Il declino della cultura di sinistra

Che fine ha fatto la sinistra in Italia? E  in Europa? Perché lentamente declina lasciando il passo a partiti e movimenti di destra?
Noi crediamo che il punto cruciale sia il rapporto che i partiti di sinistra hanno intrattenuto con le forze del liberismo e l’abbraccio mortale che ne ha conseguito. Il mondo, dopo la caduta del comunismo sovietico –  e a parte l’esperienza del modello misto cinese della maonomics – ha intrapreso tutto insieme il cammino del liberismo e in certi paesi dell’ultra-liberismo.
Cosa significa? Che il capitale e la sua conseguente ed ineluttabile accumulazione, sono diventati attori principali sulla scena economica, politica e sociale, mondiale. Il capitale è nelle mani dei grandi gruppi di multinazionali, di gruppi  finanziari, nelle mani delle famiglie che controllano pacchetti azionari ingenti. E questo è un fatto. Chi governa quindi, deve fare i conti con queste forze che sono le forze protagoniste della modernizzazione, della globalizzazione e della crescita economica. La politica, di fronte a tanta potenza e potere, diventa necessariamente subordinata e supina, ubbidiente e silenziosa.

Come è possibile legiferare in favore dei ceti deboli, dei pensionati, dei giovani, in tutela dell’ambiente, delle categorie più fragili, dei migranti,  della classe operaia, di tutti i marginali che vivono nelle periferie della modernità, se questo va contro la logica di espansione, sviluppo e crescita del capitale? Semplicemente non è possibile. L’economia liberista chiede delocalizzazioni delle imprese, chiede una riduzione del debito pubblico, di non fare “deficit spending”, chiede poche regole per chi fa impresa, poche tasse agli imprenditori, chiede disattenzione all’ambiente poiché la sua protezione è troppo costosa e minaccia la libera impresa, chiede il mercato libero del lavoro, licenziamenti facili, una sanità e una scuola privata dove i capitali possano essere investiti e fruttare profitti.

Come fa un partito di “sinistra” a dire no a tutto questo? Deve costantemente mediare e scendere a compromessi, piegarsi, rinunciare, abdicare, perdere la sua anima e cedere sui propri valori fondativi. In una parola estinguersi. E’ ciò che sta succedendo al partito democratico italiano poiché, stando al potere, non ha fatto altro che allontanarsi dalla propria carta dei valori fondamentali, fino a non sapere più chi è, qual è la propria identità, la sua missione, il suo senso. Ha gradatamente adottato politiche liberiste cercando di salvaguardare qualche scampolo di lotta sui diritti umani, e anche lì con scarso successo. Ha fatto politiche di destra fino al punto che gli elettori si sono accorti che forse è meglio votare un partito di destra originale, che quelle politiche le pensa, le fa e le attua in quanto gli appartengono per definizione. La social-democrazia è la capacità che ha la politica di tenere sotto controllo e regolamentare  il mercato nei settori strategici come la sanità, la scuola, la difesa, e legiferare a tutela dell’ambiente e delle categorie più disagiate occupandosi di lavoro e dei lavoratori. Ma da tempo non si sente più pronunciare questa parola, soprattutto dai protagonisti di quella che , una volta erano una forza di sinistra. Ad meliora et maiora semper!

Abbiamo un’opposizione in Italia?

Tanto rumore per nulla, verrebbe da dire. Forse non siamo più abituati in Italia ad avere un’opposizione da molti lustri.  Sebbene in modo colorito, eccessivo, sgangherato e un po’ folcloristico – amplificato da un web sconcio che non nasconde nulla e dà la parola proprio a tutti, anche a coloro che non sanno perché parlano, -l’Italia scopre che i parlamentare del movimento cinque stelle  cominciano a fare un’opposizione degna di questo nome. Di fronte a questa nuova creatura che nasce con vagiti e urla assordanti, il sistema delle alleanze comincia a scricchiolare  mostrando la vecchiezza dei suoi modi e costumi. Ne sono un esempio la “ghigliottina” della presidente della camera che sembra essere una reazione eccessiva di nervosismo ma anche lo scandaloso incontro  Renzi-Berlusconi sulla legge elettorale che assomiglia molto alla vecchia pratica  democristiana  di Forlani e Craxi.parlamento

Non Beppe Grillo o Casaleggio, che muovono i fili per i loro interessi, ma un gruppo di parlamentari mossi da spirito civico, imparano la lotta civile per il bene comune e non si fermano davanti a nulla mostrando di non avere timore reverenziale per i navigati potenti che si sono ramificati nei gangli delle istituzioni. La stampa ci ricama perché  deve vendere la propria merce al mercato dei lettori, ma forse la presenza di persone pulite che hanno voglia di lottare potrebbe essere il segno che qualcosa comincia a cambiare. boldrini

La nascente opposizione contrasta in modo netto con gli ultimi gesti disperati del miliardario di Arcore lasciando nell’ombra un partito democratico che si sta democristianizzando. Questa immagine si cristallizza  mostrando il nuovo e il vecchio e, come spesso accade, i sommovimenti veri innescano restaurazioni alimentate dalla paura di perdere i privilegi acquisiti. Quello che manca nello scacchiere è una sinistra vera, che rappresenti le istanze dei lavoratori, dei pensionati, dei giovani, dei disoccupati e delle imprese che si modernizzano. Prima o poi qualche soggetto si renderà conto di questo vuoto e lo riempirà. Allora forse l’Italia avrà passato il suo periodo di quarantena berlusconiano e potrà rimettersi in cammino con dialettiche vitali fondate su progetti e idee a confronto. Stiamo a vedere….

La “normalità” debole tra “anomalie” forti

Il partito/movimento/setta di Grillo è certamente una forza di destra. C’è voluto un po’ di tempo per capirlo ma ora è chiaro. Dall’altra parte il partito padronale di Berlusconi è un’anomalia che nessun paese del mondo ci invidia.

Entrambe queste due forze anomale che abitano la nostra democrazia acciaccata tengono banco, occupano la scena impongono  l’agenda e spiazzano l’elettore inconsapevole con le girandole di trucchi, bugie, forzature ed escogitazioni bizzarre.G&B

La setta di Grillo non possiede democrazia interna, in nome di un cambiamento radicale estremo e a somma zero (o tutto o niente), spadroneggia tra insulti,  censure interne e litigi puerili senza aver provocato e stimolato nessun cambiamento. Il blocco dell’anomala destra italiana, innamorata del proprio leader carismatico, si aggrappa ai vetri dell’ingegneria giuridica per salvare un pregiudicato dalla decadenza dal suo ruolo di senatore e attore pubblico con manovre che fanno sorridere uno studente di giurisprudenza. Al centro di questa tenaglia l’unico partito con la p maiuscola, il partito democratico, si arrabatta con “antiche” procedure di dialogo interno, primarie, democrazia, confronto, che agli occhi degli italiani paiono procedure obsolete e prive di senso. Questa è l’anomalia italiana, dove dirigenti leghisti tra cui un  ex ministro pluri-dimissionario si permettono di insultare un ministro in carica senza che nessuno dica niente. E intanto un claudicante governo dalle larghe incertezze, galleggia su piccoli provvedimenti senza saper mettere mano ai veri problemi del bel paese. Perché per riformare questo paese, oltre alla volontà politica di una maggioranza monocolore, servirebbe anche una volontà del paese stesso, che langue ripiegata sul proprio interesse particolare e non sa più vedere il futuro e respirare il senso di un progetto sociale per il bene comune.