In derby tra Irpef (imposta sul reddito delle persone) e Irap (imposta regionale sulle attività produttive) non è altro che la storica rappresentazione e contrapposizione tra sinistra e destra: sostenere i ceti deboli e il loro consumo oppure detassare il capitale produttivo? Che un governo guidato dal centro-sinistra sia di fronte al dubbio è già significativo di quanta sinistra sia rimasta in Italia. Ma al di là delle contrapposizioni merita un’analisi su quale delle due riduzioni porti più effetti e crescita dell’economia.
Quando il sistema economico ristagna da anni con una domanda interna molto debole, è molto probabile che un aiuto ai consumatori di fascia di reddito bassa e medio-bassa, si traducano immediatamente in consumi di beni e servizi. Un imprenditore, anche se in sofferenza, non assumerà e non si metterà a produrre di più se non è incentivato dalla domanda di beni e servizi che proviene dai consumatori, a meno che non ci siano rivoluzioni tecnologiche all’orizzonte, nuovi mercati che si aprono oppure beni che producendoli creino essi stesi un forte incremento della domanda. Gli investimenti sono una funzione dell’efficienza del capitale. Se un imprenditore non pensa di guadagnare nel medio termine, non rischia denaro, né proprio né quello delle banche. Ma un consumatore che non tira la fine del mese, se riceve 100 euro in più, li trasforma immediatamente in consumo. In questo caso la ricetta keynesiana a mio parere si mostra molto più efficace che la ricetta neo-liberista. E tutto questo considerando strettamente la logica economica e senza contare che un po’ più di giustizia sociale non farebbe neanche tanto male.