La culla della destra e il fondamentalismo del mercato

Che rapporto c’è tra lo spostamento a destra dell’elettore italiano e la cultura liberista dei fondamentalisti del mercato? Un rapporto diretto e strettamente dipendente. La cultura del mercato, nonostante il suo fallimento nella crisi USA dei mutui sub-prime, resiste e si rinforza in tutto il mondo occidentale. Il mercato e la sua logica sottesa si fonda sulla competizione, sul calcolo, sull’interesse individuale e sviluppano un’antropologia dell’egoismo e dell’individualismo. Forse anche per la mancanza di un’alternativa chiara, forte e convincente, nonostante il disastro creato in tutto il mondo, persiste nell’essere l’unica ideologia riconosciuta e apprezzata da molti.

Ma nella logica del capitalismo predatorio neo-liberista non c’è spazio per comportamenti virtuosi di attenzione ai più deboli, di solidarietà diffusa, di ripensamento del modello di sviluppo, di attenzione all’ambiente e ai cambiamenti climatici. Nulla di tutto ciò. Spesso la cultura dominante si alimenta e cresce nella sua identità anche per contagio: se io sono egoista, individualista e indifferente agli altri, finisce che intorno a me sviluppo questo tipo di atteggiamento. Così come anche i comportamenti virtuosi sarebbero contagiosi se avessero spazio per esprimersi. Gesti gratuiti di attenzione agli altri, attenzione all’ambiente, gesti di solidarietà, di solito creano un volano virtuoso che contagia le persone, gli ambiti su su fino alle pratiche diffuse. Ma la cultura del mercato non lascia spazio alla virtuosità dell’altruismo e della solidarietà. Lo stronca sul nascere nella sua aberrante logica della competizione infinita e spietata.

Così possiamo tentare di spiegare perché le destre crescono e proliferano diventando maggioranza nel paese: sono spinte dall’idea che il mercato risolva tutto, che poche tasse lascino più soldi per accedere a più consumi di beni e servizi, che l’altro, il meridionale, lo straniero, il diverso, il nero, l’africano, sono pericoli da estirpare perché minacciano il nostro benessere, perché l’ordine pubblico tranquillizza e rasserena chi lavora e fa soldi per essere ancora più ricco e benestante e tutto questo in un circolo vizioso infinito in cui quello che conta è solo l’interesse individuale, l’egoismo e il mio benessere sulle spalle della disgrazia dell’altro. Una lotta darwiniana per uno status economico che non ha limiti. Così la partita è chiusa. Con questa cultura del sé, non c’è spazio per il “noi”, nonostante brillanti menti, figure come Papa Francesco, filosofi o teorici critici della modernità ne raccontano la miseria. L’ebrezza di questa corsa senza una meta è la cifra delle destre che abbinano individualismo, egoismo, autoritarismo, nel segno di un benessere economico che la storia ha abbondantemente smentito. E allora giù con il cemento, via le regole, basta con i lacci e lacciuoli, deregulation in tutti gli ambiti, nel nome della libertà. Tav, Tap, varianti autostradali, porti, infrastrutture, il partito del “si”, quelli del “fare”, in una giostra mostruosa dove anche le vittime credono di essere felici mentre chi ne gode sono i palazzinari, le imprese di costruzioni, gli amministratori corrotti, e tutto l’indotto in una folle corsa verso il baratro. Questo modello è storicamente perdente e le destre lo cavalcano con l’ilarità e la gioia di chi ha conquistato il monopolio della visione del mondo. Se non si parte da una revisione della Weltanschauung (visione del mondo), ci terremo questa brutta destra e la vedremo crescere per molto tempo. Il fallimento del PD italiano sta proprio nell’aver voluto fare politiche di destra dicendosi di “sinistra”. Alleluia!

La buona democrazia chiede una scuola migliore

Come si può assistere al triste spettacolo di un ministro dell’interno che insulta persone, aizza all’odio, sbeffeggia e maltratta, lui che dovrebbe essere garante dell’ordine pubblico? Ma ancor di più, come si può accettare che sia sufficiente inventare falsi problemi (senza peraltro risolverli, ovviamente!), spaventando la popolazione su questioni migratorie praticamente inesistenti quando le problematiche del bel paese sono note e arcinote: evasione ed elusione fiscale, schiacciamento dei salari, crisi del ceto medio, mancanza di un piano energetico nazionale, investimenti legati ad una visione del futuro dell’Italia, lavoro ai giovani, delocalizzazione delle imprese, svendita dei gioielli di Stato, pensionati in sofferenza, sanità pubblica efficiente a macchia di leopardo, sostenibilità ambientale delle imprese, etc. etc. Di tutto questo, quel singolare personaggino di Salvini non parla, forse perché non sa da che parte cominciare.  Ma come è possibile allora che i sondaggi (per quel che valgono) diano la Lega su valori un tempo della democrazia cristiana?

Mi scuserà l’italiano medio, che sostiene Salvini e chiede selfie con lui fino a dargli credito con percentuali che sfiorano il 35%, se penso che ragioni con la pancia e con l’egoismo di coloro che semplificano il mondo al punto di pensare che meno migranti e poche tasse siano la soluzione a tutti i mali. E mi scuserà se penso che per essere cittadini consapevoli bisogna anche un po’ capire il mondo e la sua complessità. Chapeau quindi all’entourage del ministro della propaganda per l’abilità con cui ha costruito tanta aspettativa, presso quel mondo di mezzo interessato a se stesso, al suo portafoglio e che manca di una visione sistemica del paese. Ma il pensiero e la forte preoccupazione va ai limiti di una democrazia che si fonda sull’ignoranza e sulle pulsioni “basse” anziché sulla capacità di leggere la realtà del XXI secolo, dei fenomeni legati alla globalizzazione, al ruolo dell’Italia nel mondo, agli schieramenti internazionali e all’integrazione con l’Europa.

Lasciare a personaggi di così poco spessore e capacità politica il nostro paese, tra sottrazioni indebite di soldi pubblici (49 milioni di euro), tentativi maldestri di fare affari con la Russia, nelle fila delle quali spiccano furbetti e opportunisti, tutti incapaci di una lettura e di una collocazione nello scacchiere internazionale tra improvvisazione sul piano dell’economia, e scelte dettate dall’umore del popolo, rattrista tutti coloro che credono che una buona politica aiuterebbe veramente il nostro bel paese.

La soluzione è investire molto nella scuola, in una scuola moderna, che abbia strumenti di lettura della modernità e della complessità, che fornisca autonomia di pensiero agli studenti, capacità critiche e abilità progettuali di immaginare il miglior futuro possibile. Una scuola dove gli insegnanti non scelgano la professione come ripiego a fallimenti di altri ruoli e ritrovino – come molti fanno – la fascinazione e la passione del lavoro di formatori. Solo da una scuola migliore verrà una famiglia migliore e una collettività migliore. A quel punto i politici saranno certamente migliori perché espressione di un popolo più maturo e meno egoista. Si spera!