Vivo Altrove

Vedo che urge rianimare un pò il blogtrotter (compañeros dove siete?), e l’occasione ideale me l’ha data un incontro fatto ieri sera qui a Barcellona. Ho conosciuto di persona Claudia Cucchiarato, autrice del libro Vivo Altrove , e la cui inchiesta su Repubblica.it di qualche settimana fa ha raccolto più di 20 mila storie di compatrioti che vivono in paesi stranieri. Come noi blogtrotter. Chi per scelta, chi per obbligo, chi per amore, chi per lavoro, chi per disperazione, siamo in tanti.

La copertina di Vivo Altrove

La copertina di Vivo Altrove

Riflettendo sull’argomento con il mio buon amico Alessandro (veneto da 7 anni in Catalunya), ci siamo chiesti come sia possibile che tanti italiani decidano di espatriare, ma che questo fenomeno non abbia una compensazione nel senso inverso, ovvero perchè la quantità di stranieri trasferiti in Italia non sia cosí importante (astenersi commenti su comunità straniere che sono presenti nel nostro paese ma che non sono rilevanti nella nostra analisi). Siamo arrivata a parlare di paese cartolina, di paese da weekend, di paese da vacanza e via. Un paese che nè fa nulla per evitare che molti giovani cerchino una miglior vita altrove nè attira abbastanza perchè altri ci si trasferiscano a vivere. Ci siamo chiesti che futuro possa avere un paese cosí? E la serata è proseguita con altri 4-5 italiani (in più di 3 anni qui, non ero mai stato con tanti connazionali insieme). Nel frattempo è nata l’idea di creare un Twitter ( http://twitter.com/vivoaltrove ) dedicato agli italiani al’estero, ma non solo, che volessero condividere su questo magnifico social network le loro esperienze fuori dallo stivale. Siete tutti invitati a partecipare e a diffonderlo.

Tra 3 settimane ci sarà un incontro con Concita de Gregorio, direttrice dell’Unità, e la sopracitata Claudia, il cui tema sarà “Dove sta andando l’Italia e dove svanno gli Italiani” in cui proveremo ad analizzare più in profonfitá il fenomeno. Vi farò sapere com’è andata.

Adeu!

Umore Nero

Torna a casa dopo una giornata passata sui libri, una tapa e una caña con gli amici che leggermente hanno alleggerito i suoi pensieri. Passeggia mentre il cielo estivo di Malaga è di quel colore a metà tra l’azzurro del giorno e il nero della notte, un blu metallico nel quale si possono intravedere le prime stelle e nel quale ti perdi indeciso tra la sicurezza della luce e i fantasmi delle tenebre. Camicia azzurra, pantaloni di cotone e mocassini portati con naturale eleganza, borsa a tracolla a testimoniare lo studio in apparenza e molti pensieri per la testa: tutto gli appare illuminato, degno di nota, esageriamo: poetico. La strada e i palazzi, quella donna con un lungo

e stretto vestito a fiori quasi flamenquero a braccetto con un uomo; la ragazza un po’ buffa che passa in bicicletta mentre i sanpietrini ballano sconnessi sotto le sue ruote e l’altra che con movenze scoordinate butta delle carta per terra mentre indica in lontananza con un sorriso ebete, ma così bello quella sera. Le risa provenienti da ragazzi attorno a un tavolo di plastica e sulla lavagna la scritta “mojito a 1euro e cinquanta”. E quella ragazza in controluce affacciata alla finestra mentre parla al telefono con qualcuno chissà dove. Che sembra lì soltanto per poterle cantare una serenata e dichiarale tutto il tuo amore. La tentazione gli viene ma si lascia solo scappare un sorriso mentre la guarda.

E intanto pensa: ai mesi passati, al vissuto e al non vissuto, al poco tempo che manca, alle possibilità. Immagina e sogna e si dimentica come spesso gli accade che la vita non è un film e che non puoi mettere la colonna sonora, che non puoi scegliere la canzone per quando cammini per la strada, la luce giusta per quando baci una ragazza, lo sfondo ideale per quando ricordi il passato o pensi al futuro con un amico.

A lui non importa. Continua a sognare un tempo che probabilmente mai c’è stato nè verrà, idealizzando qualsiasi attimo della vita e rendendo la giovinezza eterna in una spirale senza via di uscita di romanticismo e malinconia.

Ci sarà tempo per svegliarsi quando torneranno le prime luci con il mattino.

Adeu, toros!

Ufficiale. Dal 2012, tori disoccupati in Catalunya. Con 20% degli essere umani nella stessa situazione, ci sarebbe ben altro di cui preoccuparsi, ma con le elezioni regionali a Novembre, qualche decisione populista viene sempre bene. Sia chiaro, appoggio pienamente la decisione del Parlament e spero che sia il primo passo verso l’eliminazione di una tradizione che nel XXI secolo non ha più molta ragione di esistere, anche se un ampio settore della società continua ad amarlo e a vederlo con un marchio di fabbrica spagnolo in casa e all’estero.

Momento top di una corrida

Momento top di una corrida

Dopo le Canarie, che hanno proibito le corridas nel 1981, sará quindi la “sempre un passo avanti” Catalunya la comunitá autonoma che le eliminará dalla sua agenda culturale. Resta il dubbio sui metodi utilizzati dalla classe politica, che per una decisione cosí importante e sentita avrebbe forse dovuto interpellare il popolo catalano anziché tenere la decisione per sé.

È giusto vietare? Che ne é del “vietato vietare?” E tutti i catalani che volessero vedere una corrida? Dovranno andare a Valencia o Aragón? É semplicemente un’altra lotta Catalunya-Spagna travestita da dibattito culturale?

Certo é che il settore taurino, che ha visto i suoi introiti pesantemente ridotti dalla crisi, ci ha messo 5 minuti a chiedere 400 milioni di euro di indennizzo per il mancato fatturato che la decisione causerá. Che stessero ansiosamente aspettando l’opportunitá per “mungere”?

Tutte queste domande daranno conversazione per i prossimi 15 mesi, finché il divieto entrerá in vigore. E le risposte le dovrete trovare dentro di voi, perchè io sono in vacanza e ho una autonomia cerebrale più limitata del solito.

Supereroe contro la Municipale (cit.)

Se c’é una cosa che detesto di Barcellona, città che evidentemente amo, é la sua Polizia Municipale, la Guàrdia Urbana. Ammetto che dietro questa affermazione c’è del rancore causato da un paio di vicissitudini personali, ma é confortante vedere che l’opinione generale tra i cittadini non é per niente positivo. La cosa più probabile, se chiedeste a un Marc o a una Neus a caso per strada, è che vi rispondano “Sono dei poliziotti mancati, e perciò frustrati”. Non lo dico io. Lo dicono Marc e Neus.

Macchine della Guàrdia Urbana di fianco all' Arc de Triomf

Macchine della Guàrdia Urbana di fianco all' Arc de Triomf

Vicissitudini personali, dicevamo.

La prima risale a circa 5 mesi fa quando ho ricevuto 500€ (sic.) di multa per guida in stato di ebbrezza. DI UNA BICICLETTA. Vi assicuro che le bici qui a Barcellona sono come in Italia: due ruote, un manubrio, niente motore. Alle 7 di mattina e di ritorno da una festa, una buona decisione può essere scartare l’uso della moto, dico io, e, in mancanza di mezzi pubblici, la bici è senza dubbio un’opzione valida. Ditelo a uno che ha vissuto 7 mesi in Olanda e la bici l’ha guidata anche coi piedi. Risultato: 500€ (sic.) di multa e il trattamento più odioso mai ricevuto da un pubblico ufficiale. Rabbia.

La seconda é di ieri: quartiere della Barceloneta, alle 18.30h di un 20 luglio, chi c’è passato anche sia una volta, saprà che è un formichiere. E che tutti attraversono il passo pedonale col rosso se non arriva nessuno. Ecco, nel momento in cui stavo atttraversandolo con un’altra persona, una macchina ha girato nella strada e, dato che eravamo in mezzo alla strada, con la mano, e continuando ad attraversare, gli ho chiesto scusa. Ciononostante l’autista mi ha suonato il clacson, pr 3-4 secondi, al che gli ho gridato “pero si ya te he pedido perdón, hostia!” Tradotto: “Ma se t’ho chiesto scusa, cazzo!”. Agitando le braccia. Risultato? 20 metri dietro c’era una pattuglia della municipale che mi ha appioppato un multozzo – di non so ancora quanto – per attraversamente col rosso. Ma soprattutto, “por aspavientos”(cit.), cioé, per sbracciare. Scusi?

Ok, sí. Non si guida una bici alticci né si attraversa con il rosso. E mi sento un bel pò ridicolo per il talento che ho nel farmi multare come un’idiota. Ma quando ci sono ampie zone della cittá in mano a ladri, prostitute e trafficanti di droga, siamo sicuri che sia questa il modo migliore di curare la città e i cittadini?

Ultima cosa, ringraziare tutti quanti mi hanno fatto i complimenti per il video girato qui per l’iniziativa “Anche io sono come te”. I miei amici e io siamo felicissimi!

Panem et circenses (Campeones)

Ascoltando la diretta radio della festa che la nazionale spagnola di calcio si sta regalando in questo momento a Madrid, è d’obbligo un post su quanto successo in questo mese di follia calcistica (passa We Are the Champions dei Queen, e la pelle d’oca é di defualt).

Ha vinto il migliore. A volte, nel calcio, capita. Nonostante la falsa partenza e senza aver mai dato la sensazione di strapotere vista 2 anni fa all’Europeo, ha vinto il migliore. La squadra piú equilibrata, con il miglior portiere del mondo (Iker), il miglior centrale dei prossimi 10 anni (Piqué), i migliori due centrocampisti del mondo (Xavi e Iniesta), un attaccante di quelli che se ne vedono pochi (Villa), e 23 ottimi giocatori senza punti deboli. Un gruppo speciale, giovane, che ha saputo superare tutti i tabù accumulati in decenni di delusioni.

Iker alza la Coppa del Mondo

Iker alza la Coppa del Mondo

Ammetto di aver tifato nell’ordine Svizzera, Honduras, Cile, Portogallo, Paraguay, Germania e Olanda. Perchè è una nazionale in cui non mi riconosco di un paese che non riesco a vedere tale. Perchè adesso bisogna sopportare altri 2 anni di ego smisurato in strada e sui giornali. Perché mi da fastidio vedere re e regine alzando trofei. E perchè in fondo, chi mi conosce lo sa, ho una predilezione per la rottura di palle del prossimo.

Ciò detto, se ci proviamo, non è diifficile trovare alcuni motivi per gioire della vittoria: un nombre su tutti, Andresito Iniesta. Un ragazzo d’oro, con un talento smisurato, e che dimostra l’incapacità del calcio moderno di andare oltre stelle viziate, fidanzate spettacolari, tatuaggi e pettorali abbronzati. Perchè se così non fosse, non ci sarebbero discussioni per il pallone d’oro di 6-7 stagioni.

iniesta

Iniesta dedica il gol all'ex capitano dell'Espanyol, Dani Jarque, morto l'agosto scorso.

Per concludere, e per ricollegarmi al titolo del post, ricordiamo come vincere un Mondiale fa bene a qualunque paese, ma soprattutto a chi é da 2 anni sull’orlo del collasso sociale ed economico e si é svegliato con la notizia che l’euforia post-mondiale alzerá il PIL dello 0,2% rispetto alla previsione. Bene no? No. Perché in questo mese, mentre 50 milioni di spagnoli non parlavano di altra cosa che non fosse la roja, é stata approvata una quanto meno dubbia riorma del mercato del lavoro, che erano almeno 2 anni che serviva, e il Tribunal Constitucional ha emesso la sentenza attesa da 4 anni sullo statuto d’autonomia della Catalunya. Uno statuto approvato dal popolo catalano via referendum nel 2006, mandato in tribunale da un ricorso di un partito politico (mai visto in una democrazia?) e mutilato dalla sentenza del tribunale. Sentenza rimandata per 4 anni e dettata durante il Mondiale. La reazione catalana si è fatta sentire sabato con una manifestazione da un milione persone in città. Ma di fronte a una serata attesa da decenni, a milioni di persone in strada con le guance dipinte e la lacrima rigando il viso, beh, ubi maior minor cessat?

Sant Joan

Sant Joan (pronunciato San Giuán, stile dialetto varesino), ovvero la notte del 23 Giugno, è in Catalunya una delle notti clou dell’anno. Approfittando del fatto che il 24 è festa, si da il benvenuto all’estate con la tradizionale Verbena de Sant Joan. Le spiaggie si riempiono di migliaia di persone con le loro immancabili bottiglie di intruglio portato da casa, i bar sul mare rispolverano i set da dee-jay notturni e in molti angoli delle strade ardono i faló che si spera possano bruciare con loro le cose negative degli ultimi 12 mesi.

Il copione, perfettamente rispettato dal sottoscrittto anche quest’anno, prevede normalmente una cena in casa con gli amici, conclusa dall’immancabile Coca di Sant Joan. Nonostante il nome e quello che possiate pensare, la Coca è una torta dolce di cui esistono infinite versioni (con crema, pinoli, frutta, etc…) e la cui presenza sulla tavola é imprescindibile.

La Coca de Sant Joan

La Coca de Sant Joan

È così che si omaggia la notte più corta dell’anno, che spesso finisce alle 7 di mattina (sarà per il fatto di essere corta?) e con le spiaggie strapiene di immondizia che il servizio di nettezza urbana fa sparire in pochi minuti per rendere la zona accessibile in matttinata.

Non si può non citare l’incidente che ha fatto sì che la Verbena di quest’anno venga ricordata più di altre. In un paese poco fuori Barcellona, Casteldefells, 13 ragazzi tra i 18 e i 26 anni sono stati falciati da un treno lanciato a 140 km/h mentre attraversavano i binari del treno per andare in spiaggia a celebrare la notte con gli amici.  Tremendo.

Tre mesi di Polonia tra alluvioni, elezioni e Mondiali di calcio

Ragazzi,dopo tre mesi di permanenza qui in Polonia posso dire di averne viste davvero di tutti i colori!

Prima il Presidente Kaczyński che“decide”di morire in Russia … già“decide” perché,a quanto si evincerebbe dall’analisi della scatola nera,la voce fuori campo che ordina ai due piloti di compiere l’atterraggio nonostante le condizioni proibitive sarebbe proprio quella del compianto Presidente.

Il mese scorso,causa maltempo,mezza Polonia viene immersa dall’acqua, la Vistola sembra impazzita una quindicina di morti e ingenti danni ovunque! Il mio quartiere è rimasto diverse volte senza la corrente elettrica perché la furia delle acque ha danneggiato le centraline o,addirittura, come è successo il 23 maggio,ha divelto i pali della luce.

Un paio di settimane fa, una nuova ondata di piena fa rivivere a tutti gli abitanti lungo gli argini,il rito del riempimento e della sistemazione dei sacchi di sabbia davanti alla porta di casa. Il turbinio delle scure acque che travolge nuovamente tutto,anche se con una foga meno irruente della prima volta, lascia dietro di sé fango e acquitrini che con il caldo diventano l’habitat ideale della famigerata zanzara tigre!

Sembra veramente il susseguirsi delle sette piaghe d’Egitto!

Io personalmente abitando lontano dal fiume e oltretutto al quarto piano, non sono stata colpita dalle inondazioni, ma la mia personale”piaga” è arrivata con l’inizio dei Mondiali di calcio.

I miei colleghi, frustrati dal fatto che la squadra biancorossa non sia nemmeno riuscita a qualificarsi, monitorano costantemente  la gli italiani e i commenti piovono impietosi su di me che ho serie difficoltà ad accettare critiche da parte di chi ha perso 6 a 0 con la Spagna in un’amichevole … così partono le litigate da “bar sport”anche se meno vivaci e colorite rispetto agli italici dibattiti!

L’aspetto più doloroso di tutta la situazione,però, non è dover arrampicarsi sugli specchi per trovare spiegazioni in merito ai due pareggi risicati, non è vedere i tuoi amici tifare contro la squadra del tuo Paese e nemmeno accorgersi di aver speso una fortuna per comprare un cocomero gigante dal sapore disgustoso e quindi impossibile da offrire agli ospiti accorsi ,più che per vedere con te la partita, per vedere “l’italiana” che impreca davanti alla tv (pare che sia una vera attrazione). Il dolore più intenso in assoluto è dato dal fatto di non poter seguire la telecronaca in italiano poiché rai International non la trasmette e il sito rai.it non permette di vedere le trasmissioni in diretta fuori dal territorio nazionale. Ciò significa 90 minuti di commenti negativi,critiche e descrizioni fredde e distaccate dell’accaduto! Mai avrei pensato di dirlo,ma mi manca Caressa!

Nel frattempo,fra un sacchetto di sabbia e una litigata per un fuorigioco evidente, siamo arrivati a domenica 20 giugno,giorno stabilito per le elezioni anticipate del nuovo Presidente polacco.

Il clima politico è completamente diverso rispetto a quello italiano:niente accuse infamanti,niente “colpi bassi” fra i candidati e,soprattutto,dibattiti elettorali ordinati e senza insulti o tafferugli in studio. I candidati siedono ordinati e serissimi davanti alle telecamere,uno accanto all’altro,alle domande del moderatore rispondono in maniera pacata e professionale,rispettando i tempi a loro disposizione. Devo ammetterlo,abituata alla  nostra politica, tutto mi sembrava irreale e stranamente tranquillo.

I cittadini dovevano scegliere fra una decina di candidati tra i quali i favoriti erano tre:

Bronisław Komorowski, attuale Presidente del Parlamento (letteralmente Maresciallo del Sejm)e pertanto reggente della carica presidenziale in questo periodo.Uomo dall’avventurosa e interessante vita politica,esponente del Partito democristiano “Piattaforma Civica”, viene spalleggiato dal leggendario Lech Wałęsa,sì proprio il coraggioso elettricista di Danzica che osò sfidare, su finire degli anni ’70, il Regime Comunista.

Jarosław Kaczyński,ex Primo Ministro nonché fratello gemello del defunto Presidente. Anch’egli inizia la sua carriera politica in Solidarność,  fino a diventare,sempre con il fratello Lech, Segretario di Stato durante il governo Wałęsa. A seguito di forti dissapori con quest’ultimo (i gemelli lo accusano non solo di estrema clemenza con gli ex comunisti,ma di essere stato a sua volta un agente segreto infiltrato da parte del governo di Mosca),i due decidono di creare il PiS,”Partito di Diritto e Giustizia”, per il quale Jaroslaw si presenta a queste elezioni.

Il movimento è caratterizzato da uno spiccato conservatorismo, un estremo patriottismo che spesso cade nel  Nazionalismo e da una forte indisposizione nei confronti dei “vicini”, antichi dominatori, Russia e Germania. A mio parere l’intera sua campagna elettorale è stata spesso incentrata sul pathos mosso dalla tragica morte del fratello.

Ultimo della rosa (anche in ordine di preferenze) è  Gregorz Napieralski, su di lui purtroppo non posso darvi molte informazioni, è l’esponente dell’Alleanza della Sinistra Polacca, coalizione che riunisce diversi partiti della Sinistra.

I risultati del 94% dei seggi, già questa mattina ,profilavano la situazione:l’affluenza alle urne ha superato di poco il 50%, nessuno dei candidati ha raggiunto il quorum,quindi Komorowski (leggermente in vantaggio) e Kaczyński si affronteranno direttamente al ballottaggio che si terrà il 4 luglio.

Vedremo cosa accadrà,nella speranza che le tribolazioni siano finite!

Parte 2 – World cup

Per Tokyo, e per il Giappone,  quella del mondiale è un’occasione in più per addobbare a festa centri commerciali e negozi.

Qtokyu e varie altre catene a Shibuya e Shinjuku hanno sostituito le piu’ quotidiane decorazioni a base di fiori e stelle con altre a tema calcistico a tempo record negli ultimi giorni.

A dire il vero le maggiori testate e i telegiornali hanno dedicato moltissimo dei loro spazi, in questo periodo, al passaggio del premierato dalle mani di Hatoyama a quelle del neo-eletto Kan Naoto, e non si percepisce un clamore eccessivo legato all’evento (ma questo non vuol dire che la gente non ne parli).

La principazione principale è legata al girone iniziale, che vede il Giappone impegnato con Camerun, Danimarca e Olanda, decisamente non aiutato dai sorteggi e a rischio di un’uscita di scena molto rapida.

L’altra sera, chattando con un’amica Varesina  – Per fortuna sei lì e magari non devi sorbirti tutto questo casino! – ma dimenticava che sarò “in mezzo”. La prima parte in Giappone.

Poi,in pieno effetto nostalgico di ritorno, in Italia.

Potrei quasi sentirmi a casa.

Sei italiano? Io tifo Inter. (parte 1)

Ammetto di non essere l’italiano più comune.

Del calcio non mi è mai importato nulla. O meglio, il calcio esiste su un piano diverso da quello su cui io mi sposto, e non abbiamo molte occasioni per incrociare le nostre strade. Ciascuno  prosegue seguendo il proprio tracciato abbastanza incurante dell’altro.

Con questo come postulato, ricordo che ancora stordito dalle novità (nel paese che avevo solo conosciuto sui libri fino a pochi giorni prima), suscitavano in me una sottile ilarità le richieste, abbastanza frequenti, dall’uno e dall’altro “amico” giapponese appena conosciuto.

– Italiano?!? Allora che squadra tifi? – spesso nella mia lingua. O spesso in un giapponese ostentatamente semplicistico per strapparmi una risposta con dolcezza.

– Ah, mi dispiace. Sono un italiano strano, non mi interessa il calcio. – Sgomento o espressioni divertite.

In fondo noi siamo tra le nazioni che in Capitan Tsubasa – da noi meglio noto come Holli e Benji – fanno del calcio il loro vanto e orgoglio. Ma analizzare a fondo questo punto richiederebbe una lunghissima digressione su come i giapponesi si creino spesso idee estremamente stereotipate e veicolate del mondo fuori (“estero” in giapponese si scrive con i caratteri di “paesi fuori” -dall’arcipelago giapponese, ovviamente) , cullati e viziati dalla loro informazione ansiolitica, immersi nella loro bambagia consumistica.

Per molti l’Italia è IL calcio. Soprattutto lo è stata in maniera schiacciante fino allo sviluppo avanzato del calcio autoctono dopo quello che motli hanno definito un nouvo boom dello sport in questione negli anni post-World Cup 2002.

Ma la mia mamma italiana…

Ammetto di essere spudoratamente populista in questo post, quanto meno per il popolo delle mamme.

In una delle non poche volte in cui in casa cantiamo a squarciagola il buon vecchio Guccio (Francesco Guccini per i profani), ho ritrovato una sua canzone che da molto non sentivo, “Di mamme ce ne è una sola”, e ho pensato che facesse al caso mio: a giudicare dalla mia esperienza qui, gli italiani sono un popolo di mammoni più di qualsiasi altro.

Assistendo alle telefonate attraverso skype si nota l’insofferenza del giovane italiano nei confronti delle insistenti domande della madre (un pressing a tutto campo che neanche l’Olanda di Cruyff), la più caratteristica e penso unica nel mondo è: “ma mangi? stai mangiando?”, di solito seguito da un “mi sembri dimagrito, un pò deperito”; non importa che da quando sei partito tu possa aver messo sù quei 5 o 10 chili, a lei sembra sempre che non mangi abbastanza. Ad uno straniero casualmente testimone questa telefonata appare una comica opera teatrale, con tutte le maschere della tradizione comprese.

A questa (comprensibile) insofferenza telefonica corrisponde però una celata nostalgia della tua mamma italiana. Potrebbe essere forse solo la mancanza della sua cucina o della sicurezza che quando torni a casa ci sia un semplice ma al contempo ricco piatto di pasta ad aspettarti, che comunque è già di per sè un motivo più che valido, fatto sta che io e tutti i miei compatrioti  italiani, alla tenera età di vent’anni e più, dopo ormai qualche mese di lontananza, potremmo addirittura arrivare ad ammettere che sì, alla fine, ci manca la mamma.

E proprio vero che solo quando mancano ti rendi conto dell’importanza di certe cose, o meglio persone.

Mentre vado alla ricerca di una canzone che possa anche dar qualche soddisfazione ai papà, che già immagino risentiti, in modo tale rispettare il politically correct (giuro comunque che non metterò “sei forte papà”), per chi vuole ascoltare la canzone di Guccini (“Di mamme ce n’è una sola” tratto da “Opera buffa” ) causa di questa piccola riflessione, ecco il link: http://www.youtube.com/watch?v=JXh1Fj0QA_8