Porno

Internet è un oppio amichevole. Non chiede molto in cambio dei suoi enfatici calmanti, se non che molte delle mie ore migliori. Appaga la mia frustrazione con cinico benessere, nel vedere quell’altrui tramutarsi nel mio piacere.

Il nostro è un rapporto di lunga data, basato sul non rispetto reciproco.

Nell’aria l’odore di robinie.

O almeno credo, ma non penso lo siano, non ne ho mai viste qui.

Poche gocce di pioggia sottile di primavera (harusame, per dirla idiomaticamente, alla giapponese) sui trifogli fuori di quello che mi ostino a chiamare balcone, benché io sia al primo piano, e l’aria che entra fresca dalla zanzariera, la finestra socchiusa.

Scissione.

I bassi sporchi e ruvidi, in cuffia, di Max Richter, e la voce dei corvi a me cari, sovrincisa, dispensano un po’ di pace.

I nervi che sembravano tracimare. Il respiro difficile, i miei otto metri quadri senza scampo. Quei tre treni.

L’acuto guizzo di una nota di violino, scossa e brivido, e ancora i bassi; il cardiopalpitio sembra trovare un po’ di armonia sospirata in quelli, si placa.

E’ da un po’ che convivo con un’ansia subdola.

Di solito amo le falene, ma la visita inattesa di una Biston, antrata da chissà dove, nel mio bozzolo quasi privo di finestre, e la mia conseguente agonia in posizione fetale in un angolo, in attesa che si posi, non sono un’ottima avvisaglia.

Con la scatola di una maglietta di UniQlo la intrappolo dolcemente.

Ci guardiamo tristi, ciascuno nella propria gabbia, per alcuni lunghi secondi, in silenzio, attraverso il tubo di polietilene trasparente.

Poi la libero dalla finestra.

E’ ancora lì, a sbattere sulla zanzariera.

Forse a entrambi piace essere prigionieri.

Biston_robustus_robustus