L’Italia è ad un bivio: potrebbe essere l’apripista di un profondo e necessario rinnovamento o finire in un baratro che la colloca tra Grecia e Cipro. La società uscita dal dopoguerra ha sviluppato un “welfare state” costoso, che per essere mantenuto e per creare e consolidare il consenso ha dato vita a spese inutili per uno Stato pesante, ingessato e clientelistico incapace di rinnovarsi, di investire e di pensare al suo futuro. Il rinnovamento in atto – se riuscisse – potrebbe essere una svolta epocale dove si va a tagliare dove costa e non giova, per lasciare dove costa e serve: sanità, educazione, servizi pubblici utili al cittadinoe innovazione. Se il progetto di un governo di rinnovamento va in porto – non solo abbandonando il progetto di aerei costosi (che sono il simbolo di spese frutto di scambi di favori internazionali) e di infrastrutture inutili (si veda la Tav) ma andrà ad incidere su enti inutili, società miste inutili, organismi intermedi inutili, parlamentari inutili, fino ad arrivare ad uno Stato snello nella struttura e non nelle funzioni – allora l’Italia ce la potrà fare. Non si tratta di demolire lo “Stato sociale” come sta avvenendo da qualche anno, ma di permetterne la sopravvivenza “risparmiando” là dove si tiene in piedi una struttura di clientele e di favori incrociati: una macchina amministrativa scandalosa ed inefficiente che paga redditi milionari a manager incapaci. Continua a leggere