Mboro è un villaggio. Se siete come me, la parola “villaggio” vi avrà evocato immagini di capanne di paglia e fieno, pozzi profondissimi, sporadiche palme e terra arida. Ma, come ho già spiegato nei post precedenti, questa immagine è piuttosto lontana dalla realtà.
I villaggi senegalesi non sono più quelli di una volta senza corrente elettrica, senza tecnologia, senza quella che noi toubab chiamiamo -forse un po’ arrogantemente- civiltà. Oggi questi insediamenti avranno l’illuminazione, gli internet point, i mercati e così via ma rimangono comunque caratteristiche uniche, impensabili in occidente.
Io credo che basti una sola giornata per poter afferrare almeno le principali caratteristiche della vita di villaggio.
Cosa c’è di meglio che svegliarsi alle prime luci dell’alba grazie al canto del gallo? Forse il continuare a dormire 🙂 ma farlo non è poi così facile. Infatti, se riesci a superare la botta del caldo soffocante già di prima mattina, un nuovo problema si preannuncia: l’acqua. Non tutte le case sono dotate di collegamento alla rete idrica (che comunque non risulta troppo affidabile) e non tutte hanno un pozzo proprio. Così, mentre gli uomini si muovono verso i campi, le strade di Mboro si riempiono di uomini, donne e bambini con secchi o taniche sulla testa per fare scorte d’acqua. E se sei un tuobab, è con il cigolare dei secchi del pozzo che la tua giornata inizia e ti prepari per la prima attività della giornata: fare colazione.
La colazione senegalese è una tra le cose più caloriche della storia. Pane, burro e “nutella” (anche se il paragone non regge assolutamente), magari con uno yogurt e il tutto accompagnato da tè extra zuccherato. Nelle colazioni più ricche si può trovare anche caffè solubile e latte in polvere che vengono preparati non con la banale acqua calda ma con il tè. Una mattina mi è capitato un beverone con tutte e 3 le bevande insieme…da provare!
Ristorati da questa “leggera” colazione, tutto è pronto per fare una doccia che lavi via il sudore notturno. Ma come si fa la doccia nella vera Africa? Facile: secchio, bacinella, sapone e via! Le prime volte ti trovi un po’ impacciato. Abituato a litri e litri di acqua che ti piovono addosso, non è facile giostrarti con due sole mani tra tutte le “complesse” operazioni da compiere e per di più bisogna stare anche attenti a non finire l’acqua del secchio. Ma con l’andare delle docce il tutto diventa estremamente più facile e anzi, capita che ti ritrovi lavato a fondo e con ancora mezzo secchio pieno.
Ma se il problema della doccia può venire agilmente superato, andare al bagno può sembrare un ostacolo insormontabile. I bagni in Africa sono tutti più o meno simili: una turca, un secchio pieno d’acqua e una bacinella (e per i più fortunati qualche simpatica blatta ad assisterti). Carta igienica e sciacquone non esistono proprio. E quindi be’…fai quello che devi fare e poi con la bacinella ti pulisci e “tiri l’acqua”.
Quando arriva l’ora del pranzo, sono ore che le donne cucinano. Il piatto principale, il riso, ha infatti bisogno di una lunga preparazione preliminare. Le buste sottovuoto da un chilo sono un miraggio. In Senegal bisogna scartare da grossi sacchi da mezzo quintale di riso cinese i chicchi cattivi e anche gli eventuali piccoli vermi che saltuariamente si possono incontrare. E’ un lavoro molto meticoloso che richiede diverso tempo e, una volta finito, si può passare in cucina. “Cucina” è una parola forse un po’ grossa per descrivere il locale con nel quale si preparano i cibi. Questi, infatti, vengono cotti su bracieri a carbone e considerando che non tutti hanno il frigorifero e che il Paese soffre di notevoli problemi di approvvigionamento elettrico, i condimenti -quasi tutti a base di pesce- vengono acquistati di giorno in giorno, anche per la loro freschezza.
Quello che poi non deve mancare per far fronte ai caldi pomeriggi africani è il tè. Vi ho già raccontato della dedizione di tutti per la preparazione e, ovviamente, non c’è nessuno che rifiuti mai un bicchierino di bevanda.
Quando poi il sole sparisce all’orizzonte, tra le onde dell’oceano, Mboro viene avvolto dalle tenebre. L’illuminazione stradale semplicemente non esiste e le uniche luci che rischiarano le strade sono quelle dei neon che filtrano da qualche abitazione. Tutto il resto è buio e silenzio. Certo, ci sono notti in cui l’unica luce è quella della luna perché di energia elettrica non c’è traccia, ma basta una torcia per potersi muovere in tutta facilità.
La sera passa tra canti, balli o chiacchiere in famiglia sorseggiando (oltre al tè) vino di palma o birra. E infine, ben oltre la mezzanotte, la città si ferma per la notte. Sopra materassi più o meno “artigianali” non sempre appoggiati su letti ma sempre e comunque avvolti da leggere zanzariere le braccia di Morfeo accolgono tutti.
E il giorno dopo si replica.