L’altro giorno un amico mi ha detto che non condivide che io abbia scritto che non ci siano fiction italiane “belle”.
Quella stessa sera mi sono imbattuto in un recente serial americano. Non tra i più conosciuti, non i solidi “modelli” (seppur inimitabili) del Dr.House o Csi o Lost o Gre’s Anatomy. Ma un più modesto Boston Legal. Serie con protagonisti degli spregiudicati avvocati: il taglio cinematografico la fa da padrone, niente lungaggini, pochi tempi morti, dialoghi veloci e dinamici, riprese sempre in movimento, trame che affrontano temi e dibattiti sociali.
Tutto il contrario della nostra fiction. Dove le contraddizioni sono messe il bando, l’originalità dei personaggi è stereotipata secondo modelli nazional-popolari, i colpi di scena non sono nemmeno svolte narrative. In Bosto Legal , dove attori come James Spader dominano la scena con il loro carisma, tutti i personaggi hanno la loro pazzia, a volte grottesca, ma sempre con uno sfondo di umanità non banale che li rende reali nel loro distacco cinematografico .
In Italia, è vero, c’è anche della buona fiction. Poca. Molto poca. Oltre al già citato Montalbano, ci sono le fiction recentemente create da Sky, su tutte Romanzo criminale e la splendida, scorretta e irriverente sitcom Boris. Il resto della produzione Rai e Madiaset è la solita minestra di buonismo, retorica, luoghi comuni. A parte il recente Tutti pazzi per amore, dove gli autori hanno cercato di dare un proprio “piglio” personale alla serie .
Tutto il resto è solo propaganda, dove il cinema non ha niente a che fare con questo tipo di senso dell’immagine. Mentre negli Stati Uniti e in Inghilterra (basti pensare al serie Hustle, con protagonisti simpatici e ideologici imbroglioni) sono i serial televisivi che fanno da traino al cinema, in Italia non si può nemmeno dire che sia il contrario, considerando la scarsa considerazione dei prodotti di qualità nostrani.