Lancio un ipotesi: esiste un legame tra la fruizione della pornografia e il dilagare del “femminicidio”. Secondo un articolo de “L’Espresso” sembra che il sito youporn “nel 2012 abbia ricevuto più di 4,85 miliardi di visite mentre il Corriere della sera titola: “93 miliardi di visite negli ultimi sei anni”(…) Milano è la prima in assoluto, seguita a ruota da Roma e Parigi. Se sommassimo le ore totali in cui gli italiani hanno passato a visitare siti pornografici, negli ultimi sei anni risulterebbero 1,2 milioni di anni trascorsi davanti ai filmati porno.
A questo punto, se si osserva con spirito critico la rappresentazione della relazione uomo donna “messa in scena” nella media dei brevi filmati, emerge in modo impressionante la violenza, la sottomissione e la cosificazione della donna. Non solo le donne sono oggettificate come strumento della soddisfazione del piacere maschile ma lo sono attraverso una sostanziale umiliazione costante. Cosa mai significherà? Perché questo bisogno? Quali conseguenze può generare? La rappresentazione del rapporto pornografico è degradata al punto da essere una mera rappresentazione meccanica del rapporto ripulito da ogni aspetto affettivo, relazionale, interattivo e umano. Il rapporto uomo donna è idraulico, finalistico ed egoistico. La reiterazione e la massa critica della frequentazione probabilmente penetra nella rappresentazione collettiva e lentamente si sdogana dalla tradizionale tenuta che esercitavano i codici morali e diventa “normale”. Diventano normali la brutalità, l’umiliazione, la sottomissione e la violenza.
Se realmente le tradizionali barriere – che svolgevano una funzione di tenuta – come la cultura,l’etica, la morale religiosa o laica, lentamente si sgretolano, è più facile che le forze nascoste della rivalsa sociale prendano il sopravvento. La figura della donna nella modernità si è affermata, scalzando il primato del maschio padre-padrone che relegava la propria donna nell’enclave di casa per librarsi nel mondo realizzando se stesso. La donna di oggi, non solo ha mostrato di saper fare anche meglio le cose che prima facevano solo i mariti ma ha saputo integrare nel suo ruolo anche la sua saggezza di madre e la sua capacità di organizzazione efficiente del tempo. Un vero pericolo per il ruolo sociale del maschio moderno che probabilmente ha bisogno di vendicarsi almeno in modo rituale e attraverso la rappresentazione del suo dominio. Nei due interessanti documentari: “Videocracy” e “Il corpo delle donne” emerge con prepotenza la complicità delle televisioni commerciali nel costruire “audience” proprio sulla degradazione a mero corpo della donna in un’esposizione che diviene quasi fiera del corpo. E in questo, è complice e forse ancor più regista, l’ex primo ministro denunciato dalla moglie di essere un “drago” assatanato consumatore di rapporti sessuali senza relazione, che ha legittimato in qualche modo il processo di normalizzazione. Solo un uomo solo e disperato e forse malato (ma questo è un altro ambito) deve consumare rapporti sessuali come fossero cioccolatini e il fatto che la sua smodata attività erotica sia diventata di pubblico dominio, ha fatto entrare nell’immaginario collettivo una normalità che è in realtà patologia e lo ha bollato in tutta la sua disperata modernità di uomo di potere. E il potere a volte è violenza, volontà di sottomissione e possesso personale. E’ possibile allora postulare che esiste un legame stretto tra tutto questo e il folle atto di decidere della vita dell’altro?