Venderemo cara la pelle. Questa é la traduzione non letterale del motto di moda in cittá. Mancano meno di 24 ore alla partita di ritorno tra Barça e Inter, e ovviamente non si parla d’altro. Il fiorista, la panettiera, il postino: giá da oggi la cittá pullula di magliette blaugrana, nel tentativo di aiutare i ragazzi di Pep Guardiola nell’impresa di rimontare il 3-1 di San Siro.
É affascinante vedere come quasi una cittá intera rema nella stessa direzione. Difficile trovare un caso simile in una cittá cosí grande e cosmopolita. Ed é affascinante vedere come la gente vede la rimonta possibile e si fa sentire anche attraverso piccoli gesti. Difficile trovare un caso simile, nel calcio ingrato del 2010 dove la cosa piú normale in questi casi sarebbe quella di vendere il proprio biglietto a qualche tifoso italiano disposto a spendere una fortuna. Non si trova un biglietto, e sono state decine di migliaia le richieste al club di montare dei maxischermi in cittá per potersi radunare e spingere Xavi, Messi e gli altri verso un traguardo storico. Perché a questo Barça, che nell’ultimo anno e mezzo ha riscritto la storia del calcio, solo manca una grande rimonta per chiudere il cerchio.
Anche grazie a questi dettagli si capisce perché il Barça é “més que un club”, piú di una squadra di calcio, e domani sera l’Inter dovrá ripetere la partita (piu che)perfetta di San Siro per conservare il vantaggio e andare in finale.
Non mi si accusi di antipatriottismo, ma dalle 20.45 in poi di domani il mio cuore milanista si tingerá di blaugrana al grido di ¡Visca Barça!
antipatriota!
brutta bestia l’invidia
Eh, ridotti in 10 da un’esagerata punizione, si è mostrato a Barcellona un altro motto applicato: “non passeranno”, per fortuna meno sanguinoso delle battaglie del Piave.
Giusto per dire che, ricondotto il tutto ad un assedio solo sportivo, forse certe pressioni estreme trasmesse all’ambiente e al campo hanno avuto come contraltare di pari dignità un avversario che ha saputo dire la sua.