La scuola nell’era della tecnica

Non credo sia una novità sostenere che la scuola – intesa nel suo ciclo dalle elementari alla scuola superiore – sia da anni incapace di evolversi e adattarsi al mondo che cambia. Anzi, si ha l’impressione che vi sia quasi un disegno ministeriale che voglia adattare la scuola alla sua nuova funzione: creare degli abili funzionari da inserire nella grande macchina produttiva e negli apparati amministrativi in tutte le sue declinazioni. Vediamo perché. La società moderna può essere letta come il progressivo sviluppo di apparati tecnico-amministrativi burocratici per gestire la complessità di un mondo che si è globalizzato a partire dagli anni ’90 con la rivoluzione informatica, con la nascita dell’unione europea e la conseguente proliferazione di organismi, rappresentanze, leggi, regolamenti, istituzioni e, non ultimo, con il mutamento della geo-politica dove si sono frantumati i due blocchi di potere – ma anche ideologici (liberalismo e comunismo) che hanno tenuto insieme per anni il dibattito, il discorso politico e con sé anche l’identità e l’appartenenza di milioni di persone. Oggi, come si può vedere dalle guerre in atto si sta riformulando un ordine mondiale differente dove non solo i BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sud Arica) occupano un posto centrale nella distribuzione del potere e della ricchezza, bensì molti altri paesi emergenti stanno ridefinendo gli equilibri del mondo in cui gli USA e la sua protetta Europa sono via via meno influenti e protagonisti degli equilibri militari ed economici.


Che cosa ci aspetteremmo dalla scuola quindi? Che aiuti i ragazzi a decifrare il mondo, comprenderne le logiche e analizzarne l’evoluzione per poter da una parte, essere protagonisti del cambiamento (in qualche modo, se possibile) e dall’altra parte, per poterlo decifrare al meglio e poter fare scelte sul loro futuro lavorativo. Invece la scuola fa esattamente il contrario: prepara gli studenti ad entrare nella macchina tecnica che ha sviluppato una tale complessità da aver bisogno di forti competenze tecniche (informatiche, scientifiche, linguistiche, ingegnieristiche, economiche e finanziarie). La scuola è funzionale agli apparati tecnici perché deve sfornare abili operatori in grado di farla funzionare: questa è la sua nuova funzione.

Eppure un tempo la scuola doveva essere il luogo di formazione della consapevolezza, dove si coltivava lo spirito critico, dove si aveva la libertà di non essere dipendenti da nulla e da nessuno per poter esercitare il pensiero libero svincolati da interessi di parte. Un luogo privilegiato dove si studiava la storia e la filosofia per osservare il mondo dall’alto dell’esercizio intellettuale e potersi formare opinioni e costruire la propria visione del mondo.
Oggi viene avanti l’esigenza pressante di conoscere le scienze, le lingue, la matematica, l’economia aziendale (non politica), e le materie umanistiche restano come un retaggio obbligatorio che scadono via via nel nostalgico se non – nella percezione degli studenti – nell’inutile. Ha vinto il sistema produttivo con le sue pressanti esigenze, ha vinto il sistema economico liberista che ha chiesto al mercato di ri-organizzare la società che dopo la seconda guerra ha avuto uno sviluppo sociale di grande respiro fornendo un welfare state e aumentando i diritti delle persone e dei lavoratori, diritti che oggi vengono via via distrutti come il diritto alla salute, allo studio, allo sciopero, chiusi in questa fase miope di regressione nazionalista e autoritaria.

Avremmo bisogno di giovani pensanti, capaci di protestare, arrabbiarsi, prendere posizione di fronte ai fallimenti della politica o delle politiche nazionali ed europee con l’autonomia del loro pensiero critico costruito negli anni belli della libertà di studiare e non avere obblighi di fare altro. Ma questo non sta avvenendo. La scuola è un luogo vecchio che odora di muffa e dove i ragazzi, socializzati alla velocità dei megabite della rete subiscono lezioni frontali giurassiche sperando che l’ora termini il prima possibile. Interrogateli e chiedete loro se hanno entusiasmo per l’apprendimento, curiosità sul mondo e se gli insegnanti sono in grado di suscitare curiosità ed entusiasmo nel decifrare la complessità dell’oggi. La maggioranza vi risponderà che la scuola è inutile ma obbligatoria e che non aspettano latro che finisca per andare a laurearsi da qualche parte. Quello che piace a loro della scuola è lo stare insieme, vivere la socialità, le prime relazioni, il gioco, lo sport e il divertimento, non l’apprendimento.
Ma perché la scuola non vuole evolversi? La risposta è scritta qui sopra, perché è funzionale a creare funzionari  bête et discipliné (stupidi e disciplinati) e in questo sta avendo il suo più grande successo!

La buona democrazia chiede una scuola migliore

Come si può assistere al triste spettacolo di un ministro dell’interno che insulta persone, aizza all’odio, sbeffeggia e maltratta, lui che dovrebbe essere garante dell’ordine pubblico? Ma ancor di più, come si può accettare che sia sufficiente inventare falsi problemi (senza peraltro risolverli, ovviamente!), spaventando la popolazione su questioni migratorie praticamente inesistenti quando le problematiche del bel paese sono note e arcinote: evasione ed elusione fiscale, schiacciamento dei salari, crisi del ceto medio, mancanza di un piano energetico nazionale, investimenti legati ad una visione del futuro dell’Italia, lavoro ai giovani, delocalizzazione delle imprese, svendita dei gioielli di Stato, pensionati in sofferenza, sanità pubblica efficiente a macchia di leopardo, sostenibilità ambientale delle imprese, etc. etc. Di tutto questo, quel singolare personaggino di Salvini non parla, forse perché non sa da che parte cominciare.  Ma come è possibile allora che i sondaggi (per quel che valgono) diano la Lega su valori un tempo della democrazia cristiana?

Mi scuserà l’italiano medio, che sostiene Salvini e chiede selfie con lui fino a dargli credito con percentuali che sfiorano il 35%, se penso che ragioni con la pancia e con l’egoismo di coloro che semplificano il mondo al punto di pensare che meno migranti e poche tasse siano la soluzione a tutti i mali. E mi scuserà se penso che per essere cittadini consapevoli bisogna anche un po’ capire il mondo e la sua complessità. Chapeau quindi all’entourage del ministro della propaganda per l’abilità con cui ha costruito tanta aspettativa, presso quel mondo di mezzo interessato a se stesso, al suo portafoglio e che manca di una visione sistemica del paese. Ma il pensiero e la forte preoccupazione va ai limiti di una democrazia che si fonda sull’ignoranza e sulle pulsioni “basse” anziché sulla capacità di leggere la realtà del XXI secolo, dei fenomeni legati alla globalizzazione, al ruolo dell’Italia nel mondo, agli schieramenti internazionali e all’integrazione con l’Europa.

Lasciare a personaggi di così poco spessore e capacità politica il nostro paese, tra sottrazioni indebite di soldi pubblici (49 milioni di euro), tentativi maldestri di fare affari con la Russia, nelle fila delle quali spiccano furbetti e opportunisti, tutti incapaci di una lettura e di una collocazione nello scacchiere internazionale tra improvvisazione sul piano dell’economia, e scelte dettate dall’umore del popolo, rattrista tutti coloro che credono che una buona politica aiuterebbe veramente il nostro bel paese.

La soluzione è investire molto nella scuola, in una scuola moderna, che abbia strumenti di lettura della modernità e della complessità, che fornisca autonomia di pensiero agli studenti, capacità critiche e abilità progettuali di immaginare il miglior futuro possibile. Una scuola dove gli insegnanti non scelgano la professione come ripiego a fallimenti di altri ruoli e ritrovino – come molti fanno – la fascinazione e la passione del lavoro di formatori. Solo da una scuola migliore verrà una famiglia migliore e una collettività migliore. A quel punto i politici saranno certamente migliori perché espressione di un popolo più maturo e meno egoista. Si spera!

 

Lettera al sig. Salvini da un professore

Caro ministro dell’interno, un po’ mi rattrista spendere del tempo per provare a spiegarle cosa sia la funzione educatrice e pedagogica di un insegnante, ma visto che la polizia viene mandata per sospendere un’insegnante che esercita la sua funzione di formatore, le dedico volentieri qualche minuto.

Io insegno economia politica e come spero le sappia – se ha studiato un po’ delle nozioni di base dell’economia – non esistono verità assolute in economia ma esistono teorie sulla realtà, visioni del mondo, scuole di pensiero: si può essere liberisti, ultra-liberisti, oppure neo-keynesiani o collettivisti. Ognuno sceglie una visione del mondo in funzione dei propri valori e della sua capacità di osservazione della realtà. Per capire l’economia politica bisogna fare anche riferimento alle scelte che la politica fa sull’economia: si chiama politica economica. Ma la politica economica la si fa a partire dai propri valori personali: credere nel mercato oppure pensare che lo Stato debba intervenire per correggere le storture create dal mercato. Credere che la sanità debba essere privata oppure pensare che faccia parte dei servizi universali che uno Stato debba offrire ai propri cittadini contro il pagamento delle tasse, pagate – come recita la costituzione italiana – in proporzione al proprio reddito (e soprattutto dovrebbero pagarle tutti, non solo una fetta di ceto medio con lavoro dipendente; se ne sta occupando?). Vede, lentamente così si entra nel merito di quello che i governi fanno. Negli esami di maturità ci sono domande su quali provvedimenti i governi e le banche centrali dovrebbero prendere per aiutare la crescita, lo sviluppo, lo sviluppo sostenibile (le segnalo che ci sono differenze importanti tra questi concetti). Per cui, nei testi ufficiali viene richiesto di conoscere e capire le conseguenze di un’azione specifica e noi insegnanti siamo obbligati ad affrontare quelle che sono le “vostre” scelte, nel bene e nel male. Per cui, caro signor ministro, faccia lo sforzo di capire che l’insegnamento e la formazione dei ragazzi non si limita a riempirgli la testa di nozioni e informazioni. Il nostro lavoro è aiutare i ragazzi a diventare persone capaci di pensare, li aiutiamo a sviluppare anche uno spirito critico, sebbene questo spirito critico sembra che lei lo sopporti a fatica. Ma un cittadino maturo è colui che conosce, valuta in tutta autonomia e sceglie sulla base della consapevolezza e non dell’emozione istantanea oppure dopo un bombardamento di parole e notizie che lo spaventano. Noi formiamo “persone” non funzionari stupidi e disciplinati che andranno ad occupare ruoli burocratici nella grande macchina amministrativa. Noi lavoriamo per formare persone cercando di aiutarle ad essere persone felici in questo mondo. Ogni volta che lei chiederà alla polizia di fermare un insegnante nel suo prezioso ruolo, mille insegnanti e mille cittadini si indigneranno e lei sarà sempre più solo ed isolato, arrabbiato e risentito contro il mondo.

Noi facciamo il nostro lavoro in modo sereno e siamo felici di insegnar loro a valutare il mondo in totale autonomia. Autonomia anche da coloro che, come lei, vorrebbero tutti allineati a pensarla nello stesso modo. Infine, mi scusi, ma lei un pensiero, un progetto per l’Italia, un’idea di futuro per il paese che sta governando  ce l’ha, oppure no? Perché ad osservare quello che dice e che fa sembra che abbia bisogno di tornare ancora un po’ tra i banchi di scuola, dove – mi creda – siamo tutti felici di poterla ospitare ed accogliere e dove si renderà conto che la scuola può essere un luogo molto bello e interessante dove si imparano tante cose sulla modernità, sull’economia, sulle arti e sulla storia. Venga a trovarci. La nostra porta è sempre aperta e lei è il benvenuto e scoprirà che anche i ragazzi hanno molto da insegnarle, a lei come a tutti noi.

Un cordiale saluto