Escludiamo la parentesi Barbarossa che non si può considerare Cinema, ma tornare dopo due anni in una sala buia, con un grande schermo che si illumina e prende vita, è come interrompere una dieta rigida fatta di mandarini e yogurt per lanciarsi verso una tavola imbandita di ogni ben di Dio. Complici dell’emozione due cose: i trailer, che per chi ama il cinema e quelle sensazioni sono come una droga, e il film. Quest’ultimo, Sherlock Holmes, non è stato certo un capolavoro, ma sicuramente ha una sua identità. Nonostante sia un blockbuster americano è anche stato diretto e realizzato da un redivivo Guy Rictchie, un giovane regista che alla fine degli anni ’90 aveva diretto due piccoli gioielli come Lock & Stock e The Snatch. Poi il matrimonio con Madonna lo aveva come addormentato, lei si è messa a fare la regista come se gli avesse rubato (male) il talento, l’anima. Lui faceva il marito. In questi anni, lui ha diretto un film che preferisco nemmeno citare (con protagonista la moglie).
Due anni fa si sono lasciati e lui è come rinato. Ha firmato un altro gioiello indipendente dal titolo Rocknrolla e ora Sherlock Holmes, una rivisitazione in chiave moderna del mito creato da Conan Doyle.
Complici anche due interpreti di sicuro fascino, Robert Downey Jr. e Jud Law, Ritchie dirige con sicurezza senza perdere il proprio stile frenetico, soprattutto nella prima parte, e portando nell‘800 la sua Londra sporca di sentimenti corrotti e avidi. Rivisita il mito, lo rende scorbutico e affascinante, togliendo quella patina di eccessiva riflessione che aveva nel tempo reso il mito di Holmes riflessivo e troppo perfetto. A tutto ciò si aggiunge una trama da “fine del mondo” tanto cara ai filmoni americani (che ricorda l’altra bella e sottovalutata pellicola dal titolo V for vendetta) e il film con pop-corn è servito.
Non un capolavoro certo, ma sicuramente un film interessante. Soprattutto per chi ha interrotto un astinenza che durava da oltre 700 giorni.
E ora? Maledetti trailer…