Irpef o Irap: due visioni del mondo

In derby tra Irpef (imposta sul reddito delle persone) e Irap (imposta regionale sulle attività produttive) non è altro che la storica rappresentazione e contrapposizione tra  sinistra e destra: sostenere i ceti deboli e il loro consumo oppure detassare il capitale produttivo? Che un governo guidato dal centro-sinistra sia di fronte al dubbio è già significativo di quanta sinistra sia rimasta in Italia. Ma al di là delle contrapposizioni merita un’analisi su quale delle due riduzioni porti più effetti e crescita dell’economia.tasse2

Quando il sistema economico ristagna da anni con una domanda interna molto debole, è molto probabile che un aiuto ai consumatori di fascia di reddito bassa e medio-bassa, si traducano immediatamente in consumi di beni e servizi. Un imprenditore, anche se in sofferenza, non assumerà e non si metterà a produrre di più se non è incentivato dalla domanda di beni e servizi che proviene dai consumatori, a meno che non ci siano rivoluzioni tecnologiche all’orizzonte, nuovi mercati che si aprono oppure beni che producendoli creino essi stesi un forte incremento della domanda. Gli investimenti sono una funzione dell’efficienza del capitale. Se un imprenditore non pensa di guadagnare nel medio termine, non rischia tassedenaro, né proprio né quello delle banche. Ma un consumatore che non tira la fine del mese, se riceve 100 euro in più, li trasforma immediatamente in consumo. In questo caso la ricetta keynesiana a mio parere si mostra molto più efficace che la ricetta neo-liberista. E tutto questo considerando strettamente la logica economica e senza contare che un po’ più di giustizia sociale non farebbe neanche tanto male.

Noi gente a sud della Svizzera

Noi gente del nord un po’ ce lo meritiamo. Trattiamo male i meridionali da decenni, per non dire gli albanesi i marocchini o i senegalesi e adesso tocca un po’ anche a noi. Qualcuno più a nord vuole mettere un tetto al numero dei migranti e frontalieri e ci tratta come noi trattiamo i lavoratori del sud. Vedi un po’ i casi della vita. Magari impariamo qualcosa. O meglio lo imparano gli italiani che hanno cavalcato la discriminazione da lustri.

Detto questo forse bisognerebbe anche spiegare agli svizzeri (a quelli del Canton Ticino soprattutto) che quando per decenni gli italiani benestanti hanno rimpinguato le loro emigrantibanche di capitali fuggiti illegalmente dall’Italia, o hanno costruito le loro infrastrutture nel dopoguerra ammazzandosi di lavoro nei tunnel e nelle autostrade, si sono leccati i baffi e sornioni ne hanno ben approfittato. Quando poi il livello dell’acqua scende con la crisi lasciando all’asciutto qualcuno del loro popolo che fatica – ahimè anche nella florida Svizzera – a trovare lavoro, allora si corre ai ripari con le quote e contingentando le entrate.

Ma ricordiamoci che oggi, nel Canton Ticino non vanno più solo operai, muratori ed infermieri, ma la Svizzera chiede tecnici, ingegneri, professori e quadri dirigenziali. Forse più che la crisi morde l’invidia che gli Italiani sono bravi, competenti, preparati e creativi e che nella ridente e verde Svizzera qualche volta scarseggia il capitale umano e la riserva di professionalità sta proprio di qua.

Come diceva qualcuno, “questo non risolve il problema ma un po’ aiuta”

Abbiamo un’opposizione in Italia?

Tanto rumore per nulla, verrebbe da dire. Forse non siamo più abituati in Italia ad avere un’opposizione da molti lustri.  Sebbene in modo colorito, eccessivo, sgangherato e un po’ folcloristico – amplificato da un web sconcio che non nasconde nulla e dà la parola proprio a tutti, anche a coloro che non sanno perché parlano, -l’Italia scopre che i parlamentare del movimento cinque stelle  cominciano a fare un’opposizione degna di questo nome. Di fronte a questa nuova creatura che nasce con vagiti e urla assordanti, il sistema delle alleanze comincia a scricchiolare  mostrando la vecchiezza dei suoi modi e costumi. Ne sono un esempio la “ghigliottina” della presidente della camera che sembra essere una reazione eccessiva di nervosismo ma anche lo scandaloso incontro  Renzi-Berlusconi sulla legge elettorale che assomiglia molto alla vecchia pratica  democristiana  di Forlani e Craxi.parlamento

Non Beppe Grillo o Casaleggio, che muovono i fili per i loro interessi, ma un gruppo di parlamentari mossi da spirito civico, imparano la lotta civile per il bene comune e non si fermano davanti a nulla mostrando di non avere timore reverenziale per i navigati potenti che si sono ramificati nei gangli delle istituzioni. La stampa ci ricama perché  deve vendere la propria merce al mercato dei lettori, ma forse la presenza di persone pulite che hanno voglia di lottare potrebbe essere il segno che qualcosa comincia a cambiare. boldrini

La nascente opposizione contrasta in modo netto con gli ultimi gesti disperati del miliardario di Arcore lasciando nell’ombra un partito democratico che si sta democristianizzando. Questa immagine si cristallizza  mostrando il nuovo e il vecchio e, come spesso accade, i sommovimenti veri innescano restaurazioni alimentate dalla paura di perdere i privilegi acquisiti. Quello che manca nello scacchiere è una sinistra vera, che rappresenti le istanze dei lavoratori, dei pensionati, dei giovani, dei disoccupati e delle imprese che si modernizzano. Prima o poi qualche soggetto si renderà conto di questo vuoto e lo riempirà. Allora forse l’Italia avrà passato il suo periodo di quarantena berlusconiano e potrà rimettersi in cammino con dialettiche vitali fondate su progetti e idee a confronto. Stiamo a vedere….

Cittadini e politici: piccola antropologia dell’italianità

Qualcuno ha detto che i nostri politici sono lo specchio della società civile. Perché mai non dovrebbe essere così?

Dopo quasi sessant’anni di democrazia in Italia il senso di fastidio per la politica e per i politici è cresciuto in modo esponenziale: dai più noti puttanieri ai piccoli imbroglioni, dai grandi evasori agli occulti manovratori, dagli ingenui furbacchioni alle vittime di complotti, dagli inconsapevoli a cui comprano case vista Colosseo ai più “sfigati” che con complotti si ritrovano la terrazza riparata, da chi piazza il figlio a chi piazza la famiglia, da chi si fa rimborsare le spese per le mutande a chi si compera il suv perché nevica. La lista è infinita ed è nauseante. Ma perché tutto il peggio dovrebbe essere concentrato proprio nella politica? Forse è vero, come abbiamo scritto altrove in questo blog, che la politica è anche un po’ come una lotteria: chi ci arriva gode di privilegi, benefit, redditi e prebende innumerevoli ma nella massa di politici certamente ce ne sono un’infinità corretti, Sordimoralmente integri e appassionati. Ma allora cosa sta a significare il “Tutti a casa! Non se ne può più di questa classe dirigente” che si leva da più parti? Sta a significare che è tempo che in quel luogo del privilegio ci vadano altri a fare disastri e a godersi la bella vita. Se è vero che i politici non sono altro che noi stessi con un po’ più di fortuna, molta ambizione,  un po’ di faccia tosta e buona attitudine al compromesso, allora significa che si tratta di snellire il turn over e che sulla giostra ci salgano anche altri cittadini.

L’Italia è giovane, troppo giovane e nella sua storia lo straniero ha richiesto gabelle e balzelli per secoli. Non ci piace pagare e siamo creativi per evadere tanto quanto siamo egoisti e individualisti. Il boom economico ha dato un grande aiuto a rinforzare i difetti italici. Non esistono gli uomini della provvidenza. I politici siamo noi, così come i partiti siamo noi.  I loro difetti sono i nostri, non esistono buoni e cattivi ma il mal costume della politica è il malcostume che pratichiamo prima o poi un po’ tutti. Non è detto che sia possibile trasformare un italiano in un cittadino europeo civile, rispettoso delle regole, solidale ed eticamente rigoroso. Non è detto che ci si riesca perché non sa dove impararlo, i maestri non ci sono e il contesto della società tecnica non lo aiuta. Impariamo a sopravvivere nella polvere e a muoverci come animali nella savana, attenti e disincantati predicando bene e razzolando come possiamo. Essere consapevoli forse aiuta ad essere meno indignati, perché fino a qui pare che neanche l’indignazione aiuti il cambiamento.

Un papa marxista?

Negli Stati Uniti si leva una voce critica nei confronti di Papa Francesco, i grandi finanziatori della chiesa statunitense sono preoccupati delle parole di Bergoglio contro il capitalismo sfrenato e mettono in forse i finanziamenti per il restauro della chiesa di San Patrick. Dicono anche che la chiesa gestisce e costa miliardi di dollari per cui le sue parole sulla condanna del capitalismo sarebbero ipocrite. Un attacco in grande stile al nuovo pontificato? Quando si dice che i nodi vengono al petto. Ma allora? Come se ne viene fuori da questo nodo? bergoglio

Non è forse il momento di sostenere che così come è fallito il marxismo attuato sotto dittatura da uomini incapaci di gestire idee sull’uguaglianza, è fallito anche il capitalismo liberista che ha generato forti disuguaglianze, forti squilibri e ora anche una crisi mondiale che ha generato morte e povertà in molti strati della popolazione mondiale?

Non è forse il caso di ripensare la socialdemocrazia come quella terza via che concilia libertà con regole? Intrapresa con giustizia sociale? Sviluppo con uguaglianza? Non è forse venuto il momento di dichiarare che le due grandi ideologie del novecento sono morte per fallimento e che entrambe lasciano grani di saggezza per ricostruire una visione “di mezzo” che apra una strada di benessere per tutti? Ma i paesi scandinavi non insegnano che più giustizia sociale fa vivere meglio tutti? Siamo di fronte ad una grande occasione, di poter ripensare il nostro modello di sviluppo, per correggere gli errori del marxismo come quelli del liberismo estremo e l’autorevole voce del nuovo Papa dovrebbe essere un filo rosso da seguire per non perdere una grande occasione.

Un saluto a Giorgio Napolitano

Potrebbe essere il suo ultimo anno di presidenza, ha, suo malgrado, trasformato una repubblica parlamentare in una presidenziale.  Ci ha tolto Berlusconi dai piedi (con l’aiuto di Barroso, Merkel e Draghi), poi ha accettato di restare per l’incapacità della sinistra di accordarsi su un candidato comune. Ora si dice che è l’ottavo re di Roma. Ma se lo è, lo è suo malgrado, lo è per incapacità degli altri, per il fallimento generale di questa politica e lo è anche perché il contesto in cui la politica nuota che è quello di una mera gestione dell’economia e della finanza, una pessima gestione potremmo dire. Giorgio Napolitano ha dovuto tenere la barra al centro in un periodo in cui la deriva populista poteva generare svolte preoccupanti e si è fidato di Monti prima (rivelatosi poi solo un ambizioso contabile) e di Letta poi tentando di risolvere il vergognoso problema della legge elettorale. Chi non avrebbe fatto come lui essendo l’Italia in Europa?Napo

Possiamo dire che l’esito generale è deludente? Certamente, ma forse, lasciando la palla nelle mani di Berlusconi prima o delle elezioni anticipate poi con il  “porcellum” , saremmo oggi in una situazione ancora più critica. Ha fatto quello che si doveva e poteva fare, e lo ha fatto con autorevolezza e correttezza. Sparare a zero su Napolitano oggi è, a nostro parere, un atto di vigliaccheria, di miopia politica e di parassitismo. Vorrei, a nome di milioni di italiani ringraziare il nostro presidente della Repubblica per tutto quello che ha fatto considerando la violenza con la quale il movimento cinque stelle, la lega e forza Italia si sono accaniti contro di lui, ricordando che forza Italia e la lega nord hanno tenuto nelle mani lo scettro del potere per anni combinando un disastro di cui dovrebbero solo vergognarsi mentre il movimento cinque stelle, strilla, urla e inveisce perché non ha ancora capito che la democrazie è anche l’arte di accordarsi su progetti e soluzioni. Per quanto riguarda il partito democratico, stiamo ancora aspettando i nomi del centinaio di senatori e deputati che hanno impallinato  Prodi. Così tutti capiranno che il ringraziamento al capo dello Stato dev’essere collegiale, unanime e condiviso.

Vogliamo un posto nella PA anche noi

Mai come oggi  le differenze tra la casta dei politici e il mondo del ceto medio che sprofonda alle soglie della povertà risultano stridere duramente nella coscienza dei tanti milioni di italiani in difficoltà. Non è solo la politica intesa come i novecentocinquanta circa fra deputati e senatori ma tutta la galassia di funzionari, di società inutili create per dare rifugio ai mille “trombati” alle elezioni di ogni partito politico, agli enti intermedi e società miste o pubbliche che drenano denaro per mantenere in vita un sistema di privilegi.

La politica appare oramai come un’ enclave di privilegio con regole proprie e dove chi arriva ad occupare un posto si sente “arrivato”, protetto, tutelato e privilegiato.

Ciò che è difficile immaginare, è che questa operazione di sfoltimento, ripulitura e riduzione importante di spesa della pubblica amministrazione possa essere fatta proprio da chi ci vive dentro. razzi scilipoti2

Come fa un politico a decidere di tagliare il ramo sul quale è seduto? Ci vuole un iper-politico, oppure un super-politico, un super-uomo dai super poteri che abbia dei super valori e una super capacità.

Forse, in attesa di un nuovo messia della pubblica amministrazione, meglio mettersi in coda per un posticino di amministratore pubblico, magari, se va bene con un po’ di pazienza e di carriera arriva anche un ruolo di responsabilità e poi, con una spintarella e un po’ di faccia tosta magari anche un posto in parlamento e così poi la vita diventa bella veramente, tra rimborsi e vitalizi il paradiso è in terra e se gente come Scilipoti e  Razzi ce l’hanno fatta perché non possiamo sperare di riuscirci anche noi mortali?

Moriremo democristiani?

Quella terribile profezia sul morire democristiani sembra avverarsi. Da Letta a Renzi: di cos’altro si tratta se non  di due personaggi che racchiudono l’essenza del sincretismo democristiano? Né destra né sinistra cantava Celentano ed è forse l’essenza della mancanza di coraggio che l’italiano mostra da sempre. Neanche Berlusconi ha saputo essere un liberale liberista di destra, capace di quella famosa e tanto decantata rivoluzione liberale possedendo una maggioranza “bulgara” in parlamento. E ora ancora si presenta sulla scena un Renzi il cui DC2“discorso” confonde sul significato di cosa voglia dire essere di sinistra, (nozione peraltro smarrita anche dal suo partito negli ultimi anni).

Così dobbiamo rassegnarci al fatto che il popolo di “sinistra” delle primarie alla fine è più democristiano dei democristiani. Probabilmente chi parla un linguaggio di sinistra non riesce a farsi capire mentre chi parla di mercato come supremo regolatore della vita economica, parla di finanza buona, di rivedere l’articolo 18, chi guarda a Marchionne con deferenza e considerazione, riesce a farsi capire molto meglio. Probabilmente, l’abbuffata di berlusconismo durata vent’anni ha lasciato tracce indelebili nel modo di pensare degli italiani e ci vorranno anni per uscire da quel grande malinteso che è stato questo scorcio di secolo.

Vediamo se dalle parole roboanti e piene di promesse, si vedranno concretamente fatti che inorgogliscano chi pensa che tutelare l’ambiente, i giovani, i pensionati, i poveri, i disoccupati, occuparsi delle disuguaglianze, dare una prospettiva di “sviluppo” e non solo di crescita al nostro paese, sia un gesto di sinistra.

Convincere, convincere, convincere!

Arrivano le primarie e come a Natale, fioccano le promesse, le buone intenzioni, i programmi, i sogni, le nuove architetture istituzionali, le riforme, le volontà e i desideri.

E l’elettore riattiva il lumicino quasi spento della speranza, ma a volte è talmente fioco che si spegne prima di ritrovarlo.

Il disincanto per la politica è forse ad uno dei punti più alti della storia repubblicana, schiacciati tra la crisi e l’incapacità della politica di decidere.primarie pd

Le parole vanno, volano (verba volant) e i fatti non si vedono.

Se nei prossimi giorni arriverà in parlamento l’abolizione del senato e una legge elettorale a doppio turno come quella francese, allora starà a significare che qualcosa si muove. Ma poi bisogna metter mano alla redistribuzione della ricchezza. C’è qualcuno in Italia che ha la forza e soprattutto la volontà di farlo? Una società fortemente disuguale non va molto lontano e rischia di trascinarsi nelle sabbie mobili del conflitto sociale e della stagnazione economica.

Uomini agli antipodi

Berlusconi decaduto è una buona notizia. Dove vada a scontare la sua penitenza è irrilevante, anche se molti si affannano a proporre soluzioni anche un po’ umilianti. Così, in questa competizione di profferte vorrei suggerirne una più simbolica che realistica. Dal momento che Berlusconi e il berlusconismo rappresentano il peggio del capitalismo Mujicamoderno, spregiudicato, familistico, clientelare, arrogante, al di sopra delle regole, forse un periodo di “stage” riabilitativo presso due giganti della modernità gli farebbero bene: sei mesi da Papa Bergoglio  e sei mesi da José “Pepe” Mujica. Non sappiamo cosa succederebbe, ma sono certo che non resterebbe indifferente alla loro nuova visione del mondo e che migliorando lui, migliorerebbe Papa Bergoglioanche un po’ lo spirito berlusconiano disceso in questi anni sull’Italia.