Scarpe nere lucide: devono essere di pelle o di similpelle, taglio elegante anche se costano una manciata di soldi. Pantaloni neri: devono essere ben stirati, spesso con la riga, anch’essi taglio elegante anche si di tessuto scadente. E’ la divisa – anzi, la mezza divisa cui, sopra, ogni luogo di lavoro dà il suo differente completamento – di quel grande popolo che alimenta, dietro le quinte, la macchina economica della città infinita. Scarpe e calzoni neri, spesso anche la maglietta lo è, oppure si indossa la camicia bianca. Gli uomini devono essere sbarbati, le donne non portare orecchini. Sono i camerieri degli alberghi e dei ristoranti, gli uomini delle pulizie dei negozi e delle decine di migliaia di uffici, i commessi dei supermercati. Insomma, quelli che fisicamente presidiano la macchina di una metropoli che non si ferma mai. Vengono da tutto il mondo, a Londra. Dall’India e dal Bangladesh, soprattutto. Ma anche da molti paesi europei, specie dell’est. Vengono dalle Filippine, dal Sudamerica, dai tanti Stati del Commonwealth che, esattamente come a Londra, hanno come Capo dello Stato la regina Elisabetta. E’ facile che i più giovani siano studenti che hanno bisogno di guadagnare qualcosa. Un popolo in nero, anonimo, che viene inghiottito dalla metropoli silenziosamente. Lo incontri soprattutto al mattino presto, sugli autobus: la metropolitana è ancora chiusa, ma scarpe e pantaloni neri si accodano alle fermate dei quartieri di periferia e raggiungono i posti di lavoro prima che si accendano le luci e arrivino gli altri pendolari. E’ già mattina, ma il bus è ancora quello notturno con la grossa N davanti al numero. Di giorno la folla confonde tutto. La sera, spesso a tarda ora, il viaggio inverso, dal centro alla periferia. Per moltissimi avere la cittadinanza di questo popolo è il primo passo per conquistarsi un posto in città.