Islam, banche e valori dell’occidente

Finisce un anno difficile, dove la crisi economica non smette di fare danni, il terrorismo mina nel profondo le nostre certezze, la politica arranca nel creare un po’ di benessere, la disuguaglianza del reddito cresce e diventa la cifra della nostra società, masse di profughi bussano alle porte dell’Europa. In tutto questo il dibattito riflette sul tema dell’Islam e allo stesso tempo irrompe sulla scena la grana delle banche avide e truffatrici. Apparentemente sembrano argomenti lontani ma forse, a ben vedere, sono facce di una stessa medaglia e siamo quindi obbligati a vederne le connessioni. Di fronte al pericolo di attentati da parte dell’IS (sedicente Stato islamico) o a fenomeni di immigrazione di massa, si ascoltano voci che contrappongono a queste minacce i valori dell’occidente cristiano, contrapposti alla barbarie di un Islam estremo e fondamentalista. Su questo punto non vi sono dubbi, i tagliagole dell’IS e i kamikaze suicidi sono “la barbarie” senza se e senza ma. Invece, sui valori dell’occidente cristiano bisogna fermarsi a riflettere quel tanto per scoprire che forse qui c’è un problema vero. Libertà, fraternità, uguaglianza, tolleranza, rispetto dell’altro, solidarietà, benessere, sviluppo, conoscenza, laicità dello Stato, ricerca scientifica, prospettive di vita, fiducia nello Stato, sono certamente sulla carta i nostri valori, ma l’interrogativo che irrompe è: li stiamo veramente perseguendo, onorando, consolidando e coltivando? Questo è il dubbio!banche
La fraternità la vede solo chi conosce il volontariato che nelle segrete sedi aiuta l’altro senza chiedere nulla in cambio, o nella struttura familistica di residui di comunità di vicini, parenti o ordini e club professionali, ma appena si esce da questi luoghi spesso (anche se non sempre) ognuno cerca di fregare il prossimo, che sia il professionista, l’artigiano o il commerciante, la banca o l’assicurazione. Viviamo con il coltello tra i denti nel timore di essere truffati dietro ogni transazione e scambio. L’uguaglianza è forse il più scandaloso dei tradimenti. Per citare Piketty – uno tra i tanti – la società del capitale sta creando una disuguaglianza strutturale a cui nessuno sa e vuole porre rimedio. La tolleranza poi, sembra essere estinta, quando orde di barbari bruciano i campi nomadi o se la prendono con la massa di poveracci che arrivano dalla guerra civile siriana. La solidarietà, parola oramai “vintage” è un residuato presente nelle strutture di uno Stato sociale costruito pazientemente nel dopo guerra ma che ora, inesorabilmente, l’ideologia liberista sta smontando pezzo a pezzo. Lo sviluppo è stato confuso con la crescita del PIL (prodotto interno lordo) che si nutre di distruzione, inquinamento, disastri ambientali, cementificazione e uso smodato di farmaci per poter avere il segno più alla fine dell’anno e si fatica a spiegare che sviluppo è esattamente il suo opposto, è un’altra parola e rimanda ad “altre” pratiche. Fiducia nello Stato? Non servono commenti perché i sondaggi la danno sotto le suole delle scarpe. Parliamo delle banche, delle assicurazioni, della finanza o delle multinazionali o ci fermiamo qui?IS
Il mercato e l’ideologia liberista stanno distruggendo il cemento collettivo fondato sui valori citati. Lo strapotere della finanza, la freddezza morale delle aziende multinazionali e l’antropologia del profitto stanno minando nel profondo i residui di valori che l’occidente ha costruito nei secoli dalla cultura greca alla rivoluzione industriale. L’occidente è allo sbando perché ha smarrito le proprie radici, abbandonato nella lussuria della crescita sfrenata, della ricchezza, del possesso di oggetti, dal confort e dalla competizione darwiniana per raggiungere posizioni socialmente riconosciute.
Il tarlo e la malattia sono diffuse nei gangli della nostra vita e non si vedono gli anticorpi nascere per difenderci. Lo stesso papa Francesco arranca e la sua voce si fa flebile di fronte all’arroganza della curia assetata di potere e potenza.
Un altro anno difficile finisce e forse il pensiero – perché non vinca la malinconia – va verso il fatto che serve un nuovo paradigma i cui i germi già si intravedono in tante realtà, in alcuni paesi, nelle esperienze delle transition town, negli imprenditori che decidono di prendere uno stipendio cinque o massimo dieci volte quello dei loro operai, nelle banche che aiutano le imprese del territorio e non comprano derivati in Asia, in persone che scelgono che i rapporti umani sono più gratificanti dell’iphone 6. Ma sono isole in un mare in tempesta e tuttavia segnano, come le bussole, la direzione a cui l’occidente deve volgere per recuperare i valori a cui dovrebbe aggrapparsi ma che ora sembrano affondare di fronte alle evidenze delle pratiche del nostro stile di vita quotidiano.

Il triste spettacolo del pensionato sceriffo

Quello del pensionato “terminator” che insulta giornalisti, la politica, dà lezione di condotta a destra e a manca, invitato da trasmissioni a dare il suo “autorevole” parere su come si trattano i ladri, sicuro di sé, ispirato dal demone della giustizia, è uno spettacolo triste, molto triste. A questo si aggiunge il deputato europeo della Lega che va in tv con la pistola e, mi pare, abbiamo oltrepassato il segno della decenza.pensionato
Rattrista il fatto che un tema così delicato, che coinvolge la vita di un giovane disperato, diventi un pretesto per invettive e chiacchiere anziché una vera occasione di riflessione.
La crisi ha spaccato in due l’Italia. Pochi hanno tanto e tanti hanno poco. Questo è il tema centrale: la disuguaglianza che si è accentuata sempre di più. E’ un fenomeno profondo in cui lentamente le élites e le oligarchie stanno riprendendo controllo del capitalismo finanziario e lo fanno smontando il welfare state, indebolendo i diritti acquisiti e delegittimando il pensiero critico. E in questo la politica italiana non fa che sottoscrivere supina, senza idee, senza progetti e senza midollo: funzionale alle dinamiche progressive dell’ideologia liberista dilagante, seppur perdente.bonanno
Sono anni difficili in cui la povertà, la disperazione, la disoccupazione hanno minato le fondamenta di una comunità che si regge sul principio di solidarietà. E l’acqua del benessere raggiunto che si ritira lascia affiorare le peggio pulsioni. Così non ci stupiamo che uccidere diventa un atto di eroismo quando dovrebbe essere drammatico sempre e comunque. Il tema, lo ripeto, è come impedire – dall’alto – che la disuguaglianza crei una spaccatura nella collettività e si scateni la guerra dei poveri. Non credo che gli Sati uniti d’America siano l’esempio da seguire. Proviamo a vedere come mai nei paesi scandinavi, non si vedono poliziotti nelle città e il tasso di delinquenza è più basso. Le società competitive e disuguali sviluppano invidia e risentimento sociale, le società collaborative sviluppano pace sociale. Pensieri semplici e comprovati ma che faticano ad essere condivisi.

La progettazione di spazi urbani e l’idea di socialità.

Nel suo libro “I bisogni degli altri” M. Ignatieff dice che quello che non si sa vedere, non lo si può dire e quindi non lo si può rivendicare. Prima serve definire i bisogni delle persone, poi elaborare un linguaggio per poterne parlare e infine la politica dovrebbe saper intervenire su tali bisogni. Ma quali sono i bisogni fondamentali delle persone? Perché la politica non parla di questioni che sono prioritarie per le persone?città1
I bisogni fondamentali sono quelli di socialità, di solidarietà, di vicinanza, affetto, reciprocità, i bisogni che hanno a che fare con la sfera più profonda di noi stessi quella legata alla dimensione dell’identificazione al gruppo, alla famiglia, al vicinato, al quartiere, agli altri, al prossimo. Ma lo strapotere del principio “interesse” ha spazzato via questi aspetti dalla vita della politica per lasciare spazio solo alle spinte di interesse tra costruttori e speculatori, affaristi e furbi, agenzie immobiliari e commercianti scaltri oltre ai furbi di ogni sorta. Domina la logica economica degli interessi e del profitto e si instaura di conseguenza una gerarchia di potenza. Chi ha mezzi fa pressione sulle gerarchie decisionali e diviene protagonista della progettualità urbana.
Gli spazi urbani cominciano ad assomigliare alle dinamiche degli interessi: prevalgono i problemi di infrastrutture, viabilità, ci si occupa delle industrie, della rete commerciale, la grande distribuzione diviene il nuovo luogo della liturgia dei consumi, come vera forma nuova di socialità contemporanea. Si diradano fino a scomparire gli spazi gratuiti, le piazze, gli arredi urbani, i luoghi di socialità, i percorsi verdi, l’acqua, le terrazze, gli alberi, i bar, le zone pedonali. E le città moderne si deformano fino a diventare luoghi invivibili e brutti. Si pensi al contrario a cosa è stata la Parigi capitale del XIX secolo come la racconta Walter Benjamin…..Città 2
Oggi la gente si rifugia nei centri commerciali anche di fronte alla mancanza di offerte alternative.
La logica dell’interesse privato si sostituisce a quella della progettualità dello spazio pubblico, pensato, gestito e ideato dal sistema pubblico, per la cittadinanza pensata nel suo insieme. E chi può superare questa impasse se non la politica? Solo coloro che gestiscono la cosa pubblica e che hanno il respiro di una visione dall’alto del bene collettivo. Per questo la politica dovrebbe ritrovare l’autonomia della decisione dai poteri economici e imporre la sua visione della città, come luogo della vivibilità, dello scambio, dello stare insieme a condividere esperienze in luoghi gradevoli, consumando cultura piuttosto che oggetti, facendo esperienza di luoghi e costruzioni che esprimono la genialità e la creatività di architetti e ingegneri che hanno ascoltato poeti e sociologi così da ripensare lo spazio Città3pubblico in modo più umano e funzionale a crescere cittadini migliori. Ancora un’utopia?

Giornalismo e mercato

Anche la notizia è merce nella società dominata dal mercato. Così per attirare l’interesse di un lettore il giornalista che abita il mercato deve scovare notizie vendibili, ricamare su notizie appannate, rendere appetibili notizie poco digeribili a volte inventarle di sana pianta e spesso andare a ricamare su notizie che piacciono alla gente che piace. Così in questi giorni tornano sulle prime pagine dei giornali l’eroe negativo Corona, che fa notizia perché si fa selfie (autoritratto) appena uscito da galera, la Brambilla che si sente madre dei cani di Berlusconi, Berlusconi preso nel dubbio amletico se seguitare sul patto del Nazzareno oppure stringere un accordo con la Lega e “last but not least” anche l’Umbertone nazionale che piange per essere stato depotenziato dall’ultimo filo di potere residuo che deteneva nel suo partito. Il mondo giurassico che sembravamo esserci lasciati alle spalle ritorna prepotentemente a toglierci il sonno. Tutto questo succede forse per una giornalismocontrazione dell’enorme ego Renziano dopo la batosta delle elezioni amministrative?Il giornalismo del mercato fa quello che può, del resto deve vendere anche lui qualcosa per esistere, ma l’idea di reiterare trasmissioni sui Rom perché il tema piace a Salvini ( che gli fa guadagnare voti liquidi che vanno così come sono venuti), vedere trasmissioni sul tema dell’omosessualità gestita come un incontro di box tailandese, vedere i ricatti di Renzi sulla “pessima” riforma della scuola, sembra una marmellata che è specchio di un Italia smarrita che stenta a ritrovare una via che non sia solo una timida crescita economica. Forse, di Giornalismo 2questa Europa in crisi varrebbe la pena viaggiare per imparare il meglio di quello che nei paesi europei si fa: il giornalismo anglosassone, il sistema di trasporti svizzero, il welfare state dei paesi scandinavi e via così. Copiando e imparando il meglio che c’è sulla scena europea, forse anche all’Italia rimarrebbe impigliato qualcosa di virtuoso.

Una dietrologia sui migranti

“A pensar male, si sa, si fa peccato”….. recita un celebre adagio popolare e allora proviamo a farlo fino in fondo. E’ molto vero che trovare soluzioni all’enorme emergenza dei migranti che dal continente africano spingono per venire in Europa non è così facile. Chi sono gli interlocutori? Chi ha interessi in questo fenomeno di massa? Chi vuole rischiare nel prendere vere decisioni? In questo immobilismo forse c’è qualcuno che il proprio interesse lo trova. E non parlo dello scandalo pernicioso di mafia capitale in cui organizzazione malavitose si arricchivano con i fondi per migranti, popolazioni rom, etc. Mi riferisco all’interesse che può esserci nell’afflusso di manodopera a basso costo, in buone condizioni fisiche, poco rivendicativa che rappresenta il migrante medio dai paesi del migranticontinente africano. Mentre la politica si affanna a non decidere, a non saper decidere, a darsi battaglia per il consenso sfruttando il malessere, la rabbia e il disagio dei cittadini in modo strumentale e anche cinico, forse qualcuno vede l’opportunità. L’economia mondiale ristagna e l’unica strategia che l’occidente capitalistico sta adottando per competere sui mercati mondiali è lo schiacciamento dei salari. In Germania come in Italia la tendenza a comprimere i costi schiacciando e precarizzando il lavoro è una tendenza che il mercato ha avviato da diversi lustri. La presenza di migranti giovani, clandestini a bassissimo costo, forse suona come un’opportunità per molti cantieri, aziende agrarie, famiglie bisognose di badanti, la ristorazione, i lavori temporanei stagionali etc. etc. Qualcuno può trovare vantaggioso un flusso di lavoratori a basso costo e mentre l’indignazione sale, qualcuno nell’ombra si sfrega le mani. Se poi pensiamo che i migranti hanno tendenza a fare più figli di noi italiani, forse è proprio il caso di dire che migranti 2abbiamo preso due piccioni con una fava, al netto delle urla ipocrite che ascoltiamo dalla politica politicante. E scusate se è poco!

Regionali: hanno perso la politica e le regioni

In fondo abbiamo perso un po’ tutti: Renzi se non ha merce di scambio (80 euro) non stra-vince, la Lega si rinforza un po’ se urla e fa paura quando siamo dentro una crisi, ma non possiede un progetto politico e si scioglierà come neve al sole come già è successo ritornando alle sue percentuale da prefisso con i risentiti del nord. La destra di Berlusconi, partito azienda, ha fallito nel progetto (rivoluzione liberale) e nel suo leader (condannato e senza più credibilità). Il movimento 5 stelle nel suo cambio di strategia un po’ resiste perché nel lavoro silente di gente onesta che dice poche parole concrete si annida un po’ della svolta che la politica dovrebbe fare quando parla di reddito di cittadinanza, liste pulite, e alcune cose concrete e comprensibili. Il Pd, nella sua nuova forma carismatica dell’uomo solo al comando del famoso “ghe pensi mi” si è scollato dalla base territoriale e ha tradito il concetto di sinistra intesa come tutela delle fasce deboli, dell’ambiente, dei pensionati etc. e con le riforme della “buona scuola” e il “job act” di liberista concezione non ha certo convinto chi è socialdemocratico di fede. La legge elettorale poi è un pasticciaccio che farà forse l’effetto da boomerang. governatori
Metà degli elettori non sono andati a votare e ci si stupisce? Le regioni sono un covo di malaffare, corruttela, spartizione di potere, tangenti e favori. I governatori sono dei piccoli imperatori locali che fanno il bello e cattivo tempo e la mancanza di una classe dirigente preparata e competente fa il resto. Ricordiamoci il Piemonte di Cota, la Lombardia di Formigoni, il Lazio della Polverini e Marrazzo e  il Veneto di Galan. La gente non è scema e forse ha anche un po’ di memoria. Ci si affanna a dichiararsi vincitori governatori2quando i numeri sono talmente esigui che forse, senza gli elettori per i comuni avremmo avuto ancora meno partecipazione. E allora si controllano 10 regioni con quanti voti?
Il movimento franoso non si è arrestato, ha solo cambiato vesti e profilo, probabile che la protesta sotterranea che in Grecia e in Spagna diventano potere reale, se gestita bene dal movimento 5 stelle potrebbe anche dare grandi sorprese al prossimo giro di valzer. A suivre…

Renzusconi

Dai, qualcosa è migliorato in Italia. Berlusconi aveva preso il potere per tutelare i propri affari e ha fatto dello Stato una sua carrozza personale imbarcando “nani giganti e ballerine” (è solo un modo di dire, molto rispetto per tutte e tre le categorie) in tutti i posti chiave della complessa macchina statale. Risultato: un flop gigantesco, nessuna politica, nessun progetto, nessuna visione di insieme della società se non le tristi immagini da basso impero che tutti conosciamo al suo epigono.
Matte Renzi invece ama il potere ma non per farne un uso personale e interessato in termini di benefici economici. Quello no. A lui piace il comando, la concentrazione di potere e in modo spregiudicato va a prendersi i voti dove ci sono: sinistra e soprattutto a destra. Matteo Renzi non fa politiche social-democratiche, di sinistra. Non è un uomo di sinistra anche perché l’Italia non è di sinistra e se vuoi il potere, se vuoi comandare devi essere un centrista “democristiano”, come lo è lui. Ma, astuto come una volpe, prima ha scalato il partito democratico e poi il potere per arrivare al governo, senza alcuna legittimazione popolare.Renzusconi3
Fa meglio di Berlusconi le politiche liberiste, amico della finanza che conta e del capitale, crede ancora che la crescita e il benessere della società debbano venire solo dalle imprese che producono scaricando le incertezze e le precarietà sulle classi più deboli: lavoratori dipendenti, operai, pensionati: la colonna che sorregge le spese della macchina statale. Non va a prendere gli evasori, non tassa il capitale, non sorregge la domanda aggregata per la via dei consumi privati e non lavora per incrementare le naturali vocazioni italiane alla cultura, turismo, enogastronomia, etc. Annuncia e scappa e fa della velocità il suo stile senza accorgersi che oramai questa tecnica non convince più quel popolo di sinistra che si aspettava più giustizia sociale, una distribuzione più equa del reddito, più attenzione all’ambiente, più investimenti profondi che rendessero il nostro paese più competitivo dopo anni di svalutazioni competitive usate come doping all’economia.PD Forza italia
Dai, va un po’ meglio, non parliamo più di “bunga bunga” e non vediamo le corna nei consessi internazionali o i cucu alla Merkel, non siamo obbligati ad ascoltare Bondi o la Rapetto in Tv e forse, in un’epoca minimalista, da rassegnati collettivi che siamo, forse può bastare, ahimé.

Il complesso di sudditanza dagli U.S.A.

E’ vero, abbiamo perso l’ultima guerra mondiale e le forze anglo-americane hanno dato per questo un importante contributo di vite umane per liberarci dal nazi-fascismo. Non potremo che esserne eternamente grati. Ma dov’è il limite di questa infinita gratitudine? Prendo spunto dalla porcheria che il comitato per la Coppa America di vela ha compiuto in questi giorni cambiando le regole in corso d’opera e spiazzando il team italiano di Luna Rossa capitanato dall’imprenditore Patrizio Bertelli. Una vera vigliaccata che spiazza il team italiano che con grande dignità se ne esce dal circo della prossima edizione della Coppa America. Peccato! Ma può essere uno stimolo per riflettere brevemente su questi ultimi vent’anni e sul comportamento degli Stati uniti d’America nel mondo. I diversi interventi di guerra in medio-oriente sono stati un disastro costruiti o sulle menzogne (armi di distruzione di massa) oppure fatte senza alcune prospettiva del dopo, lasciando più incertezze e instabilità di quanto ce ne fosse prima.coppa america

E si è poco  parlato delle responsabilità della “grande crisi economica” 2007-2015 che sta ancora affliggendo molti paesi occidentali, ma un responsabile c’è e ha un nome e cognome  e questi sono proprio gli stati uniti d’America. Il binomio Alan Greenspan-George Bush ha prodotto delle mostruosità nella finanza liberalizzando e permettendo ingegnerie di prodotti finanziari molto spregiudicati. Questo ha dato vita ad un corso economico fondato sull’azzardo, la liquidità in eccesso e le scommesse che ha portato al disastro dei mutui sub-prime e alla più grande crisi economica che il mondo abbia conosciuto forse di entità pari a quella del 1929.bush_greenspan.gi.top

Tempo è venuto che almeno se ne parli, che ci si renda conto che ancora siamo sotto gli effetti del new-deal: leggiamo romanzi statunitensi, le sale cinematografiche sono inondate di film “americani”, mangiamo MacDonald e ci illudiamo che quello stile di vita sia quello della libertà e dei sogni. L’Europa un po’ si è svegliata, l’Italia, da perdente, un po’ meno. Quel tipo di capitalismo predatorio, estremo, finanziario sta volgendo al termine, ha fatto più danni di quanto abbia creato benessere e ora, come un impero decadente sta lasciando lentamente lo spazio ai grandi colossi emergenti come la Cina, l’India, il Brasile e la Russia. Non sappiamo come saranno gli anni a venire nel mondo ma almeno il dominio unico degli Stati Uniti d’America dovrebbe finalmente terminare.

La feccia della società

Compare in TV ad un certo punto un leghista che si chiama Buonanno e tuona che i Rom sono la feccia della società. Tv e giornali riprendono il frammento e lo mettono in prima pagina. Perché? La domanda è perché dare spazio al delirio di una persona ignorante che per guadagnare ascolti e consenso a buon mercato si mette a sbraitare sciocchezze? Che lui non sappia fare altro è un problema suo, che i giornali gli diano risalto è un problema di tutti. Non credo che il sig. Buonanno conosca la storia dei Rom e gli consiglio di leggersi qualcosa perché è tanto avventurosa quanto affascinante e misteriosa. Ricordiamoci anche che sono stati sterminati circa mezzo milione di zingari nei campi di concentramento.  Poi, quando Romscaviamo appena sotto la superficie, a parte i luoghi che noi italiani gli ritagliamo come spazi di vita nelle nostre sordide periferie e a parte una piccola delinquenza legata a furti o altri reati minori i Rom proprio non possono essere rimproverati di nulla se non compatiti per le difficoltà e la marginalità a cui la nostra società li costringe. Altra cosa forse è prendere soldi pubblici e spenderli per ristrutturare terrazze, comperare imbarcazioni, acquistare diamanti e tentare la compravendita di lauree in Albania o posizionare i figli in posti pubblici che non meritano. Reati molto peggiori, più fastidiosi, certamente di cui doversi vergognare e chiedere scusa alla cittadinanza tutta. Il processo di semplificazione interpretativa che la Lega di ieri e di oggi ha sempre messo in campo – urlando ai quattro venti ridicolaggini – sembra far presa sull’opinione pubblica Buonannoesasperata e che non comprende le ragioni del proprio malessere e della propria povertà. Così costruirsi un nemico simbolico serve a sfogare la propria frustrazione e il proprio malessere guadagnando consenso a buon mercato. Propongo allora, visto che il compito dei Rom è quello di catalizzare l’ira e la disperazione della povera gente, di istituire un fondo di risarcimento per le accuse, per i comportamenti vessativi, per le menzogne e le sparate dei Buonanno di turno, cosicché anche loro ne possano avere un qualche giovamento. Invece ai giornali, ai siti web e alla Tv dovremmo chiedere e pregare di togliere l’audio alla stupidità umana.

La vergogna è senza fine

Sono un compositore iscritto alla Siae, la società italiana degli autori ed editori il cui presidente è Gino Paoli, cantautore ligure, famoso nel mondo per le sue bellissime melodie. Apprendo che il nostro presidente è fortemente preoccupato al danno di immagine che gli verrebbe dal fatto che molto probabilmente sta emergendo che ha evaso al fisco italiano la bellezza di due milioni di euro. Paoli
Forse Gino Paoli era stato messo al vertice della Siae proprio perché rappresentava una faccia pulita che finalmente voleva occuparsi di un settore monopolistico che tanto assomiglia ad una lobby dove nelle passate gestioni che si sono alternate non sono mai riuscite a farla diventare un organismo veramente trasparente a tutela degli autori ed editori. Ed eccoci che ci risiamo, anche la faccia pulita di Gino Paoli si rivela essere un incallito evasore alla veneranda età di ottant’anni e la sua preoccupazione resta solo quella di tutelare la sua di immagine, non il danno di credibilità che arreca a tutto il mondo dei soci siae, al mondo della cultura e all’Italia degli autori ed editori, dimostrando di non essere all’altezza del compito? Il suo commercialista gli suggerisce di attendere nel dimettersi dalla carica di presidente ma noi piccoli soci vorremmo suggerirgli di farlo al più presto. “Senza fine, tu trascini la nostra vita” e scivoli nel più antico degli italici vizi della scorrettezza. Ma non c’è proprio nessuno in grado di esercitare con dignità il compito che gli è stato affidato?