Nessuno più capisce le logiche interne del partito democratico, soprattutto chi democratico è senza essere del partito. Eppure le logiche interne interferiscono con la vita reale del paese e la scelta di impallinare Romano Prodi – l’unico che riuscì a battere per ben due volte Berlusconi – è qualcosa che un democratico non può accettare e che chiede chiarezza. La dirigenza del partito prima di qualsiasi altro gesto politico, prima di qualsiasi larga intesa, prima di qualsiasi governo Napolitano, prima di qualsiasi ulteriore gesto suicida, deve dire chi sono coloro che hanno rifiutato di dare una svolta al paese votando per Prodi. Non è accettabile il silenzio che perdona e l’ipocrisia dell’oblio.
Se il Pd è votato al suicidio, con una classe dirigente arroccata sulle proprie posizioni di privilegio e litigiosa al suo interno su cavilli di correnti e di piccole spartizioni feudali del potere, significa che non merita più il voto di molti milioni di italiani come già sta avvenendo. Su questa strada, non ci sono salvezze ma solo un lento, inesorabile e triste declino di un progetto di una socialdemocrazia che abbia a cuore sviluppo vero, equità e giustizia sociale. Continuiamo così, facciamoci del male!