Odyssey

E giunse infine il momento di rientrare in Italia.

Natale, si sa, è con i tuoi…

Ma alla natura ogni tanto piace giocare cattivi scherzi. Ecco allora un’ottima perturbazione artica abbattersi sull’Inghilterra nelle giornate di venerdì e sabato. Neve e gelo che trovano ancora una volta i sudditi di sua maestà impreparati. Risultato: nuova paralisi.

Allarmato, trascorro le mie ore premendo aggiorna sulla pagina web dell’aeroporto di Manchester da cui dovrei volare, alla ricerca di notizie, speranza e qualche raggio di sole.

L’aeroporto è aperto, qualcosa si muove, nonostante la maggior parte dei voli sugli schermi rechi accanto la tanto temuta voce “cancelled”.

Ben peggiore è la situazione nelle altre parti dell’isola: Londra, Birmingham, la Scozia sono impossibili da raggiungere o da abbandonare via aria. La neve infatti ha raggiunto altezze proibitive per tentare di far volare qualsiasi mezzo.

Per nulla fiducioso, mi reco all’aeroporto.

Qualche sprazzo di sole si fa largo fra le bianche nubi cariche di neve quando leggo che il mio volo non solo è previsto, ma pare anche puntuale. Ma mai cantare vittoria troppo presto: pochi minuti più tardi, infatti, cominciano le segnalazioni di ritardi. Mezz’ora, un’ora. Poi compare soltanto l’espressione “delayed”. Aspettiamo. La speranza è l’ultima a morire, anche se si fa largo sempre più il pensiero di dover riprendere il treno in direzione Sheffield.

L’aeroporto nel frattempo assume le sembianze di un rifugio alpino. Tanta, tantissima la gente che mentre aspetta e spera, seduta per lo più per terra, socializza con altri sfortunati, cercando parole di conforto ad ogni annuncio di ulteriori ritardi o cancellazioni.

Così ho ascoltato le storie del businessman giramondo sudafricano, proveniente da Dubai e diretto come me a Milano, con la sua valigia ricca di mille viaggi e lunghe attese in aeroporto. O la coppia di Orlando, Florida, diretta in Germania, che ha atteso circa 12 ore prima di sentire annunciare la cancellazione del proprio volo diretto a Francoforte. O la ragazza tedesca nata in Romania, insegnante in Inghilterra, desiderosa di tornare a casa per il natale. Queste, e molte altre ancora, le amicizie che si stringono nell’attesa. Conoscenze fugaci e superficiali che però hanno il potere di rendere una giornata difficile e noiosa in un’esperienza interessante, di confronto e arricchimento. Dialoghi che durano pochi minuti o qualche ora, finché un altoparlante scandisce le parole che stai attendendo da 180 minuti: puoi tornare a casa.

Saluto l’allegra brigata e mi dirigo verso il gate. Stanco e felice.

Money is money.

Negli ultimi 4 anni l’abbiamo vista con il logo dell’UNICEF, meravigliosa iniziativa per diffondere nel mondo il nome della prestigiosa associazione per la difesa dei diritti dei bambini. Per i primi 105 anni della sua storia, l’avevamo vista incontaminata dalla presenza di loghi pacchiani o nomi improbabili: la samarreta del Barça è per anni stato il simbolo della purezza, dell’indipendenza da logiche di sponsorizzazione che macchiano la maglia di un club per necessità economiche. La dimostrazione che si può stare lassú anche senza i soldi di linee aeree, case di scommesse o compagnie di telefoni cellulari. Ebbene, dall’anno prossimo potemo dire addio anche a quest’ultimo barlume di romanticismo che il calcio moderno ha ormai  ampiamente dimenticato. La Fondazione Qatar, grazie a 165 milioni di € in 5 anni, potrà farsi conoscere in tutto il mondo grazie alla presenza del suo caratteristico alberello sulle maglie della miglior squadra della storia del calcio. Ammetto che qualche anno fa mi fece molto più male vedere come il mio Athletic Bilbao accedeva ,per le stesse ragioni del Barça, ad avere unno sponsor sulla fino ad allora intonsa mitica maglietta a strisce biancorosse. Parlando di miti romantici legati al calcio, la loro “purezza etnica”, o di formazione calcistica casalinga, rimane l’ultimo baluardo di un calcio che non esiste più.

qatar_barca

Il Barça e la Fondazione Qatar quindi. Il legame tra le due entità è assai forte, grazie al passato calcistico di Guardiola nel’Emirato qualche anno fa. Guardiola che ha sponsorizzato la vittoriosa candidatura del Qatar el mondiale di calcio 2022. Guardiola che si è scomodato per difendere il paese dalle accuse di maschilismo e concetto discutibile di diritti umani e libertà personale. Guardiola che ha più potere in cittá del sindaco e del presidente del governo catalano messi insieme. La matematica, non è un’opinione.

Le logiche economiche dietro questa scelta sono chiare: il rivale calcistico e non solo, il Real Madrid, riceve circa 23 milioni di euro all’anno da B Win. Nel giugno scorso, la prima mossa del neo-presidente Rosell è stata quella di vendere Chygrinsky per poter pagare gli stipendi del mese in corso, e la situazione economica che si trova ad affrontare la nuova giunta dopo gli sperperi di Ali Babá – Laporta, è tragica. Sarà la maglietta meglio pagata della storia del calcio, aiuterà a sanare i conti del club e a compensare una differenza importante con il rivale storico.

Ma per chi, come me, il calcio non è solo conti e risultati, è una scelta che non può piacere.

Anarchy in the UK

Così titolava a nove colonne un quotidiano in merito ai violenti scontri avvenuti, in particolar modo a Londra, nei giorni scorsi. Scontri fra studenti e polizia in seguito all’approvazione in parlamento della riforma universitaria.
Così, mentre in Italia studenti e ricercatori cercano di fare sentire la propria voce contro la famigerata riforma Gelmini, qui in Inghilterra migliaia di giovani, che hanno definito la loro protesta “il nostro ’68”, hanno invaso le vie della capitale agguerriti, forse troppo, e gli scontri con la polizia sono stati inevitabili.
La riforma prevede l’innalzamento delle tasse universitarie in Inghilterra (non in Scozia e Galles) fino a 9000 sterline annue contro le attuali 3290£ per far fronte ad un taglio sostanziale (si parla dell’80% pari a 4.2 miliardi di sterline) dei fondi pubblici a favore dell’istruzione. Ossia, le università, qui per lo più private, possono decidere a loro discrezione di aumentare la retta fino a cifre per la maggior parte degli studenti inaccessibili.
In passato, quando vi fu un analogo aumento delle “tuition fees” tutti gli atenei optarono per la quota massima.
Il governo, a fronte dell’aumento, richiede che le università si impegnino a offrire soluzioni per studenti meno abbienti, che comunque, stando alla riforma, si troveranno a pagare più di quanto facciano ora i loro colleghi più facoltosi.
Altro fattore da considerare è che gli studenti inglesi per lo più non sono sostenuti dalla famiglie nel loro percorso universitario. La maggior parte, infatti, riesce a proseguire gli studi solo grazie a prestiti (cosiddetti d’onore) che si impegnano a restituire non appena inizieranno a guadagnare più di 15000£ annue.
Il movimento studentesco sostiene che la riforma rappresenti l’ultimo passo nella trasformazione dell’istruzione da bene pubblico a privato, la commercializzazione della cultura e di conseguenza della vita dei cittadini, quando l’educazione, secondo loro, è un bene pubblico universale a cui tutti hanno il diritto di accedere per raggiungere e manifestare le proprie qualità.
Personalmente assisto con attenzione, partecipazione e sgomento a quanto sta accadendo agli studenti in Inghilterra come in Italia. Senza entrare nello specifico delle singole riforme, mi pare di scorgere un comune e generale disinteresse della politica nei confronti della crescita e maturazione dei propri cittadini più giovani. Giovani che dovrebbero assicurare il futuro di una nazione.
Istruzione fa rima con formazione, dell’uomo e del cittadino capace di analizzare criticamente il mondo che lo circonda, consapevole dei propri diritti e propri doveri. In questo periodo di crisi, penso che la scuola, l’istruzione e la formazione debbano essere il motore della società da cui e con cui ripartire attraverso nuove idee, nuove persone, nuove mentalità.
La mia paura è che un popolo ignorante sia più facilmente malleabile e tale debba rimanere.

Let it snow! Let it snow! Let it snow!

La solita e funesta sveglia delle 6:30, questa mattina si è rivelata un po’ più dolce. Guardando, infatti, fuori dalla finestra scopro che la città è coperta da una spessa coltre di neve. Una ventina di centimetri. Tutto bianco. Tutto così natalizio.
Tutto paralizzato.
Mezzi pubblici fermi, scuole chiuse e ripercussioni ovvie su tutte le altre attività.
Una circostanza, però, mi ha lasciato quantomeno perplesso: nevica o nevischia dallo scorso weekend, da ieri costantemente e copiosamente, ma non ho avuto la fortuna di imbattermi in alcun mezzo per la pulizia delle strade.
Appena arrivato ero rimasto stupito positivamente della presenza di numerosi grandi contenitori per il sale lungo le strade o in prossimità di aree pubbliche (stazioni, scuole, fermate dei bus, etc.). Memore delle pesanti e continue polemiche che ogni nevicata suscitava in quel di Varese, pensavo che Sheffield avrebbe potuto rispondere efficientemente al rigido inverno. Oggi devo ammettere che in fondo ogni mondo è paese e la neve, anche a queste latitudini, è una brutta bestia da gestire.
Intanto io mi godo questo giorno di ferie inaspettate, guardando con un occhio fuori dalla finestra la neve che continua a cadere fitta fitta, mentre con l’altro seguo (attraverso una finestra sullo schermo del mio computer) la neve che scende nella mia Varese.

Sheffield, UK. 01.12.2010. Ore 7:00. Vista dalla mia finestra.

Sheffield, UK. 01.12.2010. Ore 7:00. Vista dalla mia finestra.

La manita

Una manita, in gergo calcistico, è un 5-0. Ricorda la parola manotazo, una manata. In questo caso, praticamente lo stesso. Domenica scorsa in Catalunya si sono svolte le importantissime elezioni regionali da cui dipende buona parte del nostro futuro. Ma le elezioni posssono aspettare, perchè il giorno dopo di un Barça-Real Madrid finito 5-0 non si puó parlare d’altro.

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Perché in radio, in tele, sui giornali, su internet, in strada, dal panettiere o in posta non si parla d’altro. E vogliamo che questo blog sia uno specchio della realtà che stiamo vivendo, no?

Quella che doveva essere la miglior partita del mondo, “el clásico” più incerto degli ultimi anni, con i migliori giocatori e allenatori del mondo, le due squadre più famose e amate, non ha deluso, nonostante il risultato. È stato tutto quanto ci si aspettava. L’unica differenza rispetto alle attese, è che lo è stato solo grazie a una squadra: il Barça.

É il 5-0 di una squadra scesa in campo con 8 giocatori cresciuti nelle sue giovanili contro una che ha schierato solo tre spagnoli.

É il 5-0 di un progetto solido, con un passato, un presente e un futuro contro un progetto traballante, rinnovato ogni estate e senza una direzione ben precisa.

È il 5-0 dell’umanità di Guardiola e Messi, sempre pacati e lontani dalla polemica, contro l’arroganza di Mourinho e Cristiano, protagonisti in sala stampa e sui giornali, grandi con i piccoli e piccoli con i grandi.

È il 5-0 di chi lascia che il campo parli per lui contro chi sul campo ci parla tanto e ci gioca poco.

É il 5-0 della classe di Xavi (pallone d’oro, please) e Iniesta contro i muscoli di Khedira e Diarra.

È il 5-0 del gioco palla a terra, della ragnatela di passaggi, dell’estetica contro il lancio lungo, la potenza, la fretta.

Ci sono stati spintoni, entrate dure, cartellini e ci sono state grandi giocate, minuti di fitti passaggi e delizie tecniche. Ci sono state manate, e c’è stata la manita.

Mi sento orgoglioso di una squadra che non è la mia che fra vent’anni potrò raccontare di aver visto e visssuto in prima persona. Ho visto tanto calcio ma mai nulla di simile. A metà secondo tempo ho dovuto chiamare mio padre, 60 anni di calcio visto e giocato, per chiedere conferma del fatto che non mi stessi sbagliando.

La risposta? “Hai ragione, non si è mai visto niente di simile”

Gràcies, Barça.

Pique-manita

In heaven there is no beer…

Una decina di giorni fa in Italia sono entrate in vigore le nuove norme in materia di sicurezza stradale. Nuovi limiti, nuovi strumenti atti a disincentivare il consumo di alcool da parte di coloro che poi si devono mettere alla guida. VareseNews ha dato ampio spazio a questa nuova iniziativa e numerosi sono stati i commenti a riguardo.
Ammetto che la prima sensazione nel leggere certi commenti è stata di sorpresa, a volte, velata di sconforto.
Tutto ciò mi ha fatto riflettere e pensare come qui, nell’alcolica Inghilterra, il problema sia sì sentito, ma non suscita la benché minima polemica a riguardo.
Ricordo come una delle prime differenze che ho notato, appena trasferitomi, fosse legata all’assenza di automobili (taxi esclusi ovviamente) il venerdì e il sabato sera.
Pensate alla “facilità” di parcheggio a Varese una normale sera nel fine settimana, alle code che si riescono a fare all’uscita dai locali… qui i parcheggi sono pressoché deserti e per le strade si possono notare solo i profili curvi e retrò dei taxi inglesi.
Bere è un rito. Che sia il venerdì sera dopo il lavoro, il sabato pomeriggio durante le partite di calcio o un normalissimo sabato sera. Una fiumana di persone di tutte le età si riversa per le strade e si protegge dalla pioggia e dal freddo all’interno di un pub o un bar in compagnia dell’immancabile bionda. All’interno di questa ritualità non c’è spazio per l’automobile: si esce per bere, bere anche tanto.
La legge, poi, è molto severa contro chi sbaglia: un bicchiere di troppo ti spedisce diretto nelle reali galere. Ma dubito sia l’asprezza della pena ad essere il deterrente principale. Sono più propenso a pensare che siano più il rispetto verso se stessi (fegato escluso ovviamente) e gli altri, solo infine le regole, a condizionare positivamente questo vizio.
Infine, forse l’aspetto più importante, esistono alternative al trasporto privato. In città sono i mezzi pubblici e i taxi, numerosi e accessibili; mentre chi viene da fuori spesso si organizza con piccoli bus che trasportano l’allegra brigata nel suo peregrinare da un locale all’altro per cifre, da quanto mi è stato riferito, assolutamente ragionevoli se condivise da più persone.
Tra non molto tornerò in Italia per le festività natalizie: cene luculliane accompagnate da ottimo e agognato vino. Che fare? Il mio augurio è che anche da noi si possa trovare quel giusto equilibrio tra divertimento e rispetto, condito magari dalla possibilità di poter dimenticare l’auto in garage perché un’amministrazione, veramente attenta ai cittadini, oltre a leggi severe si preoccupi di offrire alternative che permettano di tornare a casa senza rischiare la propria e l’altrui vita.

Active Africa

Active Africa è uno dei vari progetti in cui mi son buttato una volta entrato nella modalità freelance – libero profressionista. O una volta uscito dalla dinamica orario d’ufficio fisso, stipendio assicurato, frustrazione gratis e laccata di culo al capo consigliata.

Active Africa è una ONG fondata nel 2004 a Barcellona con progetti nell’ambito dell’educazione in Kenya e Malawi. Da qualche settimana sto collaborando con loro gestendo la loro comunicazione nei social network, Facebook principalmente, un pò di Twitter e YouTube e le altre arriveranno con il tempo.

Ieri sera è stato un momento indimenticabile per Active Africa e i suoi collaboratori, fans, volontari e amici in generale. Il concerto organizzato nel magnifico Gran Teatre del Liceu (sulla destra della Rambla per chi tra di voi conosce la Ciutat) e con l’impagabile – oltre che gratis – presenza del gruppo catalano GospelViu! è stato un successo irripetibile. 2200 biglietti venduti, il teatro strapieno, fatto che ha attirato l’attenzione anche delle televisione per la sua eccezionalità, un’ora e mezza di grande gospel grazie alle voci dei circa 90 ragazze e ragazzi che hanno lasciato anima e polmoni sul palco.

GospelViu sul palco del Liceu

Gli sguardi di felicità, qualche occhio umido, i sorrisi da orecchia a orecchia, l’ambiente di grande felicità, la sensazione di aver dato il mio contributo grazie al buon succcesso che le azioni 2.0 hanno avuto mi hanno fatto provare una felicità diversa, dalle varie felicità sperimentate in 26 anni. Non dico migliore. Diversa. Senza dimenticare il risultato più importante: la grande cifra racccolta per il progetto della scuola in Malawi.

Active Africa è una famiglia di cui sento di fare già parte, è un progetto ambizioso con risultati importanti, è una importante esperienza professionale, è una delle cose migliori che mi è capitata negli ultimi mesi.

Una ONG è per sua vocazione internazionale, per cui vi invito a seguire la pagina di Facebook.

Zikomo kwambili!

This is England

Due ore e pochi minuti. Questa è la distanza che separa la stazione di Londra St. Pancras a quella di Sheffied. Poca cosa. Come andare da Milano a Bologna (senza frecciarossa). 120 minuti che però, una volta scesi dal treno, possono apparire un’eternità.
Londra, per chi scrive, non è Inghilterra. E’ un mondo tutto suo. A world apart. Una metropoli che ha in parte perso una sua connotazione geografica. Una città che ha abbandonato molti di quei quei tratti tipici britannici. In cui la lingua ha assunto mille sfumature e accenti diversi. Una città in cui si repira aria internazionale, moderna ed effervescente, dove veramente puoi trovare tutto e tutti. Città caotica e meravigliosa.
Due ore dicevamo. Due ore in direzione nord, attraverso la campagna inglese. Ed eccoci a Sheffield.
Sheffield è una città di 600,000 anime e per chi proviene da Bregano (anime forse 800) il salto è considerevole; anche se vanta l’appellativo di “ più grande villaggio di Inghilterra”, in quanto geograficamente isolata e priva di avvenimenti storici di rilievo.
Abbandonata la vocazione industriale e mineriaria che la rese “famosa” nella seconda metà del secolo scorso, dopo una profonda crisi durante gli anni ’80, si sta progressivamente trasformando in un centro moderno e interessante: ricco di iniziative e di possibilità. Città assolutamente vivace. E ricca economicamente, tant’è che una ricerca di Barclays Bank ha constatato come la regione di Sheffield in termini di reddito pro-capite sia seconda solo a Londra. Due università, migliaia di studenti, caratterizzano poi la vita sociale e soprattutto notturna.
Ma rimaniamo sempre a due ore dalla capitale. Ed ecco allora che emerge quel nord dell’ Inghilterra che non ha ancora del tutto dimenticato le sue origini. Gente dura come l’accento del loro inglese (io che speravo di tornare con un accento stile BBC…illuso!). Vecchi operai siderurgici e minatori che sembrano usciti da un film di Ken Loach o da Full Monty (ambientato proprio qui a Sheffield). Animali (in senso buono) da pub con cui condividere una, o più facilmente più pinte di Ale guardando un match di calcio o rugby.
Sheffield, così come i suoi abitanti, sono in piena trasformazione. Ci si sta lentamente avvicinando alla capitale. Forse tra qualche anno due ore saranno veramente 120 minuti.

Il lavoro,gli impegni e…gli scherzi della “nostalgia canaglia”

Ok chiedo venia … sì lo so mamma che non si inizia un testo con “ok”,ma so anche che non si sta da giugno a novembre senza dare alcun cenno di vita … beh adesso, non fate i tragici,siete sopravvissuti ugualmente e non credo che la mia assenza abbia segnato in maniera indelebile le vostre esistenze!

In ogni caso ho un sacco di buoni motivi (leggi scuse plausibili)per giustificare una così lunga latitanza!

Dapprima ci si è messo il “fattore clima”,dopo le alluvioni di fine maggio il sole ha iniziato a splendere rovente sulla Polonia,facendomi venire voglia di dieta, attività fisica e … abbronzatura! Così alla prima occasione, inforcavo le scarpe da corsa e via, in pieno stile Forrest Gump, eccomi sfrecciare per i boschi e la taiga,nella speranza di perdere qualche etto, in preda alle allucinazioni da dieta,ma sempre pronta ad ammirare i paesaggi stupendi che solo un tramonto polacco sa mostrare! Lo ammetto, nell’uscire di casa pensavo a voi,lettori del blog,ma come tutti sanno il sole polacco va goduto appena è possibile!                                                                                                                                                                                                 Confessione per confessione, mi sono munita di bicicletta e,dopo averla trasportata a braccia dal quarto piano senza ascensore, nel week end mi trascinavo per 20 km di falso piano e raggiungevo il laghetto di Boròwno in cerca di refrigerio e di solitudine. Saranno gli scherzi della “nostalgia canaglia”,ma in quella pozza di acqua, più palude che lago vero e proprio,rivedevo un po’ del mio amato lago di Varese e, un pochino, mi sentivo a casa. È inutile,per quanto provi a fuggire lontano, io ho bisogno dell’odore di salmastro sulla pelle (ok,dimenticate l’ultima disgustosa immagine). ANche allora,seduta in spiaggia pensavo a voi e scarabocchiavo possibili interventi da postare nel blog, ma poi si stava troppo bene, mi facevo prendere dalla situazione e..”ciao Blog”!

Altre allegre distrazioni sono stati i viaggi che quest’estate hanno decisamente movimentato la mia piatta vita da emigrante. Sono stata sugli splendidi Monti Tatra in compagnia della mia mamma(magnifica esperienza,avremo modo di riparlarne tra qualche articolo). Qualche tempo dopo mi sono tuffata nelle meraviglie della foresta vergine di Białowieża,al confine con la Bielorussia,dove si trovano gli ultimi esemplari di bisonte europeo;sono stata sui laghi Masuri a visitare la “tana del lupo”,rifugio di Hitler e infine relax nella magnifica Danzica,visitando i luoghi della battaglia sindacale del mitico Lech Wałęsa(ma anche di questo ho intenzione di scrivervi più in là). Per congedarmi dalla calda stagione estiva mi sono concessa due settimane di colonia in una stazione termale del mar Baltico: 12giorni di pioggia (più 3 di sole) come corresponsabile di un gruppo di 18 disabili psichici dai 14 ai 30 anni ai quali,ogni giorno, tenevo il corso di italiano. Un’esperienza bellissima, molto interessante e,direi, molto stancante!! Non potete immaginare che gioia e che soddisfazione ogni volta che imparavano qualcosa di nuovo o quanto mi sono divertita nelle serate di Karaoke,rigorosamente in italiano. Rigorosamente canzoni NON oltre il 1980, con particolare predilezione per la mia amata”Mamma Maria” dei Ricchi e poveri!                                                                                                                                                                   Posso dire,alla luce di tutto quello che ho vissuto, che questa è stata un’estate decisamente stancante,ma senza dubbio meravigliosa e ricca di sorprese!Sempre con la valigia pronta(ho perso il conto di quante ne abbia preparate)e lo zaino sulle spalle!Un giorno ero seduta,sporca e sudata,su un ghiacciaio a mangiarmi con gusto un panino con il prosciutto preparato dalla mia mamma. Un altro degustavo vòdka aromatizzata con scaglie d’oro nel più esclusivo ristorante di Danzica. Mi sono esaltata davanti a una mucca rasta (avete mai visto un bisonte europeo??sembra davvero il cugino giamaicano delle nostre mucche) e sono andata in visibilio storico nel vedere i bunker della seconda guerra mondiale (lo sapete che nel museo ci sono anche i plastici in stile Vespa?). Sono salita su treni improponibili e stracolmi di gente,su pullmini di fortuna saltellanti per le disastrate strade polacche e su biciclette sgangherate ma anche su taxi da 80 złoty per 20 km, eleganti traghetti e pullman gran turismo. Ho conosciuto amici fantastici e stronzacchioni improbabili(mi passate il termine?),mi sono rilassata crogiolandomi in una piscina termale in compagnia della mia mamma e ho mantenuto la forma correndo dietro ad un “Maciej furioso” che si è svegliato “decidendo”di essere una golf turbo diesel gt rossa e che, incurante della pioggia,ha corso per i viali del lungo mare tutto il giorno. Mi sono fatta delle risate a crepa pelle come non facevo da tanto, ma ho anche trattenuto a stento le lacrime nel vedere le persone che amo tornarsene a casa …

Già, gli altri sono tornati a casa e io sono rimasta ancora quassù ad affrontare un nuovo anno scolastico – lavorativo, iniziato ancora più stanca di quando era finito il precedente, forse anche in vista dei cambiamenti e delle nuove responsabilità che essi hanno comportato.

In effetti, dopo un mese di settembre ancora con la valigia in mano(questa volta su e giù per Varsavia, per frequentare corsi di aggiornamento) ora mi ritrovo responsabile al 100% del punto regionale Eurodesk, l’ufficio per le politiche europee giovanili (lo sapete che c’è anche a Varese?), inoltre ho appena finito di scrivere un progetto di Seminario per il programma “Gioventù in Azione”(finanziato dall’UE)… tutto da farsi ovviamente in polacco. Le ultime 3 settimane,infatti, sono state una passeggiata di salute:12 ore di lavoro al giorno,sabato e domenica comprese, piangevo lacrime e bile,oltre a sentirmi un’immensa cretina!                                                                                                                                                                                      Tutto questo da sommarsi all’insegnamento quotidiano della lingua italiana all’asilo, agli altri compiti preesistenti di organizzatrice di eventi domenicali per famiglie e ai corsi di italiano pomeridiani. Dal momento che mi restava ancora qualche ora libera, sono riuscita a farmi assumere anche all’Università  Kazimierz Wielki di Bydgoszcz come insegnante di “Lingua e cultura italiana” in un gruppo di studenti di livello avanzato (a proposito,li saluto, può darsi che mi stiano leggendo!). Finalmente posso andare oltre a ”la penna è blu” e a “il libro rosso è sotto il tavolo”, ma questo comporta per me una mole aggiuntiva di lavoro che viene regolarmente svolto a orari improponibili dell’oscura notte polacca!

A questo ritmo,seduta alla scrivania del mio ufficio,ho visto gli alberi passare dal bel verde acceso allo spettacolare giallo dorato che rende famoso l’autunno polacco, mi è scivolata addosso la festa dei morti (con la scusa che tanto non dovevo “andar per cimiteri”quel giorno ho lavorato)e anche la festa di indipendenza polacca (11 novembre).                                         Sono molto stanca,non posso negarlo, ma almeno più lavoro e più mi distraggo dal fatto che mi manchino moltissimo le mie montagne, i miei laghi oltre che uno spettacolare piatto di cazöela con la polenta (e magari un po’ di gorgonzola,tanto per gradire)! … E va bene, mi manca anche qualcuno di voi!

Come al solito mi sono dilungata, ma le cose da raccontare sono davvero molte,io ho un sacco di progetti che bollono in pentola e prima o poi ve li racconterò come ho intenzione di raccontarvi che Paese meraviglioso sia la Polonia,tutta da scoprire sempre capace di offrire nuove avventure … Personalmente ho deciso di viverlo appieno, in tutto il suo splendore … e spero che attraverso le mie parole venga anche a voi voglia di venire, un giorno, a visitarlo..

Vorrei comunque dire,tanto per sentirmi meno in colpa, che in ognuno dei miei viaggi,al ritorno dal lavoro,appena avevo un momento libero, tiravo fuori il mio “quaderno dei pensierini”e scribacchiavo bozze di Blog,ma come al solito,la stanchezza o i mille impegni hanno preso il spravvento e ora ho un sacco di pagine e di racconti da finire…sembra un po’ il refrain della mia vita!                                                                                                                                                                                                       Ragazzi,dico,non fate quella faccia! Se ho fatto così tante cose quest’estate, l’ho fatto per voi, per avere poi qualcosa da raccontarvi al di là delle sfighe a cui sembra abbonata questa nazione! … A proposito per la rubrica “La sagra dell’allegria”,lo sapete che in questi giorni siamo nuovamente in emergenza maltempo?? Questa volta “the winner is…” il vento!!                                                                                                                                                                                                                                         A parte gli scherzi in questi ultimi giorni sta soffiando fortissimo e,unito alla pioggia, è veramente tremendo! In molte parti della Polonia ha provocato notevoli danni,arrivando addirittura a scoperchiare tetti e a demolire case … ma non me la sento di scrivere oltre su questo argomento,inizio a sentirmi un uccello del malaugurio,mi faccio sentire solo per parlare di sventure! E invece la Polonia è molto altro! Per questo,nei pochi momenti liberi che mi restano, ho deciso di iniziare a mostrarveli  e ribadisco,chissà,magari , che quest’estate non vi venga voglia di organizzare un viaggio proprio in queste terre magiche e misteriose!

P.S.  Ultima chicca,tanto per avere un’ulteriore carta da giocare nel discolparmi per non aver scritto per così lungo tempo(che poi magari qualcuno fra voi è anche contento che io non scriva,così non è costretto a leggermi per educazione!),sono finita anche sul giornale locale(ecco qui il link: http://www.express.bydgoski.pl/look/article.tpl?IdLanguage=17&IdPublication=2&NrArticle=186699&NrIssue=1657&NrSection=1). Un avvertimento prima di aprire, astenersi le persone impressionabili, svetta in primo piano la foto del mio faccione!!Non allarmatevi,non sono finita in cronaca nera! Incredibile,ma vero, mi hanno messo nella pagina della cultura locale … come animale raro! È un’intervista per conoscere meglio l’italiana che ha deciso di lasciare tutto(cosa poi??)e venire a cercare lavoro e fortuna quassù … per il primo non posso lamentarmi,devo dire che non mi manca … sulla seconda, ci sto ancora lavorando!scusate il gioco di parole!

P. P.S. prima di lasciarvi,questo è un po’ privato,ma non importa, sono talmente felice che vorrei urlarlo a tutto il mondo! la settimana scorsa a Varese è nato Paolino!! Edi io mannaggia sono quassù al freddo e al gelo e fino a Natale non potrò vederlo!! Quindi colgo l’occasione per fare super auguri a dei super nonni(Anna e Marco),dei super zii (Luana e Stefano) e a dei super neo genitori (Chiara e Franco -eddai lo so che ti chiami Matteo, ma le vecchie abitudini sono dure a morire!-). Il fatto di non poter essere presente in questi momenti della vita delle persone a cui voglio bene è uno degli aspetti che più mi rende triste! Ma presto torno per le vacanze (un mese a casa quest’anno! E così avrò modo di rifarmi con tutti!!)

Do widzenia i do zobaczenia!(arrivederci e a presto), Elisa …  o, come dicono qui… Eliska

“Visto” d’ingresso

Ciao a tutti!
Su proposta di Mauro ho deciso volentieri di provare ad usare questo spazio per condividere ciò che accade ad un expat varesotto.
Da Torba, piccola frazione di Gornate Olona, sono partito per uno stage ad Hong Kong, ultimo tra i posti in cui avrei pensato di soggiornare per qualche mese, ma che ha deciso di trascinarmi per le sue strade, di rapirmi con le sue gabbie di serpenti lungo stretti vicoli e di farmi firmare l’affitto fino a febbraio.
Grattacieli su grattacieli, metro che corre sotto il mare…
Passerelle che ogni giorno sospendono da terra correnti di milioni di persone mentre si spostano, in file ordinatissime, per raggiungere uffici a piani stellari.
Eccomi qui da tre settimane. Tre intense settimane durante le quali, tanto gradualmente quanto in maniera repentina e stucchevole, ho avuto modo di guardarmi, ancora troppo poco, attorno.
A dirla tutta più che guardarmi intorno, spesso, mi trovo a naso all’aria.
Non riesci a perderti in un tratto di strada con orizzonte.
Non riesci a perderti tra i colori di una piazza, a meno che, non inizi a salire.
Salire… scalino dopo scalino, piano dopo piano.
Salire… rigattiere dopo rigattiere, ristorante con anitre appese e viscere fumanti, dopo distese di tavolini “un colpo di spugna e via!”.
Salire… per una vista davvero unica.
Riesci ad avere quella panoramica che in talune mattine viene direttamente a bussare alla finestra della camera al diciottesimo piano, con un cappio di cipolla e pesce delle tavole calde di Wan Chai (quartiere che di caldo non ha solo le tavole).
Qualche giorno fa mi scrisse Simone chiedendomi di buttare l’occhio su un obiettivo per la sua macchina fotografica.
Alterno lo sguardo tra gli ultimi sorsi di un Gin Tonic e la città illuminata che si apre oltre il bicchiere, dalla terazza del locale al trentesimo piano.
“ Non ci sono problemi! Tranquillo, non ti dannare nel preoccuparti su come decida di andare a curiosare per richieste che mi arrivano da Gornate e dintorni…
Info e prezzi… Se posso, of course!
Quando passo, nelle pause che mi permettono di avere un’idea su un ambiente extra-lavorativo per apprezzare al meglio gli angoli di questa città, dai più pittoreschi, ai più moderni, butto l’occhio e ti dico.
Quando passo, dopo una cena in uno di quei posti in cui non si trova un menù in inglese nemmeno a pagarlo oro, butto l’occhio e ti dico.
Quando passo, tornando verso casa ed incontrando piccoli altari accanto ai negozi, ricchi di arance, bocconi di verdura, fiori ed incenso, ai piedi di giovani donne di strada-troppo giovani per essere donne-accanto a mamme con passeggino, butto l’occhio e ti dico.
Quando mi sposto per attraversare, spesso dimenticandomi da che parte guardare perché una città che ti porta a guardare in alto, butto l’occhio e ti dico.
Si, davvero, butto l’occhio!
Butto l’occhio perché dalle nostre parti ci hanno, letteralmente, sistemati!
Butto l’occhio quando mi muovo per le strade tappezzate di menù e mi trovo il monaco mendicante che, sorridente e molto anziano, cerca un’offerta da qualche cliente delle giovani donne di cui sopra.”
Butterò un occhio e vi saprò dire…