In questo periodo Mboro è piuttosto affollato. In realtà questo succede in tutti i villaggi del Senegal dato che le scuole sono chiuse e quindi, soprattutto i ragazzi, tornano a casa per passare qualche tempo in famiglia. Per questo per le strade ci sono moltissimi giovani senza molto da fare. O meglio, qualcosa in villaggio si trova sempre. Le ragazze aiutano le madri con le faccende di casa mentre i maschi vanno nei campi oppure aiutano con lavoretti di piccola edilizia casalinga. Tuttavia, un momento da dedicare ad un gruppo di otto toubab lo si trova sempre. Ed è così che accompagnati sempre da almeno una dozzina di accompagnatori abbiamo scoperto cosa si fa in un villaggio senza internet, senza televisione, senza illuminazione notturna e con l’acqua corrente solo tra l’1 e le 4 di notte.
Primo posto nelle attività di tutti ci sono i campi. Da perfetto occidentale, mi immaginavo anche il Senegal fosse una grande distesa arida con qua e là qualche palma. Quando poi trovi insalata, pomodori, melanzane, pannocchie, peperoni, limoni, arance, pompelmi, cocchi e manghi rimani a bocca aperta (sia per la sorpresa che per la loro bontà). Una vegetazione così rigogliosa è possibile solo grazie ad una grandissima quantità di acqua che a Mboro è facilmente reperibile. Nella zona dei campi, infatti, basta scavare qualche metro per raggiungere la falda acquifera da cui un continuo di secchielli rovescia acqua freschissima sulle piantine. Ma oltre a piante che possiamo trovare anche in Italia, in Senegal ci sono coltivazioni più tropicali. Oltre ai manghi (che costano pochissimo e sono veramente squisiti) ci sono un’infinità di palme.
C’è un particolare tipo di palma che merita di essere “assaggiata”: quella da vino. Basta una piccola incisione in un determinato punto del fusto e grazie ad un imbuto (fatto di foglie di palma intrecciate) si può letteralmente spillare un liquido biancastro, dolce al mattino e gasato alla sera. Qui lo chiamano “vino di Palma” ma pur avendone bevuto moltissimo –mi avevano ribattezzato Jola, l’etnia dei produttori di vino 🙂– non saprei dirvi se e quale gradazione alcolica abbia. In ogni caso si tratta di una specialità che difficilmente potrò riassaggiare in Italia. A quanto dicono, questa bevanda può essere conservata per massimo 3 giorni e, infatti, anche a Dakar non se ne trova traccia.
Essendo comunque calde giornate estive, capita spesso di passare lunghi momenti di riposo sdraiati su tappeti all’ombra di gazebo o di alberi. Il “cazzegio time” (come lo abbiamo ribattezzato) è un’istituzione. Si possono passare interi pomeriggi a chiacchierare con amici e parenti sulle natte magari bevendo vino di palma, succo di bissap o di bui o magari una fresca birra. Qualunque cosa si faccia durante il riposo, state ben certi che ci sarà qualcuno a preparare il tè. Il tè in Senegal è un’istituzione. Con una piccola teiera, un braciere a carbone, menta freschissima e una sproporzionata quantità di zucchero i senegalesi passerebbero -e in effetti passano- ore intere a preparare tè che viene poi servito in un paio di piccoli bicchieri (tipo chupiti) che passano di bocca in bocca. Capita così che, anche se stai dormendo beatamente rinfrescato dal vento, il fratello più piccolo della tua famiglia venga a svegliarti perché c’è il tè da bere. Per tre volte!
In ogni caso, qualunque cosa si faccia, il silenzio è rotto dalla musica. Le piccole casse dei cellulari (se si è in strada) o amplificatori più o meno grandi (se si è a casa) riversano note nell’altrimenti silenziosissima Mboro. Qui, infatti, i ragazzi non riescono fisicamente a stare senza musica. E quando non la ascoltano, la producono. Certo, con un bongo si possono fare molte cose, ma non è strettamente necessario. Per produrre musica basta veramente pochissimo. Capita così che attorno ad un falò sulla spiaggia si riesca a ballare con una bottiglia di Coca Cola finita, un termos per l’acqua e un coperchio. Ma i bonghi -di qualunque tipo siano- hanno una particolarità: produrre solo musica tradizionale. Ed è una musica che non ha nulla a che fare con le nostre canzoni popolari. Ritmi serrati e ritmati che mettono voglia di muoversi. E i senegalesi non se lo fanno dire due volte di mettersi a ballare. Come avevo già avuto modo di notare a Dakar, anche a Mboro non c’è nessuno che non si muova come un ballerino professionista.
E se vi chiedete come ci si faccia la doccia in un villaggio o come si faccia per andare in bagno…ci risentiamo domani!