Che peccato!

Si sente ancora nell’aria il frastuono delle ceramiche che si infrangono, pensando alla caduta del sogno di dare una svolta reale al nostro paese. La triste vicenda del movimento cinque stelle, che sta diventando grottesca agli occhi del mondo, è quella di una vincita dall’entità inaspettata, combinata con una selezione casuale della classe dirigente e di una forte leadership carismatica senza la quale non esiste direzione.vaso

Un sogno infranto che restituisce l’Italia alla “solita” politica degli accordicchi che, per non deludere nessuno, finisce per frustrare proprio tutti. E la vicenda degli scontrini prima e delle espulsioni poi, gettano questo sogno di cambiamento, in una dimensione di tristezza, come il panorama dei resti della festa del giorno prima, tra bottiglie rotte e avanzi di cibo.

Quelle energie però ci sono, e una volta destate, forse per ora indietreggiano, ma ci auguriamo siano pronte per rimettersi in cammino per sostenere un’idea di cambiamento degno di questo nome. Sembra che gli italiani siano pazienti…..

Totalitarismi cercasi?

Vicino a Varese un festeggiamento per il compleanno di Hitler, ora a Milano un raduno neo-nazi. Cosa succede? I totalitarismi crescono spesso e si alimentano dal caos e dal disordine di una società che ha perso il senso di se stessa e la propria bussola. Hitler si è imposto quando l’iper-inflazione nella Germania della repubblica di Weimar toccava livelli per cui aveva ridotto il valore di tre castelli in Baviera alla fine dell’epoca Hitler 3dell’inflazione   al valore di una caramella. Il fenomeno devastante di un’economia che non dà certezze ha prodotto uno dei peggiori dittatori della storia dell’umanità. Oggi l’economia dell’Europa non è come quella della Germania della Repubblica di Weimar e in effetti non ci sono pericoli seri di derive autoritarie se non che ci sono un po’ di segnali che al caos e alla destrutturazione del senso del futuro spesso una risposta sono l’insorgere di posizioni che forniscono proprio il contrario: ordine, disciplina, l’organizzazione del senso delle cose, un amico e un nemico da combattere per rinsaldare l’appartenenza interna.

Un giovane che si affaccia al mondo del lavoro cosa trova se non le macerie della politica incapace di ascoltare i suoi bisogni, un mondo adulto impaurito dalla crisi, poche prospettive per sé e per i suoi simili. Quando qualcuno ti offre a buon prezzo una visione del mondo, un’interpretazione del bene e del male, dell’ordine, ricette per la soluzione e magari anche  qualche nemico con cui prendertela e trasformarlo in capro espiatorio, allora, è come aver trovato un’isola per il naufrago. Le derive autoritarie si nutrono di questa dissoluzione del legame sociale tra generazioni, tra politica e cittadini, tra istituzioni e bisogni. Crescono nel disincanto e nello smarrimento, nel vuoto di senso, di Hitlerappartenenza, di prospettiva e di fiducia. La crisi economica non erode solo il reddito ma consuma lentamente e profondamente la fiducia nel futuro e verso i  responsabili che dovrebbero proteggerti così come scritto nell’articolo della costituzione sull’impegno dello Stato di favorire le condizioni per il lavoro. Allora lasciarsi trasportare dal vento benché delirante e nostalgico della soluzione autoritaria e totalitaria può  essere una soluzione. A buon mercato certamente, ma là dove il mercato ha fallito ed è il protagonista del disastro finanziario, qualsiasi “buon mercato” diventa competitivo, anche la deriva totalitaria.

Un progetto, una visione

Non dico un’utopia, che suona troppo “vintage” ma com’è possibile che la politica, sia essa di destra, di centro o di sinistra, non riesca ad esprimere un progetto di società, una visione del mondo, un’architettura della comunità che vorrebbero realizzare, che possa illuminare il futuro di coloro che affidano ai politici il faticoso compito futurodell’amministrazione della cosa pubblica? E’ vero che siamo noi un po’ la politica, nel modo in cui ogni giorno scegliamo, operiamo, decidiamo delle cose pubbliche e private. Ma la politica con la p maiuscola dovrebbe essere in grado, non di far sognare, ma di raccontare chiaro il progetto. Oggi non ci sono progetti? Oppure nessuno è più in grado di formularne uno, tutti presi ad inseguire uno straccio di consenso gridando Imu, Iva, tasse o euro? E’ questa la politica? Fare piccole promesse che a fatica si riescono a mantenere?

Alla politica chiediamo di vedere lontano ma fino ad oggi non è riuscita ad illustrarci neanche il passato.

Chi e cosa riempiranno il vuoto?

Il voto amministrativo prima di decretare vincitori e vinti certifica la disaffezione per la politica, che ha raggiunto livelli più che preoccupanti. Lo scollamento tra la classe politica e la società fatta da persone, lavoratori, imprenditori, disoccupati, giovani, donne, immigrati e pensionati è oramai totale. Il collante della credibilità e della fiducia non c’è più. Le logiche interne del potere, dei meccanismi parlamentari, delle segreteria dei partiti, dei giochi della mediazione e del compromesso, sono talmente lontane dai bisogni della gente comune che, per quanto degni e necessari, hanno fatto perdere di vista alla politica che cosa serva veramente alla società civile. In epoca di benessere pochi se ne accorgevano, in epoca di grave crisi, nessuno riesce più ad ignorarlo. buco nero

Ma l’indifferenza alla politica può essere un preludio alla rabbia collettiva e dopo che ci si arrabbia togliendo il voto, quale altra forma può prendere questa rabbia? Il vuoto della rappresentanza non può restare tale, sempre qualcosa sopraggiunge per colmarlo. Il fatto che anche il movimento cinque stelle abbia un calo vistoso a Roma sta a significare che attendere, non scegliere, non sporcarsi le mani con scelte politiche concrete, fa arrabbiare in egual misura e la punizione del voto vale per tutti. Oggi, con uno scandaloso governo dell’ammucchiata e un movimento congelato nella solitudine della sua “purezza”, le persone non sanno più a che santo rivolgersi. La storia insegna che sono momenti come questi che sono molto pericolosi per una società smarrita. Ci vuole una mescola di novità, volontà, coraggio, determinazione, interesse al bene comune e forza per sollevarsi da questa stagnazione della credibilità politica, ma all’orizzonte nulla si vede, se non le nebbia dell’incompetenza e del sistema che vince sulla volontà di pochi buoni.

Brunetta ha ragione

Renato Brunetta ha ragione ad arrabbiarsi perché molti commentatori lo deridono per la sua bassa statura. E lo hanno fatto in molti, da D’Alema a Fo, da Gino Strada a Furio Colombo. Inconcepibile veramente. Lui non ne può nulla della sua statura ed è meschino prendersela con lui con tale disprezzo e stigma. Brunetta

Brunetta va criticato per quello che non ha saputo fare quando era ministro, per le sue uscite corrosive, per le idee iper-liberiste che propone, per il modo sgraziato e aggressivo che ha di porsi in pubblico, per il linguaggio che usa,  per la visione del mondo che veicola.  Prendersela con lui per la statura definisce la pochezza di chi gli si scaglia contro usando tale  miserabile argomentolo  e rischia alla fine di fargli il servizio di renderlo vittima, quando vittima di certo non è.

Il circo Barnum berlusconiano e la verità ribaltata

La campagna di delegittimazione della magistratura che urla di un presunto “accanimento giudiziario” contro l’ex premier Silvio Berlusconi è esattamente una strategia per rivoltare una semplice e banale verità: il signor B., se fossimo in qualsiasi paese civile del mondo, non solo si sarebbe dovuto dimettere molti anni fa, ma non avrebbe neanche potuto candidarsi poiché ineleggibile in quanto titolare di concessioni pubbliche. Punto. Tutto il resto sono chiacchiere, ricostruzioni fantasiose, bugie e menzogne, vittimismo, manipolazione che sono figlie di un immaginario costruito magistralmente in vent’anni di tv commerciale, anch’essa edificata con operazioni che hanno più ombre che luci.

Purtroppo molte opposizioni – e mi riferisco a quella del partito democratico – non hanno saputo intervenire in modo deciso e autorevole e siamo dunque ancora qui a discutere di Berlusconi e delle sue tristissime serata “eleganti” dove un uomo smarrito e bisognoso di esercitare il proprio potere, paga un esercito di ragazzine per allietare notti dove probabilmente la stragrande maggioranza di italiani si sarebbe vergognata di partecipare: la quintessenza della tristezza e della miseria umana.  Dalle ricostruzioni fin qui fatte, si tratta veramente di un circo di “nani e ballerine” e  siamo veramente tutti stufi di vedere, sentire,  ricostruire l’accaduto all’infinito. Adesso basta!index

Non solo vogliamo, ma dobbiamo occuparci seriamente della crisi economica e dei danni fatti a questo paese in tutti questi anni. Votate l’ineleggibilità, i numeri in parlamento ci sono e svoltiamo finalmente pagina. Ne saranno capaci?

Vogliamo sapere chi sono i 101!

Nessuno più capisce le logiche interne del partito democratico, soprattutto chi democratico è senza essere del partito. Eppure le logiche interne interferiscono con la vita reale del paese e la scelta di impallinare Romano Prodi – l’unico che riuscì a battere per ben due volte Berlusconi – è qualcosa che un democratico non può accettare e  che chiede chiarezza. La dirigenza del partito prima di qualsiasi altro gesto politico, prima di qualsiasi larga intesa, prima di qualsiasi governo Napolitano, prima di qualsiasi ulteriore gesto suicida, deve dire chi sono coloro che hanno rifiutato di dare una svolta al paese votando per Prodi. Non è accettabile il silenzio che perdona e l’ipocrisia dell’oblio.decadenza2

Se il Pd è votato al suicidio, con una classe dirigente arroccata sulle proprie posizioni di privilegio e  litigiosa al suo interno su cavilli di correnti e di piccole spartizioni feudali del potere, significa che non merita più il voto di molti milioni di italiani come già sta avvenendo. Su questa strada, non ci sono salvezze ma solo un lento, inesorabile e triste declino di un progetto di una socialdemocrazia che abbia a cuore sviluppo vero,  equità e giustizia sociale. Continuiamo così, facciamoci del male!

Femminicidio e pornografia, un legame?

Lancio un ipotesi: esiste un legame tra la fruizione della pornografia e il dilagare del “femminicidio”. Secondo un articolo de “L’Espresso” sembra che il sito youporn “nel 2012 abbia ricevuto più di 4,85 miliardi di visite mentre il Corriere della sera titola: “93 miliardi di visite negli ultimi sei anni”(…) Milano è la prima in assoluto, seguita a ruota da Roma e Parigi. Se sommassimo le ore totali in cui gli italiani hanno passato a visitare siti pornografici, negli ultimi sei anni  risulterebbero 1,2 milioni di anni trascorsi davanti ai filmati porno.

A questo punto, se si osserva con spirito critico la rappresentazione della relazione uomo donna “messa in scena” nella media dei brevi filmati, emerge in modo impressionante la violenza, la sottomissione e la cosificazione della donna. Non solo le donne sono oggettificate come strumento della soddisfazione del piacere maschile ma lo sono attraverso una sostanziale umiliazione costante. Cosa mai significherà?  Perché questo bisogno? Quali conseguenze può generare? La rappresentazione del rapporto pornografico è degradata al punto da essere una mera rappresentazione meccanica del rapporto ripulito da ogni aspetto affettivo, relazionale, interattivo e umano. Il rapporto uomo donna è idraulico, finalistico ed egoistico. La reiterazione e la massa critica della frequentazione probabilmente  penetra nella rappresentazione collettiva e lentamente si sdogana dalla tradizionale tenuta che esercitavano i codici morali e diventa “normale”. Diventano normali la brutalità, l’umiliazione, la sottomissione e la violenza.

Se realmente le tradizionali barriere  – che svolgevano una funzione di tenuta – come la cultura,l’etica, la morale religiosa o laica, lentamente si sgretolano, è più facile che le forze nascoste della rivalsa sociale prendano il sopravvento. La figura della donna nella modernità si è affermata, scalzando il primato del maschio padre-padrone che relegava la propria donna nell’enclave di casa per librarsi nel mondo realizzando se stesso. La donna di oggi, non solo ha mostrato di saper fare anche meglio le cose che prima facevano solo i mariti ma ha saputo integrare nel suo ruolo anche la sua saggezza di madre e la sua capacità di organizzazione efficiente del tempo. Un vero pericolo per il ruolo sociale del maschio moderno che probabilmente  ha bisogno di vendicarsi almeno in modo rituale e attraverso la rappresentazione del suo dominio. Nei due interessanti documentari: “Videocracy” e “Il corpo delle donne” emerge con prepotenza la complicità delle televisioni commerciali nel costruire “audience” proprio sulla degradazione a mero corpo della donna in un’esposizione che diviene quasi fiera del corpo. E in questo, è complice e forse ancor più regista, l’ex primo ministro denunciato dalla moglie di essere un “drago” assatanato consumatore di rapporti sessuali senza relazione, che ha legittimato  in qualche modo il processo di normalizzazione. Solo un uomo solo e disperato e forse malato (ma questo è un altro ambito) deve consumare rapporti sessuali come fossero cioccolatini e il fatto che la sua smodata attività erotica sia diventata di pubblico dominio,  ha fatto entrare nell’immaginario collettivo una normalità che è in realtà patologia e lo ha bollato in tutta la sua disperata modernità di uomo di potere. E il potere a volte è violenza, volontà di sottomissione  e  possesso personale. E’ possibile allora postulare che esiste un legame stretto tra tutto questo e il folle atto di decidere della vita dell’altro?

Dare da bere agli assetati

Personalmente dubito molto sulla capacità di questo governo di prendere decisioni di politica economica che siano incisive, efficaci e risolutive. Ho già detto il perché in un altro commento spiegando che due visioni opposte e contrapposte non possono condividere le ricette di politica economica.

Oggi l’unica soluzione possibile è dare soldi ai ceti medio-bassi, a coloro che con duecento euro in più di reddito, escono di casa e vanno a fare spese, bisogna sostenere le pensioni minime, che si trasformano in domanda di beni italiani, detassare il lavoro intervenendo sul cuneo fiscale. Dove si trovano questi soldi? Si fa “deficit-spending”, negoziandolo con l’Europa, dicendo loro: “appena l’economia riprende, riprenderemo il rigore di bilancio” e contestualmente si rivede la spesa improduttiva della pubblica amministrazione, si lavora su una più equa redistribuzione del reddito con una patrimoniale e soprattutto si lotta contro bere agli assetatil’insopportabile scandalo dell’evasione ed elusione fiscale attraverso  l’incrocio tra informazioni sul reddito e sul patrimonio che i sistemi informatici possono arrivare a fare in tempi brevi. Lasciamo perdere la propaganda sull’IMU che non solo non risolverebbe nulla, ma rischia di aggravare ancora di più le cose. Per far questo però ci vuole un governo autorevole che mira al bene del paese e non un governo che mira a far crescere il consenso. La differenza è grande e purtroppo decisiva.

Un nuovo 25 aprile

Festeggiamo il venticinque aprile eppure, dopo più di mezzo secolo l’unica cosa buona che si possa dire è che non abbiamo avuto più guerre tra paesi europei. E non è poco! Ma la disuguaglianza in Italia è cresciuta in modo insopportabile, la distribuzione del reddito ha raggiunto livelli tali per cui il 10% della popolazione detiene il 50% della ricchezza. Questo non solo grida vendetta per l’ingiustizia che rappresenta,  ma è una delle ragioni per la quale la domanda interna per consumi sta arretrando a livello di trent’anni fa e questo alimenta la recessione economica nel nostro paese. 25 aprileLa combinazione di mercato libero, finanza sfrenata, politica miope ed egoista, ha generato una miscela esplosiva che sta avvelenando la vita del nostro paese. Il bene comune nessuno sa più cosa sia nella politica e resta tema di discussione colta tra intellettuali e utopisti. La politica si annulla nella sua insopportabile contrapposizione per il potere, senza proporre progetti di società, cosi ché l’Italia scivola lentamente verso una dimensione di arretratezza fatale, raggiungendo pericolosamente punti che possono essere di non ritorno rispetto ai paesi europei, ma soprattutto rispetto ai paesi emergenti. Serve una nuova liberazione, un nuovo 25 aprile fatto di impegno. Non si può più dire: “quelli di destra e quelli di sinistra”. Destra e sinistra siamo noi e come i partigiani della seconda guerra mondiale dobbiamo, casa per casa, giorno dopo giorno, liberarci nuovamente dalle orribili condizioni in cui la cattiva cultura civica e di riflesso, la cattiva politica ci hanno gettato. Non possiamo più gridare: “liberateci!”, ora serve dire “Liberiamoci!”