Odyssey

E giunse infine il momento di rientrare in Italia.

Natale, si sa, è con i tuoi…

Ma alla natura ogni tanto piace giocare cattivi scherzi. Ecco allora un’ottima perturbazione artica abbattersi sull’Inghilterra nelle giornate di venerdì e sabato. Neve e gelo che trovano ancora una volta i sudditi di sua maestà impreparati. Risultato: nuova paralisi.

Allarmato, trascorro le mie ore premendo aggiorna sulla pagina web dell’aeroporto di Manchester da cui dovrei volare, alla ricerca di notizie, speranza e qualche raggio di sole.

L’aeroporto è aperto, qualcosa si muove, nonostante la maggior parte dei voli sugli schermi rechi accanto la tanto temuta voce “cancelled”.

Ben peggiore è la situazione nelle altre parti dell’isola: Londra, Birmingham, la Scozia sono impossibili da raggiungere o da abbandonare via aria. La neve infatti ha raggiunto altezze proibitive per tentare di far volare qualsiasi mezzo.

Per nulla fiducioso, mi reco all’aeroporto.

Qualche sprazzo di sole si fa largo fra le bianche nubi cariche di neve quando leggo che il mio volo non solo è previsto, ma pare anche puntuale. Ma mai cantare vittoria troppo presto: pochi minuti più tardi, infatti, cominciano le segnalazioni di ritardi. Mezz’ora, un’ora. Poi compare soltanto l’espressione “delayed”. Aspettiamo. La speranza è l’ultima a morire, anche se si fa largo sempre più il pensiero di dover riprendere il treno in direzione Sheffield.

L’aeroporto nel frattempo assume le sembianze di un rifugio alpino. Tanta, tantissima la gente che mentre aspetta e spera, seduta per lo più per terra, socializza con altri sfortunati, cercando parole di conforto ad ogni annuncio di ulteriori ritardi o cancellazioni.

Così ho ascoltato le storie del businessman giramondo sudafricano, proveniente da Dubai e diretto come me a Milano, con la sua valigia ricca di mille viaggi e lunghe attese in aeroporto. O la coppia di Orlando, Florida, diretta in Germania, che ha atteso circa 12 ore prima di sentire annunciare la cancellazione del proprio volo diretto a Francoforte. O la ragazza tedesca nata in Romania, insegnante in Inghilterra, desiderosa di tornare a casa per il natale. Queste, e molte altre ancora, le amicizie che si stringono nell’attesa. Conoscenze fugaci e superficiali che però hanno il potere di rendere una giornata difficile e noiosa in un’esperienza interessante, di confronto e arricchimento. Dialoghi che durano pochi minuti o qualche ora, finché un altoparlante scandisce le parole che stai attendendo da 180 minuti: puoi tornare a casa.

Saluto l’allegra brigata e mi dirigo verso il gate. Stanco e felice.