Così titolava a nove colonne un quotidiano in merito ai violenti scontri avvenuti, in particolar modo a Londra, nei giorni scorsi. Scontri fra studenti e polizia in seguito all’approvazione in parlamento della riforma universitaria.
Così, mentre in Italia studenti e ricercatori cercano di fare sentire la propria voce contro la famigerata riforma Gelmini, qui in Inghilterra migliaia di giovani, che hanno definito la loro protesta “il nostro ’68”, hanno invaso le vie della capitale agguerriti, forse troppo, e gli scontri con la polizia sono stati inevitabili.
La riforma prevede l’innalzamento delle tasse universitarie in Inghilterra (non in Scozia e Galles) fino a 9000 sterline annue contro le attuali 3290£ per far fronte ad un taglio sostanziale (si parla dell’80% pari a 4.2 miliardi di sterline) dei fondi pubblici a favore dell’istruzione. Ossia, le università, qui per lo più private, possono decidere a loro discrezione di aumentare la retta fino a cifre per la maggior parte degli studenti inaccessibili.
In passato, quando vi fu un analogo aumento delle “tuition fees” tutti gli atenei optarono per la quota massima.
Il governo, a fronte dell’aumento, richiede che le università si impegnino a offrire soluzioni per studenti meno abbienti, che comunque, stando alla riforma, si troveranno a pagare più di quanto facciano ora i loro colleghi più facoltosi.
Altro fattore da considerare è che gli studenti inglesi per lo più non sono sostenuti dalla famiglie nel loro percorso universitario. La maggior parte, infatti, riesce a proseguire gli studi solo grazie a prestiti (cosiddetti d’onore) che si impegnano a restituire non appena inizieranno a guadagnare più di 15000£ annue.
Il movimento studentesco sostiene che la riforma rappresenti l’ultimo passo nella trasformazione dell’istruzione da bene pubblico a privato, la commercializzazione della cultura e di conseguenza della vita dei cittadini, quando l’educazione, secondo loro, è un bene pubblico universale a cui tutti hanno il diritto di accedere per raggiungere e manifestare le proprie qualità.
Personalmente assisto con attenzione, partecipazione e sgomento a quanto sta accadendo agli studenti in Inghilterra come in Italia. Senza entrare nello specifico delle singole riforme, mi pare di scorgere un comune e generale disinteresse della politica nei confronti della crescita e maturazione dei propri cittadini più giovani. Giovani che dovrebbero assicurare il futuro di una nazione.
Istruzione fa rima con formazione, dell’uomo e del cittadino capace di analizzare criticamente il mondo che lo circonda, consapevole dei propri diritti e propri doveri. In questo periodo di crisi, penso che la scuola, l’istruzione e la formazione debbano essere il motore della società da cui e con cui ripartire attraverso nuove idee, nuove persone, nuove mentalità.
La mia paura è che un popolo ignorante sia più facilmente malleabile e tale debba rimanere.