Un saluto a Giorgio Napolitano

Potrebbe essere il suo ultimo anno di presidenza, ha, suo malgrado, trasformato una repubblica parlamentare in una presidenziale.  Ci ha tolto Berlusconi dai piedi (con l’aiuto di Barroso, Merkel e Draghi), poi ha accettato di restare per l’incapacità della sinistra di accordarsi su un candidato comune. Ora si dice che è l’ottavo re di Roma. Ma se lo è, lo è suo malgrado, lo è per incapacità degli altri, per il fallimento generale di questa politica e lo è anche perché il contesto in cui la politica nuota che è quello di una mera gestione dell’economia e della finanza, una pessima gestione potremmo dire. Giorgio Napolitano ha dovuto tenere la barra al centro in un periodo in cui la deriva populista poteva generare svolte preoccupanti e si è fidato di Monti prima (rivelatosi poi solo un ambizioso contabile) e di Letta poi tentando di risolvere il vergognoso problema della legge elettorale. Chi non avrebbe fatto come lui essendo l’Italia in Europa?Napo

Possiamo dire che l’esito generale è deludente? Certamente, ma forse, lasciando la palla nelle mani di Berlusconi prima o delle elezioni anticipate poi con il  “porcellum” , saremmo oggi in una situazione ancora più critica. Ha fatto quello che si doveva e poteva fare, e lo ha fatto con autorevolezza e correttezza. Sparare a zero su Napolitano oggi è, a nostro parere, un atto di vigliaccheria, di miopia politica e di parassitismo. Vorrei, a nome di milioni di italiani ringraziare il nostro presidente della Repubblica per tutto quello che ha fatto considerando la violenza con la quale il movimento cinque stelle, la lega e forza Italia si sono accaniti contro di lui, ricordando che forza Italia e la lega nord hanno tenuto nelle mani lo scettro del potere per anni combinando un disastro di cui dovrebbero solo vergognarsi mentre il movimento cinque stelle, strilla, urla e inveisce perché non ha ancora capito che la democrazie è anche l’arte di accordarsi su progetti e soluzioni. Per quanto riguarda il partito democratico, stiamo ancora aspettando i nomi del centinaio di senatori e deputati che hanno impallinato  Prodi. Così tutti capiranno che il ringraziamento al capo dello Stato dev’essere collegiale, unanime e condiviso.

Vogliamo un posto nella PA anche noi

Mai come oggi  le differenze tra la casta dei politici e il mondo del ceto medio che sprofonda alle soglie della povertà risultano stridere duramente nella coscienza dei tanti milioni di italiani in difficoltà. Non è solo la politica intesa come i novecentocinquanta circa fra deputati e senatori ma tutta la galassia di funzionari, di società inutili create per dare rifugio ai mille “trombati” alle elezioni di ogni partito politico, agli enti intermedi e società miste o pubbliche che drenano denaro per mantenere in vita un sistema di privilegi.

La politica appare oramai come un’ enclave di privilegio con regole proprie e dove chi arriva ad occupare un posto si sente “arrivato”, protetto, tutelato e privilegiato.

Ciò che è difficile immaginare, è che questa operazione di sfoltimento, ripulitura e riduzione importante di spesa della pubblica amministrazione possa essere fatta proprio da chi ci vive dentro. razzi scilipoti2

Come fa un politico a decidere di tagliare il ramo sul quale è seduto? Ci vuole un iper-politico, oppure un super-politico, un super-uomo dai super poteri che abbia dei super valori e una super capacità.

Forse, in attesa di un nuovo messia della pubblica amministrazione, meglio mettersi in coda per un posticino di amministratore pubblico, magari, se va bene con un po’ di pazienza e di carriera arriva anche un ruolo di responsabilità e poi, con una spintarella e un po’ di faccia tosta magari anche un posto in parlamento e così poi la vita diventa bella veramente, tra rimborsi e vitalizi il paradiso è in terra e se gente come Scilipoti e  Razzi ce l’hanno fatta perché non possiamo sperare di riuscirci anche noi mortali?

Moriremo democristiani?

Quella terribile profezia sul morire democristiani sembra avverarsi. Da Letta a Renzi: di cos’altro si tratta se non  di due personaggi che racchiudono l’essenza del sincretismo democristiano? Né destra né sinistra cantava Celentano ed è forse l’essenza della mancanza di coraggio che l’italiano mostra da sempre. Neanche Berlusconi ha saputo essere un liberale liberista di destra, capace di quella famosa e tanto decantata rivoluzione liberale possedendo una maggioranza “bulgara” in parlamento. E ora ancora si presenta sulla scena un Renzi il cui DC2“discorso” confonde sul significato di cosa voglia dire essere di sinistra, (nozione peraltro smarrita anche dal suo partito negli ultimi anni).

Così dobbiamo rassegnarci al fatto che il popolo di “sinistra” delle primarie alla fine è più democristiano dei democristiani. Probabilmente chi parla un linguaggio di sinistra non riesce a farsi capire mentre chi parla di mercato come supremo regolatore della vita economica, parla di finanza buona, di rivedere l’articolo 18, chi guarda a Marchionne con deferenza e considerazione, riesce a farsi capire molto meglio. Probabilmente, l’abbuffata di berlusconismo durata vent’anni ha lasciato tracce indelebili nel modo di pensare degli italiani e ci vorranno anni per uscire da quel grande malinteso che è stato questo scorcio di secolo.

Vediamo se dalle parole roboanti e piene di promesse, si vedranno concretamente fatti che inorgogliscano chi pensa che tutelare l’ambiente, i giovani, i pensionati, i poveri, i disoccupati, occuparsi delle disuguaglianze, dare una prospettiva di “sviluppo” e non solo di crescita al nostro paese, sia un gesto di sinistra.

Convincere, convincere, convincere!

Arrivano le primarie e come a Natale, fioccano le promesse, le buone intenzioni, i programmi, i sogni, le nuove architetture istituzionali, le riforme, le volontà e i desideri.

E l’elettore riattiva il lumicino quasi spento della speranza, ma a volte è talmente fioco che si spegne prima di ritrovarlo.

Il disincanto per la politica è forse ad uno dei punti più alti della storia repubblicana, schiacciati tra la crisi e l’incapacità della politica di decidere.primarie pd

Le parole vanno, volano (verba volant) e i fatti non si vedono.

Se nei prossimi giorni arriverà in parlamento l’abolizione del senato e una legge elettorale a doppio turno come quella francese, allora starà a significare che qualcosa si muove. Ma poi bisogna metter mano alla redistribuzione della ricchezza. C’è qualcuno in Italia che ha la forza e soprattutto la volontà di farlo? Una società fortemente disuguale non va molto lontano e rischia di trascinarsi nelle sabbie mobili del conflitto sociale e della stagnazione economica.