di Bologna), il quale secondo loro peggiora la qualità del titolo di studio conseguito in Germania. Nel caso specifico, omologherebbe allo standard europeo il particolare ‘Diplom’ da Ingegnere che prima faceva spiccare gli Ingegneri tedeschi.

 

Ma un secondo, importante, punto della lista era l’abolizione delle tasse universitarie per TUTTI gli studenti, non solo quelli provenienti da famiglie poco abbienti (i quali, comunque, credo siano più del 10%). Infatti, in altri Bundesland della Germania le spese universitarie semplicemente non esistono. Per nessuno. Certo, in Baviera le università sembrano essere migliori, ma gli studenti, inflessibili, pretendono comunque che, anche qui, nessuno debba pagare questi famosi 500 Euro al Semestre.

 manifesto

In trasferta

Siviglia di mattina mi ricorda vagamente cos’è il freddo. Mi fa rivedere il respiro che si condensa.

Ancora intorpidito dal sonno, con i primi raggi di sole che filtrano tra i palazzoni di periferia, mi siedo sulle rive del Guadalquivir, all’interno del Centro sportivo di alta specializzazione La Cartuja. Guardo bambini e ragazzi più o meno giovani  disturbare la calma mattutina del fiume con le scie delle loro barche, creando piccole turbolenze con i loro remi, avvolti ancora da una leggera nebbia. E nel frattempo posso anche ascoltare i diversi dialetti dello spagnolo: il basco e il catalano, assolutamente incomprensibili, il gallego e l’andaluso, quest’ultimo per me un pò più familiare. Sull’altra riva del fiume i pescatori, che immagino imprecare sicuramente dentro di loro contro quei canottieri che vicino agli argini del fiume rendono vana la loro attesa. E guardando in alto sul ponte dell’Alamillo altre vite passano sulle auto che si incolonnano.

Seppure mi sembra che in Spagna e in Andalusia si stia investendo sullo sport, o almeno prima de lla crisi si sia investito, anche qui il canottaggio rimane sport  povero e ancor meno famoso che in Italia, se è possibile.

Ma per me il canottaggio vuol dire molto, come lo può esser qualsiasi altro sport per altre persone: gioie e dolori e molti sacrifici;  viaggiare, conoscere luoghi nuovi, per me soprattutto fiumi e laghi  ma non solo, e soprattutto incontrare amici.

E così mi ritrovo ancora in trasferta, questa volta con il club di Malaga, a Siviglia. Ne vedo, seppur superficialmente, il centro: giusto il tempo di ammirare la cattedrale, di respirare la vita movimentata con i bar affollatti, di ascoltare flamenco in un piccolo locale e di veder ballare e di “ballare” a mia volta la “Sivigliana”. E ancora remare per divertirsi, pur riprovando comunque l’ebbrezza della competizione. E mi tolgo la soddisfazione di poter urlare anch’io, come fanno sportivi ben più famosi, quando sono a metà gara, sotto il ponte della Barqueta per poterne sfruttare l’eco: ” Vamos!”.00008004-constrain-400x400[1]

E il clima e l’atmosfera di festa e di condivisione, come sempre dovrebbe essere lo sport una volta terminata la gara, lo rappresenta il mio allenatore che al termine della regata arriva con cinquanta Big Mac Menù caricati sul pullmino del club per tutti i “suoi” ragazzi che in questi due giorni hanno gareggiato: non è salutare e tutto quello che si vuole ma in un occasione del genere il significato è diverso e anche il godimento (chiedendo scusa ai vegetariani) maggiore.

 

 

Per tutto questo, anche lontano dal familiare lago di Varese, non ho rinunciato al canottaggio.

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13-D: Catalunya indipendente?

Domenica 13 dicembre, 170 comuni sparsi per tutta Catalunya voteranno per l’indipendenza della regione. Niente panico, le cartine dell’Europa che avete appeso alle vostre pareti non andranno cambiate. Il referendum non avrá nessun valore legale, peró sí un gran peso politico. Tutto é iniziato quando il comune di Arenys de Munt (8.000 abitanti a 45km da Barcellona) ha deciso di organizzare un referendum popolare con la domanda “Vorrebbe che la Catalunya si convertisse in uno stato di diritto indipendente, democratico e sociale integrato nell’Unione Europea?”. Con il 41% di partecipazione il SI ha ottenuto il 96%. Numeri che potrebbero essere poco rilevanti data l’alta astensione e la sensazione che buona parte di essa sia dovuta allo scarso interesse verso l’argomento, se non fosse per il grande entusiasmo popolare che il referendum ha provocato, e l’effetto palla di neve é presto servito: dopodomani 170 comuni ripeteranno l’esperimento, con l’appoggio di personaggi del mondo della cultura, politica, spettacolo, sport e con la corrispondente feroce opposizione di alcuni settori nella stessa regione catalana, e soprattutto di gran parte della Spagna.

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Tra i vari scenari, il calo di tensione e speranza in ambito indipendentista sarebbe fortissimo in caso di una scarsa participazione al voto o di un numero crescente di NO, mentre una forte risposta popolare positiva potrebbe scaldare ancora di piú gli animi e il rapporto con Madrid.

Ecco a voi l’ennesimo tassello della storia infinita, una storia mai chiusa, fatta ferite troppo recenti per dirsi curate, di un paese ma realmente in pace in cui si guarda la regione di provenienza di un prodotto prima di comprarlo o no, o in cui basta parlare basco per strada per un terrorista o avere un portachiavi con la bandiera spagnola per essere fascista (due esempi un pó estremi forse, ma del tutto quotidiani)
Teniamoci l’esempio di questi referendum popolari e dell’alto valore democratico che portano con sé. Mi sono anche chiesto se in Italia si potrá mai verificare una situazione simile. Poi ci ho pensato bene. E mi sono risposto da solo.

Attimi celebri

La tanto attesa pubblicità. Me la ritrovo davanti mentre mangio, per caso. L’agenzia ovviamente ha di meglio da fare che mandarmi un reminder con scritto “Marco-san, da stasera potrai vederti xy volte al giono in tv. Grazie della tua onorevole collaborazione”. D’altronde sono talmente gentili, come da copione, che avrei potuto quasi non essere stupito, nel venir contraddetto.

Godo i miei pochi (30?) giorni di impercepibile celebrità collaterale.

http://home.tokyo-gas.co.jp/pa-cho/tvcm/m2009_13_b.html

Ero consapevole della famosa capacità giapponese di pubblicizzare potenzialmente qualunque cosa, oltre ogni ragionevole logica, quando sono arrivato.

Ma non avevo la minima idea del motore instancabile che ci sta dietro. Centinaia di agenzie. Piccole come uno sgabuzzino, o palazzi di diversi piani. Casting, provini, audizioni. Per reclamizzare uno scaldabagno, una zuppa, una rivista; un pò come da noi, ma alla centesima potenza. Sugli schermi, sui cartelloni, bocche spalancate, sorrisi tiratissimi; nell’acquisto l’estasi suprema, l’apice del sogno giapponese.

O almeno era quello che mi veniva da pensare quando il regista mi diceva di sorridere DI PIU’!, e di sembrare più eccitato (per l’incredibile fornello a gas)

– Aprite di più la bocca, più stupore!. CIAK!

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Una volpe per amica

La notizia fa il giro del mondo. La foto è cliccatissima, a quanto pare: una volpe sale le scale mobile di una stazione della metropolitana di Londra. Ebbene sì, incontrare uno di questi animali in giro per la città – sembrerà strano – è cosa abbastanza consueta, soprattutto di notte.

http://www.corriere.it/gallery/cronache/12-2009/volpe/1/volpe-metro_a869a958-e341-11de-b4bf-00144f02aabc.shtml#1

http://www.corriere.it/gallery/cronache/12-2009/volpe/1/volpe-metro_a869a958-e341-11de-b4bf-00144f02aabc.shtml#1

Quante volte sono rientrato a casa a piedi e, da qualche parte, ho incrociato una volpe. Passeggiano come grossi gatti, spesso si spaventano e si infilano nel primo giardino a nascondersi e ti fanno passare. Una notte ce n’era una che rovistava nel sacco delle bottiglie vuote di un pub, vicino a Victoria Park: le ha fatte rotolare tutte per strada con grande fragore e poi se n’è andata, guardandosi furtivamente alle spalle.