Salvini e i Rom

Da Berlusconi a Renzi a Salvini, ma cosa abbiamo fatto di male per meritarci tutto questo?

Salvini in questi giorni sembra un bambino che ha ricevuto un regalo più bello di quello che si aspettava. E’ spumeggiante, galvanizzato, eccitato per il nuovo gioco (ruolo) che si ritrova tra le mani. E che fa? Si scaglia contro il piccolo frammento più fragile della società italiana: i Rom, 0,23% della popolazione italiana.

Pensavo cominciasse il suo mandato da mafiosi, ‘ndranghetisti infiltrati nelle amministrazioni del nord, evasori incalliti, parassiti della pubblica amministrazione, fannulloni delle partecipate, evasori delle grandi aziende che con la loro furberia non pagano tasse all’erario. E invece no. Il neo ministro Matteo se la prende con i più deboli. Verrebbe da chiedersi – e nell’aria già risuona – se fare i gradassi con i più deboli non sembri più un gesto da bulli che da statisti?
I Rom un tempo erano una popolazione gioiosa, quando arrivarono in Italia intorno al 1470. Nomadi, artisti, artigiani, ballerini, allevatori di cavalli e addomesticatori di orsi. Un popolo tranquillo che si posizionava nelle periferie della provincia Italiana per portare una ventata di leggerezza, spettacoli e prodotti di artigianato (erano spesso abili nel lavorare il rame).

Oggi vivono in campi spesso degradati. La domanda allora da porsi è: sono loro che amano il degrado, oppure la società è cambiata e oggi rifiuta quello che ieri accettava di buon grado, quando erano invitati a fare spettacoli o a vendere i loro beni o a mostrare le loro arti? Va da sé che è la società che è mutata e potendo fare a meno di loro li ha abbandonati al degrado, loro che non sanno essere moderni, tecnologici, “civili” come lo siamo diventati noi. Loro che non tutti vogliono case di muratura, un lavoro fisso e integrazione come noi la concepiamo. Loro sono nomadi e vogliono vivere in modo diverso. Allora mi verrebbe da dire al sig. neo ministro degli interni: “vai a parlare con i capi del loro popolo e cerca di capire che cosa vogliono per uscire dal degrado e poter vivere come vogliono senza dover strisciare nella melma dei campi nelle periferie”. Forse porta meno facili voti ma c’è il rischio che si possa mettere sul tavolo un piano per sanare il degrado e offrire loro spazi, aree, infrastrutture per salvaguardare la loro identità e stile di vita, senza ricorrere a tristi pratiche di schedature. Il nuovo gioco Salvini, devi imparare ad usarlo, perché ora sei grandicello e non si può scherzare con la vita delle persone e se a qualche testa calda gli viene in mente di seguirti e fare gesti inconsulti contro i Rom, tu ne saresti responsabile. Pensaci neo ministro degli interni!

La finanza e Renzi, i due protagonisti

A volte la storia sbanda e mostra le sue fattezze più intime, quelle belle e quelle più inquietanti. Ieri è stata una giornata dove alcune verità si sono disvelate con forza e virulenza tali da lasciare tutti senza parole.

Fintanto che si parla di finanziarizzazione del capitalismo, sono parole che risuonano talmente tante volte pronunciate da perdere il loro significato. Ma quando il presidente della Repubblica italiana agisce la paura che i mercati si “divorino” i nostri risparmi, allora capiamo chi decide veramente le cose: la finanza. Non l’economia, non le imprese, non la politica, neppure l’Europa bensì gli speculatori, le banche d’affari, le società di intermediazione mobiliare, i fondi pensione, i broker, i soggetti che operano liberi in borsa per capitalizzare, per guadagnare, per fare profitti dallo spostamento di ricchezza e non dalla creazione di valore aggiunto. Sono loro i veri protagonisti del potere e ieri lo abbiamo visto in modo forte e chiaro.

Global Exchange

Mattarella ha agito nelle sue prerogative, ma ha agito spinto dalla paura che i “mercati” si liberassero del nostro pesante debito pubblico dovendo alzare il prezzo del rischio delle nuove emissioni dei titoli di stato, facendo fuggire investitori e risparmiatori dal bel paese.

Nessuno sa se la sua paura fosse fondata e nessuno sa neanche se il leader della Lega ha forzato la mano per poter andare alle elezioni capitalizzando il risultato svuotando il bacino di elettori berlusconiani e anche parte dei 5 stelle.

Ma un responsabile di tutto questo c’è e ha un nome e cognome: Matteo Renzi che ha agito in due mosse questa catastrofe. Primo, ha dato vita alla peggior legge elettorale con l’intenzione di fare l’accordo con Berlusconi e tagliare fuori Lega e 5 stelle. Gli italiani se ne sono accorti ed è rimasto tagliato fuori lui. Secondo, è entrato a gamba tesa sull’ordito che vedeva il PD di Martina cercare un accordo per far partire un governo 5 stelle con il possibile controllo da parte del PD per fare in modo che non ci fosse una deriva populista estrema alleandosi con la Lega. Il combinato disposto di queste due mosse da grande statista ci ha fatto finire in questo “cul de sac” che risulta pericoloso e dagli esiti incerti.

Sottoscrivo le parole della vedova d’Antona che ha detto chiaramente che Renzi è entrato in casa nostra, ha sfasciato il mobilio e ora siede con i piedi sul tavolo in salotto mangiando pop corn, ma cosa aspettiamo a cacciarlo via? Appunto, poiché lui da solo non se ne va, proviamo a chiedergli noi di andarsene….. lontano!

Dov’è la sinistra?

Il PD renziano se ne assumerà la responsabilità di aver lasciato che il movimento 5 stelle andasse alla deriva verso l’inquietante destra salviniana. L’arroganza di Matteo Renzi porta con sé, non solo il suo tracollo ma ha seppellito quel che di buono c’era nella tradizione social-democratica italiana, lasciandoci con il pericolo di un governo dalle mille incognite. L’umiltà del PD si sarebbe dovuta manifestare nel fare da argine e contenere gli istinti
populisti combinati dei 5 stelle e della Lega ma Renzi non conosce l’umiltà, non riconosce la sua sconfitta che dura da lustri e continua nell’opera di distruzione e scarnificazione dei valori della sinistra in Italia. Renzi e il suo PD – fatto di molti “yes man” – non ce la fa a riflette sul proprio disastro, non sa fare auto-critica, e rischia di sprofondare  nell’insignificanza politica mentre il il condannato in via definitiva  di Arcore riprende il passo dettando le regole e distribuendo le carte. Un panorama desolante e sconcertante. Proviamo a chieder conto di cosa vuol dire essere di sinistra:

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– La disuguaglianza di reddito è cresciuta negli ultimi anni: dov’è la sinistra?
– L’Italia non ha un piano energetico, un piano industriale, non sa dove andare, che vocazione avere, dove concentrare le proprie energie e risorse nel prossimo futuro di medio termine: dov’è la sinistra?
– I giovani sono sottopagati e sfruttati in piccoli lavori precari: dov’è la sinistra?
– Le banche vengono salvate mentre i risparmiatori truffati dall’avidità perdono i loro risparmi: dov’è la sinistra?
– Turchia e Spagna incrementano le quota di turismo mentre il “bel paese” fatica pur avendo risorse  infinite in termini di cultura, storia, ambiente e bellezze naturali: dov’è la sinistra?
– Le grandi imprese inquinano, non si vedono normative adeguate quando la pianura Padana sforna morti come da nessuna altra parte per inquinamento eccessivo: dov’è la sinistra?
– I paesi del nord Europa fanno politiche per la sostituzione delle fonti fossili per la produzione di energia ed elaborano piani di mobilità sostenibile nelle città: dov’è la sinistra?
– La nostra agricoltura fa ancora ampio uso di pesticidi e di chimica nel suo ciclo produttivo quando l’agro-ecologia è già una realtà operante e produttiva: dov’è la sinistra?- Le “città di transizione” sono 1500 nel mondo e tantissime in Europa mentre in Italia ce n’è una sola e stenta a svilupparsi: dov’è la sinistra?
Il fallimento del PD sta proprio nell’aver tradito i suoi valori fondamentali e con loro il suo popolo, seguendo la seduzione del liberismo e del mercato, fino ad essersi smarrito sul cammino. Chi tocca i fili muore, chi abbraccia il liberismo ne rimane ferito, si tratta quindi di cambiare rotta in modo radicale, ma per far questo il PD deve cambiare la propria classe dirigente berlusconizzata.

Auguri!

Il caso (umano) Renzi

Più che ad un politologo o ad un filosofo della storia, il caso di Matteo Renzi andrebbe sottoposto ad uno psicologo delle personalità narcisiste.

Il caso che definirei “umano” del senatore Renzi, rappresenta una farsa della politica italiana, forse un personaggio della commedia dell’arte, da affiancarsi al governatore della Campania, il terrificante Vincenzo De Luca.Renzi de luca

Renzi è riuscito a fallire quasi tutto quello che ha tentato di fare, al netto dell’elemosina degli 80 euro e di alcuni provvedimenti sui diritti civili. Per il resto, il suo più grande risultato è stata la rottamazione di se stesso e ora del partito democratico. Con pochi anni di potere ha distrutto una tradizione che per quanto zoppicante, rappresentava ancora un ancoraggio ai valori di una socialdemocrazia che poteva rappresentare un asse di riferimento in un Italia spazzata da populismi, radicalismi e fascismi crescenti ai tempi della più profonda crisi economica. Invece il monello Renzi è riuscito a massacrare tale tradizione portando il PD nel gorgo dell’insofferenza che ha spinto gli elettori a scappare verso il movimento 5S e verso la Lega. Ma non contento del disastro sta sottocoperta con il megafono nelle mani menando fendenti e dettando la linea ai suoi luogotenenti come fosse il capitano della nave imbracciando veti e contando i numeri delle sue armate. Un gioco infantile sulle spalle di una tradizione politica e soprattutto sulle spalle degli italiani. Il caso umano Renzi avrebbe dovuto essere disarcionato da tempo ma la forza della nevrosi è potente e neanche gli uomini del partito riescono a scrostarlo dal suo gioco al massacro.

Questa classe dirigente del PD ha fallito e con lui i suoi uomini e rappresentanti che ora si ostinano a voler restare sotto i riflettori. La sinistra in Europa deve ripensare se stessa ma in Italia dovrebbe dimettersi in blocco e lasciare lo spazio a persone nuove, idee nuove che abbiamo un pensiero di medio-lungo termine, in grado di avere una visione della società e ripensare l’economia.Sandinavia

Tra investimenti per la sostenibilità, investimenti in tecnologie avanzate, sviluppo del turismo, della cultura, nel ruolo della piccola e media impresa che si converte con procedure di green-economy, la lotta alla povertà finanziata con la cronica evasione recuperata, un ruolo in Europa per rivedere i trattati, legislazione ambientale, mobilità sostenibile e compagnia cantante, di strada da fare ce n’è tanta e anche affascinante ed entusiasmante. Ma fino a quando questi piccoli uomini narcisi aggrappati al loro piccolo potere non se andranno a fare altro, difficile immaginare che l’Italia possa assomigliare adun paese come quelli della scandinavia che dimostrano che molte cose si possono fare. Perché attendere i forconi oppure derive autoritarie?

Il “Pierino” Renzi è recidivo

Molti dei voti andati ai 5S vengono dal PD. Elettori stufi del “liberismo di sinistra” sono migrati verso nuove speranze. Il PD è crollato, il suo segretario fa finta di dimettersi, candidandosi insieme ai fedelissimi al senato, per controllare gli esigui numeri e per bloccare l’appoggio, quale che sia, ad un governo 5S. Pura vendetta, risentimento, miopia, di un uomo che ha perso tutto, e ora trascina anche gli italiani nella sua vergogna. La responsabilità del PD di lasciare campo libero all’accordo dei 5S con la Lega di Salvini e FI di Berlusconi è grande e se il mariuolo Renzi con i suoi accoliti insiste su questa strada, alle prossime elezioni si attesterà a percentuali grottesche rischiando l’estinzione e facendo macelleria di una importante tradizione social-democratica. Pur osservando il tentativo interno al PD di liberarsi dal livore e risentimento renziano, l’appello è ai dirigenti del partito perché non lascino il governo nelle mani della lega e con umiltà appoggino il vincitore 5S per dar vita ad un governo che abbia una qualche forma di anima nonostante il pericolo della politica dei due forni si prospetti all’orizzonte.Renzi Pierino

Il movimento 5S sa che molti voti ricevuti sono transfughi del PD che glieli hanno solo temporaneamente “prestati” e sono pronti, a fronte di un governo 5S-Lega, a riprenderseli alla prossima possibile tornata elettorale. Che per una volta vengano prima i cittadini rispetto all’ambizione di pochi oligarchi di partito, che diamine!

Renzi l’infingardo

Ora tutto è chiaro, Renzi mostra scarso interesse per l’Italia e per gli italiani, a lui interessa sostanzialmente il potere, gode nel comandare,  essere il capo, l’uomo solo al comando, per poter ora vendicarsi e giustiziare politicamente gli avversari, scaricando sugli “altri” la responsabilità del fallimento della sua politica neo-liberista. E’ un uomo ferito, molto ferito poiché anche lui – come il compare Berlusconi – è tristemente avviato sul viale del tramonto dopo aver perso tutto quello che poteva perdere, anche se aveva vinto magistralmente, cosa che sarebbe riuscita a pochi. E’ stato nuovamente sconfitto dall’elettorato con un risultato umiliante. Però  non vuole mollare la presa e blocca qualsiasi possibilità di apertura del PD al primo partito uscito dalle urne: il movimento cinque stelle. Sta lì per impedire un accordo. Il movimento ha indicato tre ministri economici che hanno il cuore a sinistra, certamente più a sinistra del PD renziano. Una grande occasione per il PD per essere nuovamente una forza social-democratica, ago della bilancia e appoggiare quei provvedimenti di politica economica realmente di “sinistra”. Forse proprio per questo Renzi non vuole, perché non è un uomo di sinistra ma è solo un uomo di potere. Gli accordi con Berlusconi erano più facili perché entrambe erano interessati alla plancia di comando, uno per i propri interessi aziendali  l’altro per la vertigine del comando e per la sua personale ambizione politica.renzusconi

Ma gli italiani hanno parlato, e con il 73% di partecipazione, hanno parlato chiaro. Ora sta ai colonnelli del PD cacciare l’infingardo e metterlo in punizione nello sgabuzzino, perché oltre che umiliare il partito, aver distrutto l’immaginario e il progetto di una vera sinistra socialdemocratica, ora sta trascinando il paese nel caos, lasciandolo in mano alle destre oppure nell’incertezza di non avere un governo. Forse proprio il movimento 5 stelle rappresenta oggi la nuova forza social-democratica attenta ai più deboli, all’ambiente, al mezzogiorno e con il coraggio di sfidare le regole che l’Europa impone. Se questo blocco riuscirà  a seguito delle dimissioni truffaldine del segretario Renzi, non saranno le monetine di craxiana memoria a fargli danno ma i potere 2forconi degli italiani arrabbiati. Ci pensi su il pierino della politica italiana, prenda atto della sonora sconfitta e se ne vada a riflettere sui suoi errori nelle belle colline toscane e lasci il posto a chi vuole provare a cambiare qualcosa  proprio nella direzione che lui ha tradito. Gli italiani lo hanno chiesto!

L’origine del disincanto

I dati sono disarmanti, tra coloro che non votano, che sono nauseati, smarriti, indecisi, insofferenti e disincantati dalla politica e dai partiti. I partiti sono al minimo storico della loro credibilità e il nuovo che avanza invecchia alla velocità della luce così da alimentare ulteriormente il disincanto che si fa cronico. Ma perché la politica non riesce ad incidere sulla vita dei cittadini in modo serio, profondo? Perché la politica non ha un’idea di futuro, non ha un progetto di società da offrire ai suoi elettori? Perché i partiti sparano promesse poco credibili illudendo i cittadini oramai indifferenti alla cosa pubblica?Disincanto 2

Proviamo a dare una lettura al fenomeno. La politica è diventata minimalista, oligarchica e autoreferenziale: pensa a conservare il potere che ha faticosamente conquistato. Gli spazi di manovra per incidere con un vero progetto sulla realtà economica e sociale è bassissimo. Da una parte l’Europa detta vincoli, impegni, regole e diktat per cui i governi nazionali devono muoversi negli spazi interstiziali, sempre rispettando con molta fatica i molti vincoli  e gli impegni molto gravosi: pareggio di bilancio, politica monetaria sottratta alla sovranità nazionale, parametri di Maastricht, politica agricola comune, standardizzazione dei prodotti alimentari, quote di produzione,  finanziamenti decisi da 27 paesi che si accordano a fatica sulle scelte. Per cui un’ Europa che dà regole, vincoli, ma non ha una visione del futuro, non riesce ad avere una fiscalità comune, non vuole avere un solo esercito  per risparmiare soldi sulla voce difesa del proprio bilancio.Goldman

Poi c’è l’influenza della finanza che è la vera regista del film, unitamente agli organi che la circondano: agenzie di rating, banche d’affari, il gigante Goldman Sachs, e le grandi organizzazioni internazionali come “l’organizzazione mondiale del commercio” (Wto), il G20, per non parlare delle organizzazioni semi-ufficiali come la “Trilaterale” o il “gruppo Bilderberg”, che riunendo i potenti della terra, fa accordi segreti sui destini dell’economia e delle società.

Altro soggetto in campo sono i grandi gruppi multinazionali che hanno la forza economica di poter sedersi al tavolo della politica per dettare le regole e fare richieste che vadano nella direzione dei loro interessi. In tal senso pare che la riforma costituzionale bocciata dagli italiani nel 2017 fosse in parte ispirata da gruppi finanziari interessati a indebolire il sistema di welfare italiano.

Poiché il vero potere sta nelle mani di questi organismi sovranazionali che possiedono la forza economica di influenzare la politica, la politica diventa inesorabilmente debole, fragile, incapace di contrapporsi e di avere uno sguardo sul futuro dei suoi cittadini e un progetto di società organico e compiuto. La politica diventa il servo sciocco di poteri che le ordinano cosa deve fare se vuole conservare i piccoli   privilegi di chi ne fa parte. Stando così le cose non possiamo aspettarci nulla di più del desolante panorama che questi anni è andato via via profilandosi: il disincanto e la tristezza vincono su tutti e la liturgia del voto si svuota ancor di più. Si va a votare pensando ad altro consapevoli che il giorno dopo sarà peggio di quello prima.

Né destra né sinistra?

Di Maio come Celentano? Una sua canzone recita: “io sono un uomo libero, né destra né sinistra”. E’ ancora possibile alimentare il malinteso sul pensiero unico e la fine delle diversità in politica? Forse quest’ambiguità narrata serve più a confondere l’elettore che non a far chiarezza sull’identità delle posizioni in politica. I valori della sinistra – sebbene un po’ in crisi in Europa in questo periodo – sono sempre gli stessi, netti, intramontabili e necessari e non possono essere confusi con i valori della destra. Per fare chiarezza serve partire dal significato in economia. La crisi della produzione di fabbrica tradizionale è come se avesse offuscato quello che è sempre stato il conflitto tra capitale (gli imprenditori detentori dei mezzi di produzione) e il lavoro (l’operai proprietario solo della sua forza fisica). Questo perché la delocalizzazione,  la finanza e la crescita del settore dei servizi hanno rimescolato le carte confondendo la visione della produzione nell’epoca post-moderna, dove tutto sembra essere “liquido”. Ma il conflitto tra capitale e lavoro è più che mai vivo, nonostante il capitale diventi liquido poiché si finanziarizza e prende strade digitali che lo fanno viaggiare attraverso continenti e paesi dalla forte redditività. Anzi, in questi anni la redditività del capitale ha redistribuito la ricchezza in modo molto disuguale, arricchendo pochi e impoverendo molti. Da qui tutte le recenti statistiche sulle poche famiglie che detengono la maggioranza della ricchezza mondiale e la progressiva crisi e sparizione del ceto medio. La sinistra con il suo desiderio di governo si è lasciata risucchiare nell’orbita gravitazionale del liberismo dove ha sempre abitato la destra schierata dalla parte del capitale, degli imprenditori, dell’idea che quando la marea della crescita economica sale porta su i panfili e anche le barchette, pensando di deregolamentare il mercato, limitare il ruolo dello Stato, abbassare le tasse, privatizzare i servizi come sanità, scuola e trasporti come fecero Thatcher e Reagan nei loro rispettivi paesi ispirati dai loro teorici che si nascondevano dietro: Heyek e Friedman. Dx SxRenzi ha tradito i valori della sinistra per prendersi i voti degli elettori di destra facendo politiche neo-liberiste e riforme tipiche che guardano al mercato piuttosto che all’intervento di uno Stato autorevole attento ai più deboli. I valori della sinistra sono sempre gli stessi: attenzione ai più deboli, all’ambiente, ai diritti umani, alla classe operaia, ai pensionati, ai giovani e lo fa con uno Stato forte che interviene nell’economia per evitare e correggere le sperequazioni e i fallimenti del mercato. Questi sono i cardini della sinistra. E non esiste la possibilità di non essere né di destra né di sinistra quando si fanno politiche economiche. Di MaioO si stimola la domanda oppure si stimola l’offerta; o si crede allo Stato oppure ci si affida al mercato; o lo Stato interviene nell’economia oppure non interviene; o si fa attenzione all’ambiente, all’inquinamento oppure si fa la crescita economica consumando territorio e gettando cemento in modo selvaggio seguendo interessi particolari. Poi, la socialdemocrazia è più raffinata e fa un mix degli interventi dello Stato e valuta dove il mercato è più efficace. Ma per fare il politico bisogna scegliere da che parte stare e quando si sceglie si perde l’altra metà del cielo e anche dei suoi voti. Di Maio è giovane e li vuole tutti i voti, sia di destra che di sinistra ed è per questo che non dichiara da che parte sta. Al primo consiglio dei ministri capiremo se dietro il Celentanogiovane pentastellato batte un cuore keynesiano oppure un fondamentalista del mercato. Un po’ di pazienza e i giochi saranno chiari.

Il carisma sprecato

Renzi è un buon comunicatore lo sappiamo, così come lo era anche Berlusconi. Berlusconi aveva un progetto molto chiaro e quasi dichiarato: entrare in politica per salvare le sue aziende. Lo scout Renzi invece scala una forza social-democratica di centro sinistra per ambizione personale e desiderio di comando, poiché il progetto politico non lo si vede se non in una riedizione polverosa della terza via blairiana in cui si vorrebbe conciliare uguaglianza e mercato. Ma i tempi sono cambiati e Renzi arriva tardi e non ne azzecca una, sbaglia su tutta la linea, viene bocciato e sballottato a turno dalla corte costituzionale, poi dal no di una schiacciante maggioranza di italiani, poi sulla riforma della pubblica Renzi 2amministrazione, ancora sulla legge elettorale e non da ultimo sulle manovre “oscure” per salvare banche cotte e bollite che hanno agito in modo truffaldino. Tralasciamo poi il fallimento confermato dai dati della crescita economica e sulla disoccupazione (poiché la responsabilità è antica e travalica l’epoca renziana); tralasciamo la riforma manageriale sulla “buona scuola”; soprassediamo sullo scandaloso “jobs act” e relativa abolizione dell’art. 18 dello statuto dei lavoratori. Cosa resta? Restano rovine come nei territori dei recenti terremoti negli Appennini e l’unica cosa che svetta su queste rovine è il carisma del visconte dimezzato che non si placa e insiste nel voler tornare in sella al cavallo del potere. Antico vizio del popolo italiano credere nell’uomo della provvidenza. Ma questo accade quando la macchina amministrativa non funziona e la ragione è ancora più antica poiché l’Italia non è mai stata uno Stato-nazione come lo sono alcuni importanti paesi europei. Non abbiamo maturato l’idea che uno Stato forte e virtuoso è più conveniente di uno Stato debole dove proliferano i metodi familistici e mafiosi. Non siamo ancora (e forse mai saremo) un paese scandinavo. Ma serve una forza politica con un progetto chiaro e netto che si occupi di modernizzare il paese, di fare gli investimenti compatibili con la natura del nostro paese: energia, turismo, cultura, che lotti contro le disuguaglianze, che si ingegni nel creare lavoro buono, che combatta contro evasione ed elusione, che si occupi di ambiente veramente per ricostruire la fiducia e la voglia di fare di molti italici talenti. Renzi è inadatto, ha fallito e nonostante il carisma e l’ambizione personale è giusto che se ne vada lontano dalla cosa pubblica. La terza via vera, l’ha indicata con autorevolezza una figura altrettanto carismatica ma poco ambiziosa e per nulla assetata di potere. La terza via è quella che da tempo ci racconta papa Papa BergoglioFrancesco. Lui ha capito meglio di altri il disastro della finanza e la miseria del capitalismo rampante. Se Renzi anziché andare nella Silicon Valley andasse in udienza da papa Bergoglio, forse potrebbe avere l’illuminazione che fino ad oggi gli è mancata. Ma si sa che le favole sono per gli ingenui. Continuiamo così, diceva il regista, facciamoci del male.

Le mie ragioni per cui voterò no al referendum costituzionale

Ognuno ha le sue ragioni per votare si o per votare no. Il sottoscritto in quanto animatore di un blog pubblico crede sia giusto rendere pubbliche le ragioni della sua scelta.

Voto no con decisione e convinzione per queste ragioni:costituzione

  1. Una riforma della costituzione non la deve fare un governo bensì il parlamento con tutte le sue anime poiché rappresenta la carta con le regole fondamentali di un paese. Se il parlamento non è in grado di farla significa che il paese non è pronto per una riforma della costituzione.
  2. Questo governo e soprattutto il primo ministro non è mai passato per le urne. E’ frutto di passaggi parlamentari successivi in cui una maggioranza di centro-destra che sosteneva Berlusconi si è ricomposta prima per sostenere Mario Monti, poi Enrico Letta e infine Matteo Renzi. Come può un primo ministro dare vita al cambio delle regole fondamentali senza avere una vera legittimazione popolare? Considero questo governo non sufficientemente autorevole e legittimato per cambiare le regole della costituzione.
  3. Per quanto piena di difetti, la democrazia prevede il voto come forma di partecipazione alla vita democratica e l’idea che non si possa esercitare il diritto di voto per i rappresentanti del senato non mi piace.
  4. Che il senato sia composto da sindaci e consiglieri regionali che devono di tanto in tanto andare a Roma a prendere decisioni su alcune materie importanti mi dà l’idea di un’attività dopolavoristica un po’ approssimativa.
  5. Alcune competenze, ora nelle mani delle regioni, tornerebbero al potere centrale. Se il governo vuole costruire una discarica o fare trivellazioni nel mio comune, oggi è la Regione che deve autorizzare mentre con il sì sarebbe il potere centrale del ministero, che poco interesse ha nelle istanze locali e spesso subisce influenze dai poteri forti di gruppi industriali, finanza internazionale e potentati economici che hanno la forza di condizionare le politiche del governo.
  6. Per abolire il CNEL non serviva una riforma costituzionale ma bastava una legge ordinaria.
  7. In Italia non è il bicameralismo paritario che ha impedito di modernizzare il paese ma una visione miope della politica. Se un governo ha un progetto, una bussole e magari dei valori che lo guidano, l’approvazione della legge può essere fatta in tempi ragionevoli.parlamento
  8. La legge elettorale associata alla riforma elettorale fa sì che una minoranza nel paese (qualsiasi gruppo esso sia) potrebbe governare con una maggioranza di deputati del 18-20% l’unica camera che dà la fiducia al governo con una minoranza numericamente molto risicata di consenso nel paese. Questo è pericoloso per la democrazia.
  9. La grande crisi economica, diventata crisi sociale che il mondo e l’Italia stanno vivendo richiedeva sforzi nel senso di creare lavoro e non spaccare in due il paese per un si o per un no che poco muta la vita dei cittadini.