Termina “l‘avventura” della barca italiana “Luna rossa” nella sfida per la Coppa America di vela, sconfitta dai neozelandesi. Succede, certo, ma cosa rimarrà di questa edizione delle selezioni per la sfida per la famosa coppa? Liti, avvocati, ricorsi, proteste, ahimè un morto, la supremazia della tecnologia sulle abilità e una vagonata di milioni di euro spesi per uno spettacolo da formula uno del mare.
Una coppa america triste, forse poco seguita e poco entusiasmante, dove vincono i martinetti idraulici, le pompe, le centraline elettroniche e i software. E’ questa la vela di oggi oppure è la vela che si è piegata alla supremazia di una tecnologia tirannica che schiaccia l’uomo fino ad ucciderlo per la pericolosità di queste macchine da velocità che nulla hanno di aggraziato?
Si tratta ancora di una metafora della modernità, dove la tecnologia la fa da padrona e dove l’uomo è un informatico che parla con un ingegnere che si arrampica sulle vette dei materiali più spinti ed estremi. E in tutto questo gli uomini sono dei funzionari che devono tenere a bada la complessità tecnica e dove vince l’efficienza e non l’abilità.
Non serve la velocità nella vela, ma serve costruire belle barche, molto simili dove si confrontano timonieri esperti ed equipaggi affiatati, per mostrare che la filosofia dell’andare per mare è tutt’altro: vento, silenzio, intesa di persone, regolazioni fini e destrezza, sicurezza e passione. Non abbiamo assistito a nulla di tutto questo e non ho cercato neanche di vedere le competizioni. Un triste spettacolo che ha sepolto uno sport meraviglioso, per fortuna lasciato ancora nelle mani degli umili diportisti.