Il re balbuziente batte Facebook

183056_167602836625559_166256953426814_403309_8251458_n1“Solo” quattro premi al bel Il discorso del re nella notte degli Oscar che si è svolta nella notte tra domenica e lunedì. Abbiamo seguito in diretta la serata, se volete vedere le premiazioni minuto per minuto, compreso il red carpet, cliccate qui. Oppure andate sulla pagina Facebook “Anche io guardo la notte degli Oscar
Non c’è stato, quindi, un film pigliatutto, ma i premi sono stati quasi equamente divisi anche tra Inception e The Social Network. La fa comunque da padrone il film sul re balbuziente che si porta a casa Miglior film, regia, attore (Colin Firth) e sceneggiatura. Altri premi “pesanti” sono andati per gli attori a The Fighter con i non progtagonisti Melissa Leo e Christian Bale. Da pronostico anche la miglior attrice andata alla Natalie Portman di Cigno Nero, la più emozionata sul palco.

The social network ottiene solo 3 Oscar: sceneggiatura non originale, montaggio, e colonna sonora. Mentre Inception, il bel film visionario di Christopher Nolan, si deve accontentare di 4 premi tecnici, tra cui sonoro, effetti sonori, effetti speciali.
Rimane un po’ di delusione per il cinema italiano. L’italiana candidata per i costumi di Io sono l’amore di Luca Guadagnino, è rimasta a bocca asciutta, battuta da Alice in Wonderland (che vince anche per la scenografia). Il cinema nostrano è stato ricordato nel momento dedicato agli artisti scomparsi nel 2010 con immagini di Mario Monicelli e Dino De Laurentis.

Nel complesso una cerimonia abbastanza veloce, ma in cui i due giovani presentatori, Hanne Hattaway e James Franco non hanno saputo dare un ritmo giovane, lasciandola ingabbiata in una formula vecchia e stantia. La finalità è comunque dare dei premi al cinema in lingua inglese. Questo è stato fatto, senza infamia e senza lode. Rimane la sensazione che comunque i film candidati avevano tutti la loro dignità, soprattutto i tre che si sono divisi i premi. Una buona annata per il cinema.

Conto alla rovescia per gli Oscar… e previsioni!

oscar1Ci siamo quasi. Le più ambite statuette del cinema, gli Oscar, note anche come Accademy Awards, stanno per essere consegnate. Appuntamento atteso e annunciato che chiude la serie di riconoscimenti che lo stesso mondo del cinema (ma solo di film realizzati in inglese) assegna alle opere realizzate nell’anno precedente.
L’avventura inizia nella serata di domenica, dalle 22, con il “red carpet”, per proseguire poi con la cerimonia ufficiale che comincerà alle 2.30 della notte. Non tutti potranno assistere agli Oscar, soltanto Sky ha acquistato i diritti della cerimonia. Ma se qualche appassionato non se la vuole perdere, nessun problema: questo blog e un’apposita pagina facebook chiamata “Anche io guardo la notte degli Oscar“, seguiranno tutto l’evento con una diretta “teastuale”. In tempo reale daremo i vincitori, le curiosità, persino chi cade dal palco o commette qualche papera.
Sappiamo benissimo che è solo un gioco e come tale lo prendiamo, visto che siamo anche noi degli appassionati. E per stare al gioco ecco un pronostico dei nostri vincitori scelti tra i candidati, i nostri Oscar:

– Oscar per il miglior film: Il discorso del re
regia: Tom Hooper per Il discorso del re
attore protagonista: Colin Firth per Il discorso del re
attrice protagonista: Natalie Portman per Cigno Nero
attore non protagonista: Christian Bale per The Fighter
attrice non protagonista: Helena Bonham Carter per Il discorso del re
sceneggiatura non originale: The social network
sceneggiatura originale: Il discorso del re
montaggio: The social network
fotografia: Inception
costumi: Alice in wonderland
scenografia: Alice in wonderland
trucco: The Wolfman
colonna sonora: The Social Network
canzone originale: Toy Story 3
film straniero: Biutiful
montaggio sonoro: Inception
effetti speciali: Inception

La vendetta “pulita” del Grinta

ilgrintaEsiste un’intera filmografia sulla vendetta, sotto svariate forme. Diciamo subito che il nuovo film dei fratelli Coen, Il Grinta, non aggiunge nulla di nuovo al genere western e nemmeno al filone dedicato alla vendetta. Ma è comunque un bel film, con una propria morale (e sembra strano se si pensa ai Coen) e con una narrazione abbastanza tradizionale. Come se tutta l’operazione fosse un omaggio al western, come lo fu per il noir Crocevia per la morte. Ma allora il tocco dei Coen era già evidente. Vedere il Grinta, remake dell’omonimo film con John Wayne (che gli ha regalato l’unico Oscar vinto in carriera), è comunque un piacere, è film “normale”: avvicincente, ironico, spettacolare ed epico. Insomma non un film dei Fratelli Coen
È come vedere il Drugo del Grande Leboswky trasportato nel west, vestito dei soliti stracci, con lo stesso senso di giustizia e con meno anarchia. Anche la regia, seppur pregevole, manca di quel tocco personale che han fatto grandi gli autori di Non è un paese per vecchi (ancora aperta la diatriba se quella fosse la loro vera interpretazione di western).
Il Grinta rimane un film da passatempo, decisamente sopra la media e sicuramente bello. Semplicemente manca quel “classico” tocco personale dei Coen. Merita molto, invece, la “piccola” protagonista, che sta per sfiorare l’Oscar per la sua interpretazione.

La politica è solo un patto tra postulanti

i-pilastri-della-terraLa politica è solo un patto tra postulanti“. Che schifo. Leggendo i giornali di questi giorni, con le dichiearazioni di guerra tra Fini e Berlusconi, che dicono tutto e il contrario di tutto, non può non venirmi in mente il bel serial tv I pilastri della terra, tratto dal gigantesto libro omonimo di Ken Follet. Lì c’erano intrghi, tradimenti, diplomazia e addirittura omicidi in nome della politica.
Quella frase assume nel corso del serial, ambientato nel Medioevo in Inghilterra, un significato sempre più dispregiativo. Tanto lo assume oggi, dove i giornali e i media vengono usati dai diversi leader politici per parlarsi e minacciarsi, per acquisire potere e contrattare poltrone e incarichi. Come se la corruzione fosse solo uno scambio di soldi, non le promesse di un futuro lungimirante, in politica o in altro. Come se la politica fosse definita come merce di scambio, non come fine ultimo per il miglioramento del modo di vivere.
La politica è invece vista come mero patto, accordo, contratto, tra due parti che fanno solo i propri interessi, o gli interessi di un potere in mano a pochi.
La politica è solo un patto tra postulanti. Che schifo.

Il paradosso di Facebook

The Social NetworkThe social network, un successo a metà. Il film di David Fincher che ricostruisce la nascita di Facebook, tra amori e tradimenti, non ha sbancato il botteghino italiano. In questi primi giorni di programmazione si è fermato al terzo posto della classifica, facendosi battere dalla commedia Maschi contro femmine, ormai da tre settimane nella sale italiane. Il film americano ha incassato 814.932 euro contro 1.365.173 della pellicola di Fausto Brizzi. Quest’ultimo film arriva quindi gli 11,2 milioni di euro e si appresta a raggiungere l’altro film italiano record di incassi, Benvenuti al sud, già arrivato a superare i 27 milioni.

Un caso singolare quello di The social network per diversi motivi: in patria è stato un successo incassando oltre 22 milioni di dollari nel primo week-end (adesso è arrivato a superare i 100 negli Stati Uniti, 150 nel mondo); la critica, inoltre, è praticamente unanime a giudicare il film un capolavoro (secondo una stima ha il 97% delle recensioni positive), tanto che molti, anche se è un po’ presto per dirlo, lo danno come tra i favoriti alla notte degli Oscar del prossimo febbraio.
Ma il dato che fa più pensare a un paradosso sul deludente risultato italiano, riguarda il rapporto tra Facebook e gli italiani: in meno di due anni l’Italia è balzata in cima alla classifica mondiale per l’utilizzo di Facebook. Lo usano in 15 milioni, passando davanti allo schermo sei ore e mezzo al mese. Insomma, gli italiani conoscono bene questo social network, ma del film non sembra importare molto.

Avatar 3D, il fascino di entrare in un nuovo mondo

avn12_avatar_22894fDue volte al cinema in due settimane. Un record se si considera gli ultimi due anni di visione domestica. Due anni in cui il cinema è cambiato ed Avater 3D ne è la prova. Il film di James Cameron è nei cinema da quasi un mese, ha battuto ogni record di incasso, e le sale sono ancora stracolme con lunghe attese per le prenotazioni, come accadde solo per Titanic, sempre diretto dal genio furbo di Cameron. Ma non è questo che ha fatto cambiare il Cinema. Lo ha fatto il 3D, e non uno qualunque, bensì quello di Avatar.

Quando i fratelli Lumiere inventarono il Cinematografo, inteso come concetto di visione di gruppo a pagamento, mostrarono treni che andavano incontro agli spettatori, posti esotici mai visti che lasciavano ammaliato chi osservava. E soprattutto soddisfatto. Avatar fa la stessa cosa: porta lo spettatore in un nuovo mondo, sconosciuto, alieno, invitante, affascinante, costruito nei minimi dettagli. Il mondo di Pandora, dove si svolge la vicenda narrata nel film, diventa reale proprio grazie a quella finestra che rende tutte le immagini tridimensionali.

La storia non è certo originale o nuova. Ma non lo era neppure il Titanic (non poteva certo non affondare). I detrattori di Avatar dicono che non racconta niente di originale. Nessun film lo fa. Le storie che l’uomo ha bisogno di sentirsi raccontare sono sempre le stesse. Avatar narra del riscatto di una società attraverso la forza di un singolo che riscopre, anche attraverso una storia d’amore, il proprio contatto con tutto ciò che lo circonda e che trova letteralmente il proprio posto nel mondo. Quanti film raccontano ciò? Tanti, tra cui molti capolavori del cinema.

Avatar ha il grande pregio di utilizzare il 3D non in maniera esibizionista o come un gioco per dispiegfare mezzi tecnologici mai visti. Il 3D è semplice e dopo pochi minuti dall’inizio ci si dimentica pure degli occhialini (seppur fastidiosi, soprattutto per chi porta altri occhiali). Tutta l’emozione della storia viene amplificata da un senso di realtà accentuato da una profondità mai vista prima al cinema. Pandora diventa reale, i suoi paesaggi (che mi hanno molto ricordato i quadri di Magritte) esistono veramente, sono tangibili. I protagonisti sono in sala sala di fianco a te. Le piante si colorano e vivono nel cinema. Tutta la sala diventa Pandora. Si rimane senza fiato e senza parole di fronte all’apprendimento del protagonista Jake che scopre il mondo di Pandora insieme allo spettatore.

Sarà anche il film più costoso della storia del Cinema, sarà quello che incasserà di più. Ma da questo punto, da Avatar, non si torna più indietro. Esisterà sempre il cinema a due dimensioni, come esistono ancora i fumetti o i giornali di carta, ma la frontiera di ciò che è possibile è stata spostata, non impercettibilmente, ma in maniera netta e tangibile.

In due anni il cinema è cambiato. E non ci vuole questa “astinenza” per capirlo. Avatar è reale quanto lo è il mondo di Pandora.

Sherlock Holmes e i maledetti trailer

sherlock-holmes-locandinaEscludiamo la parentesi Barbarossa che non si può considerare Cinema, ma tornare dopo due anni in una sala buia, con un grande schermo che si illumina e prende vita, è come interrompere una dieta rigida fatta di mandarini e yogurt per lanciarsi verso una tavola imbandita di ogni ben di Dio. Complici dell’emozione due cose: i trailer, che per chi ama il cinema e quelle sensazioni sono come una droga, e il film. Quest’ultimo, Sherlock Holmes, non è stato certo un capolavoro, ma sicuramente ha una sua identità. Nonostante sia un blockbuster americano è anche stato diretto e realizzato da un redivivo Guy Rictchie, un giovane regista che alla fine degli anni ’90 aveva diretto due piccoli gioielli come Lock & Stock e The Snatch. Poi il matrimonio con Madonna lo aveva come addormentato, lei si è messa a fare la regista come se gli avesse rubato (male) il talento, l’anima. Lui faceva il marito. In questi anni, lui ha diretto un film che preferisco nemmeno citare (con protagonista la moglie).

Due anni fa si sono lasciati e lui è come rinato. Ha firmato un altro gioiello indipendente dal titolo Rocknrolla e ora Sherlock Holmes, una rivisitazione in chiave moderna del mito creato da Conan Doyle.

Complici anche due interpreti di sicuro fascino, Robert Downey Jr. e Jud Law, Ritchie dirige con sicurezza senza perdere il proprio stile frenetico, soprattutto nella prima parte, e portando nell‘800 la sua Londra sporca di sentimenti corrotti e avidi. Rivisita il mito, lo rende scorbutico e affascinante, togliendo quella patina di eccessiva riflessione che aveva nel tempo reso il mito di Holmes riflessivo e troppo perfetto. A tutto ciò si aggiunge una trama da “fine del mondo” tanto cara ai filmoni americani (che ricorda l’altra bella e sottovalutata pellicola dal titolo V for vendetta) e il film con pop-corn è servito.

Non un capolavoro certo, ma sicuramente un film interessante. Soprattutto per chi ha interrotto un astinenza che durava da oltre 700 giorni.

E ora? Maledetti trailer…


New moon, il nuovo Romeo e Giulietta

newmoonGli autori negano, ma la storia è quella di Romeo e Giulietta. La saga di Twilight, i nuovi vampiri che hanno letteralmente fatto impazzire i teen ager di tutto il mondo, è basata sui romanzi di Stephanie Meyer. E nelle sale cinematografiche esce in questi giorni il secondo capitolo dal titolo New Moon. Dopo il successo del primo film, Twilight, costato 35 milioni di dollari incassandone oltre 400 milioni in tutto il mondo, la nuova avventura di Bella ed Edward, lei umana lui vampiro, sembra confermare l’ipotesi che dietro tutto ci sia proprio la storia di Romeo e Giulietta.

New Moon racconta infatti dell’impossibile amore tra Bella ed Edward: lui si vede costretto a lasciarla dopo aver visto che per lei è un pericolo starle vicino. Edward decide di andare a morire a Volterra (le riprese sono state fatte a Montepulciano) dove c’è una stirpe di nobili vampiri. Bella caduta in depressione, reagisce, va a cercare il suo amore credendolo morto.

 

La storia sembra proprio quella scritta dal Bardo, solamente aggiornata alla mitologia dei vampiri. La saga di Twilight ha un grande pregio: non è solo effetti speciali, ma anche introspezione e sofferenza per un amore impossibile; i personaggi sono ben costruiti, piacciono a giovani e meno giovani; lo spazio all’azione è soltanto funzionale al racconto, non esagerato.

Totalmente il contrario di quello che è successo a Harry Potter la cui saga, seppur raccontata da autori diversi, è andata sempre più verso una spettacolarizzazione che ha però raffreddato la storia e le emozioni che avrebbe potuto suscitare i personaggi. Errore che si spera non commetta anche questa nuova saga, decisamente meno politicamente corretta, ma che i grandi produttori hollywoodiani hanno già “addentato”: budget raddoppiato con cambio di regista, Chris Weitz, abituato agli alti costi di produzione. La parola agli spettatori.

Il naso di Pinocchio non buca lo schermo tv

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Il nuovo Pinocchio televisivo era francamente brutto. Per carità anche fedele al libro di Collodi, ma non aveva niente a che vedere con un prodotto cinetelevisivo di buon livello. Dal regista del Montalbano televisivo ci si aspettava di più. Lo ha ammesso anche lui, Alberto Sironi, persona simpatica, intelligente e critica, comunque soddisfatto degli ottimi ascolti, ha dichiarato: “si poteva fare di meglio”.

La Rai, come Mediaset, continua a voler rimanere agganciata a un concetto vecchio di fiction: in altre parti del mondo è il luogo della sperimentazione, della scoperta dei talenti, delle storie innovative. Da noi, come dice Sironi ci si limita a banali storie d’amore oppure a rivisitare i grandi classici. Pinocchio non era certo semplice: ci aveva provato Roberto Benigni dopo il successo planetario de La vita è bella, ma la critica lo aveva letteralmente massacrato.

Ora, dopo il Pinocchio di Comencini con Nino Manfredi, questa nuova versione con un cast all star e girato in inglese. Senza verve, doppiaggio che sembra quasi fuori sincrono, personaggi che paiono finti, montaggio senza ritmo, lento.

Si salva soltanto la bontà di base della storia, ideale per i bambini. Meno per gli adulti. Ma il libro parla a tutti, grandi e piccoli. Difficile, è vero, trovare la lettura giusta. Ma come dice Sironi, con un po’ di impegno si poteva fare di meglio, soprattutto senza le vecchie, scomode, arrugginite catene della rigida fiction italiana.

Addio Mike

mikeÈ morto un grande protagonista della storia delle televisione. Mike Bongiorno aveva 85 anni e si è spento a Montecarlo, colpito da un infarto. La sua carriera, che ha attraversato oltre 60 anni di tv, non era certo finita: aveva appena firmato un contratto con la tv satellitare Sky per riportare sul piccolo schermo una nuova versione del “Rischiatutto”, programma che la Rai aveva utilizzato, insieme a Lascia o raddoppia, gli anni del boom economico. I suoi programmi hanno sicuramente contribuito a creare quell’unificazione linguistica dell’Italia, nonostante le numerose gaffe che lo hanno reso celebre e che ancora vengono citate da giovani e anziani. Indimenticabile, oltre al consueto “Allegria” del quiz Superflash, il classico “Ahiahiai Signora Longari…” (che ancora oggi non si sa se sia verità op leggenda).  Senza dimenticare come spesso i suoi programmi siano stati utilizzati dal cinema per indicare il periodo storico in cui si svolgeveno le storie raccontate, da Fantozzi a Totò.

Americano di nascita, Juventino da sempre, forte antifascista, è stato sicuramente un grande precursore della tv, con forte intuito per i programmi a cui lui stesso ha dato il successo. Non è sempre rimasto con “Mamma Rai”: dopo qualche esperimento in diverse reti, nell’82 passò alle reti di Berlusconi, sposando l’idea televisiva del Cavallerie e divenendone grande amico, fino a ricoprire la carica di vicepresidente di Mediaset. Negli ultimi anni un altro grande sodalizio: Fiorello da quasi dieci anni ne è divenuto amico grazie a simpatici e ironici spot pubblicitari, che contribuirono anche a ridare simpatia al personaggio Mike. Un’amicizia, quella con Fiorello, che dopo la scelta del giovane show-man di rifiutare le avance di Berlusconi e scegliendo invece Sky, aveva portato alla rottura definitiva con Mediaset. Tanto da pensare a nuovi progetti per la tv satellitare. Programmi che, purtroppo, non vedremo più.

Ora Youtube sarà preso d’assalto per vedere il collage di gaffe di Mike. Situazioni che hanno sicuramente, grazie alla sua autoironia, contribuito non poco a creare il grande presentatore, sempre originale e intelligente nelle proprie scelte.