Panem et circenses (Campeones)

Ascoltando la diretta radio della festa che la nazionale spagnola di calcio si sta regalando in questo momento a Madrid, è d’obbligo un post su quanto successo in questo mese di follia calcistica (passa We Are the Champions dei Queen, e la pelle d’oca é di defualt).

Ha vinto il migliore. A volte, nel calcio, capita. Nonostante la falsa partenza e senza aver mai dato la sensazione di strapotere vista 2 anni fa all’Europeo, ha vinto il migliore. La squadra piú equilibrata, con il miglior portiere del mondo (Iker), il miglior centrale dei prossimi 10 anni (Piqué), i migliori due centrocampisti del mondo (Xavi e Iniesta), un attaccante di quelli che se ne vedono pochi (Villa), e 23 ottimi giocatori senza punti deboli. Un gruppo speciale, giovane, che ha saputo superare tutti i tabù accumulati in decenni di delusioni.

Iker alza la Coppa del Mondo

Iker alza la Coppa del Mondo

Ammetto di aver tifato nell’ordine Svizzera, Honduras, Cile, Portogallo, Paraguay, Germania e Olanda. Perchè è una nazionale in cui non mi riconosco di un paese che non riesco a vedere tale. Perchè adesso bisogna sopportare altri 2 anni di ego smisurato in strada e sui giornali. Perché mi da fastidio vedere re e regine alzando trofei. E perchè in fondo, chi mi conosce lo sa, ho una predilezione per la rottura di palle del prossimo.

Ciò detto, se ci proviamo, non è diifficile trovare alcuni motivi per gioire della vittoria: un nombre su tutti, Andresito Iniesta. Un ragazzo d’oro, con un talento smisurato, e che dimostra l’incapacità del calcio moderno di andare oltre stelle viziate, fidanzate spettacolari, tatuaggi e pettorali abbronzati. Perchè se così non fosse, non ci sarebbero discussioni per il pallone d’oro di 6-7 stagioni.

iniesta

Iniesta dedica il gol all'ex capitano dell'Espanyol, Dani Jarque, morto l'agosto scorso.

Per concludere, e per ricollegarmi al titolo del post, ricordiamo come vincere un Mondiale fa bene a qualunque paese, ma soprattutto a chi é da 2 anni sull’orlo del collasso sociale ed economico e si é svegliato con la notizia che l’euforia post-mondiale alzerá il PIL dello 0,2% rispetto alla previsione. Bene no? No. Perché in questo mese, mentre 50 milioni di spagnoli non parlavano di altra cosa che non fosse la roja, é stata approvata una quanto meno dubbia riorma del mercato del lavoro, che erano almeno 2 anni che serviva, e il Tribunal Constitucional ha emesso la sentenza attesa da 4 anni sullo statuto d’autonomia della Catalunya. Uno statuto approvato dal popolo catalano via referendum nel 2006, mandato in tribunale da un ricorso di un partito politico (mai visto in una democrazia?) e mutilato dalla sentenza del tribunale. Sentenza rimandata per 4 anni e dettata durante il Mondiale. La reazione catalana si è fatta sentire sabato con una manifestazione da un milione persone in città. Ma di fronte a una serata attesa da decenni, a milioni di persone in strada con le guance dipinte e la lacrima rigando il viso, beh, ubi maior minor cessat?

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Informazioni su Mauro Barbazza

Nato 25 anni fa a Varese, vivo e lavoro da quasi 3 anni a Barcellona. Dopo aver frequentato il Cairoli a Varese ed essermi iscritto a Scienze della Comunicazione a Milano, ho capito presto che l’Italia non mi soddisfaceva e l’esperienza Erasmus di 8 mesi a Utrecht (Olanda) mi è servita per confermare questa idea. Dopo la tesi su comunicazione e terrorismo, scritta a Bilbao studiando da vicino il caso ETA, sono stato intrappolato dalla capitale catalana, dove lavoro come consulente di comunicazione. Saró il vostro globetrotter da questa cittá contradditoria, contemporaneamente cosmopolita e nazionalista, luminosa e tetra, moderna e gotica.