Perché il mio blog?

Ho faticato a capire cosa fosse un blog e ad imparare il linguaggio  della rete e ancora un po’ fatico con tutte le sue funzioni,  tasti e  la complessità della gestione del computer. Mica come questi giovani veloci che non riesci neanche a seguirli quando mettono le mani sulla tastiera e ti gira la testa solo a vederli. E in più davvero non voglio passarci troppo tempo – sia ben chiaro – sul computer.  Ma per l’impegno civico che mi anima non servono troppe competenze tecniche ma solo la passione e la voglia di raccontare una visione del mondo, confrontarsi con i possibili lettori, illustrare dei tratti della realtà che non sempre sembrano illuminati e poi tessere una rete di scambi che diventano un po’ “comunità”.
Sociologo di formazione, insegnante di economia politica,  musicista Jazz, padre e marito. Poco specializzato forse, rispetto alle competenze particolari che ogni singolo possiede nel suo campo. Per questo forse essere trasversale nell’osservare il mondo, si può giustificare l’esistenza di un mio blog.
Mi sono sempre occupato del declino della comunità intesa come il luogo caldo delle relazioni e della compattezza della vita comune. La modernità è anche una dialettica tra lo sfilacciamento della comunità e i tentativi che essa fa di ricostruirsi nei suoi tratti vitali.
La musica poi è un modo di stare al mondo, anche questo di raccontare e ricomporre l’infranto dell’esperienza contemporanea. Attraverso l’esperienza dell’arte siamo tutti un po’ migliori e forse, suonando, componendo e improvvisando posso arrivare più lontano di dove le parole riescano. Chi lo sa?
E un po’ è responsabile anche Marco Giovannelli che mi ha lanciato l’idea del blog  rinnovandomi la sua stima.
Nel lettore c’è l’altra metà del cielo così come un concerto è fatto per la metà importante da chi ascolta e confrontarmi con lui è la sfida di  raccontare con regolarità storie e visioni, contraddizioni e fascinazioni della nostra realtà.  Buona lettura!

 

Salute versus lavoro (e profitto)?

Qualcosa non torna nel dibattito attuale intorno alla richiesta dei magistrati di Taranto di sospendere le attività pericolose dell’acciaieria Ilva. La contrapposizione è tra chi vuole salvaguardare il lavoro a tutti i costi e chi, volendo tutelare la salute di lavoratori e popolazione, chiede la sospensione e la bonifica delle aree inquinate. Non torna il fatto che questi siano  i reali termini della questione. La salute dei cittadini non può essere sacrificata e svenduta  in nome dell’industria italiana. Non è possibile pensare che per mantenere vivo un polo produttivo – benchè strategico e fondamentale –  si debbano sacrificare un certo numero di vite umane. Ancor meno pensare che per poter stare sul mercato e garantire profitti all’impresa bisogna “risparmiare” sui processi industriali evitando di spendere le cifre adeguate a mettere in sicurezza l’azienda e modernizzarla per renderla compatibile rispetto all’area in cui risiede.
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Einaudi e Allevi

Mi è spesso capitato di avere conversazioni dove  mi si chiedeva un’opinione circa i due “fenomeni” italiani che hanno avuto molto successo in questi ultimi anni: Ludovico Einaudi e Giovanni Allevi. Le opinioni che ho ascoltato si divaricano tra  grandi critici e  grandi estimatori, i primi infastiditi dal successo non meritato, i secondi grati di aver scoperto il pianoforte grazie a loro. Cos’hanno in comune questi due musicisti? Mi viene da dire la semplicità e la semplificazione. Se questo è vero l’interrogativo allora è perché la semplicità e la semplificazione  hanno un così grande successo presso il pubblico? Continua a leggere