Renzi è un buon comunicatore lo sappiamo, così come lo era anche Berlusconi. Berlusconi aveva un progetto molto chiaro e quasi dichiarato: entrare in politica per salvare le sue aziende. Lo scout Renzi invece scala una forza social-democratica di centro sinistra per ambizione personale e desiderio di comando, poiché il progetto politico non lo si vede se non in una riedizione polverosa della terza via blairiana in cui si vorrebbe conciliare uguaglianza e mercato. Ma i tempi sono cambiati e Renzi arriva tardi e non ne azzecca una, sbaglia su tutta la linea, viene bocciato e sballottato a turno dalla corte costituzionale, poi dal no di una schiacciante maggioranza di italiani, poi sulla riforma della pubblica amministrazione, ancora sulla legge elettorale e non da ultimo sulle manovre “oscure” per salvare banche cotte e bollite che hanno agito in modo truffaldino. Tralasciamo poi il fallimento confermato dai dati della crescita economica e sulla disoccupazione (poiché la responsabilità è antica e travalica l’epoca renziana); tralasciamo la riforma manageriale sulla “buona scuola”; soprassediamo sullo scandaloso “jobs act” e relativa abolizione dell’art. 18 dello statuto dei lavoratori. Cosa resta? Restano rovine come nei territori dei recenti terremoti negli Appennini e l’unica cosa che svetta su queste rovine è il carisma del visconte dimezzato che non si placa e insiste nel voler tornare in sella al cavallo del potere. Antico vizio del popolo italiano credere nell’uomo della provvidenza. Ma questo accade quando la macchina amministrativa non funziona e la ragione è ancora più antica poiché l’Italia non è mai stata uno Stato-nazione come lo sono alcuni importanti paesi europei. Non abbiamo maturato l’idea che uno Stato forte e virtuoso è più conveniente di uno Stato debole dove proliferano i metodi familistici e mafiosi. Non siamo ancora (e forse mai saremo) un paese scandinavo. Ma serve una forza politica con un progetto chiaro e netto che si occupi di modernizzare il paese, di fare gli investimenti compatibili con la natura del nostro paese: energia, turismo, cultura, che lotti contro le disuguaglianze, che si ingegni nel creare lavoro buono, che combatta contro evasione ed elusione, che si occupi di ambiente veramente per ricostruire la fiducia e la voglia di fare di molti italici talenti. Renzi è inadatto, ha fallito e nonostante il carisma e l’ambizione personale è giusto che se ne vada lontano dalla cosa pubblica. La terza via vera, l’ha indicata con autorevolezza una figura altrettanto carismatica ma poco ambiziosa e per nulla assetata di potere. La terza via è quella che da tempo ci racconta papa Francesco. Lui ha capito meglio di altri il disastro della finanza e la miseria del capitalismo rampante. Se Renzi anziché andare nella Silicon Valley andasse in udienza da papa Bergoglio, forse potrebbe avere l’illuminazione che fino ad oggi gli è mancata. Ma si sa che le favole sono per gli ingenui. Continuiamo così, diceva il regista, facciamoci del male.