Gli zombie invadono la tv e la fanno vivere!

zombiekb-the-walking-dead-poster1The walking dead non è originale, non è una novità nel mondo dell’horror. È una rivoluzione per la tv. Come lo è stato Lost, nel 2004 per la normale serialità, la nuova serie tv americana, tratta dall’omonimo fumetto, porta in televisione l’horror. E lo fa con stile, con eleganza, con quella grande sensibilità che solo un autore vero, come Frank Darabont (già regista e sceneggiatore di Le ali della libertà e Il miglio verde), sa fare.

The walkink dead fa paura. Non c’è che dire, tra citazioni al padre degli zombie, George A. Romero e 28 giorni dopo, parte come un razzo. Il primo episodio trasmesso da Fox (su Sky) è da brividi. L’approccio agli zombie non è troppo ironico, non è troppo splatter. È umano, come se tutto potesse succedere per davvero. E questo fa davvero paura.

Se gli horror sanno leggere la realtà, quella degli ultimi anni, negli Stati Uniti, è davvero tremenda. Se questa ultima serie ne è un esempio, anche noi italiani dovremmo saper sfornare capolavori. Ma perchè non succesde? Forse non siamo abbastanza nella m… A noi bastano le serie tv patinate dove siamo capaci di censurare persino il Papa, bastano le storie d’amore da fotoromanzo, bastano gli attori cani come dice Battiston (quelli che soffiano mentre parlano i di cui non si capisce una parola), bastano le regie piatte e non motivate, bastano le sceneggiature fatte solo di inutili dialoghi finti.
Tutto questo fa davvero paura. Non The walking dead, non gli zombie che camminano. Fa paura non saper leggere la realtà che ci circonda.

Torna Freddy, se dormi MUORI!

nightmare“Uno due tre, sto venendo da te. Quattro cinque sei, ora prega già che ci sei”. Era la filastrocca cantanta da inquitanti bambine che annunciavano l’arrivo di Freddy Krugher nei sogni dei giovani di Elm Street. Chi non conosce Freddy Krugher, e la serie Nightmare, non può capire le notti insonni di chi, negli anni ’80, si è visto tutta serie di film del personaggio creato da Wes Craven.
La leggenda vuole che Freddy molestasse e uccidesse bambini, poi i genitori di quel quartiere lo presero e lo bruciarono vivo. Lui torna sotto forma di incubo e uccide nel sonno gli adolescenti. A metà tra incubo e realtà il meccanismo geniale del film tocca tutti: se ti addormenti incontri Freddy. E muori.
Terrificante, spiazzante, con il proseguire della serie, anche grottesco. Nightmare è un caposaldo dell’horror, come Halloween. Ora torna al cinema, un reboot, come va tanto di moda oggi chiamare i remake che fanno ripartire una serie.
Ma i i tempi sono cambiati: gli horror hanno sconfinato su più fronti, è arrivato nell’immaginario collettivo l’horror orientale, il torture-porn, ma soprattutto lo stesso Craven che già negli anni ’90 aveva reinventato il genere con la serie Scream che azzerava tutte le regole. Vedremo se il nuovo Nightmare sarà all’altezza del primo, ma soprattutto se saprà dire qualcosa di veramente nuovo in questo genere, l’horror, tra i più innovativi della storia del cinema.

Metti Shining in un albergo abbandonato… altroché 3D

shiningCorridoi vuoti, l’eco nella voce, il tempo che trascorre e tutto rimane immobile, fino alla pazzia. Il Grand Hotel del Cmapo dei Fiori a Varese, abbandonato da anni, è un bell’esempio di architettura, esattamene come l’Overlook Hotel del film Shining di Stanley Kubrick. E sarà proprio il terrificante film a essere proiettato nelle stanze dell’albergo varesino che per una sera, si fa per dire, tornerà in vita grazie al terrore, trasformandosi in uno speciale cinema, il prossimo 12 agosto 2010.
Per i presenti sarà terrore allo stato puro perchè il film di Kubrick, dopo trent’anni dalla sua uscita nelle sale cinematografiche (1980), fa ancora decisamente paura. La storia è quella di una famiglia il cui padre, interpretato da un Jack Nicholson, è uno scrittore in cerca di ispirazione. La famiglia dovrà passare l’inverno nelle stanze di quell’albergo, affrontando l’isolamento a cui saranno costretti. Ben presto la pazzia del buon padre di famiglia si manifesta, complice anche il passato suggestivo dell’albergo, dove anni prima si era consumata una strage in famiglia.
Inquietudine allo stato puro per la storia che il regista ha tratto da un libro di Stephen King (a cui non è piaciuto il film). Ho visto Shining tante volte ormai, la prima da adolesciente e non ho dormito per diverse notti. Tutt’oggi, chi non è praparato a questo tipo di visione rischia di spegnere la tv per il terrore a rivederlo di sera, al buio.
Non oso immaginare cosa possa succedere in una visione collettiva in quella che può essere definitita una riproduzione scenografica come il Grand Hotel Campo dei Fiori, come se l’Overlook Hotel uscisse letteralemnte dallo schermo, altrochè il cinema tridimensionale.
Ci manca solo che Jack Nicholson si metta a firmare autografi e la follia di gruppo è assicurata ancor prima che le luci si spengano per la proiezione.
Per i fortunani che andranno a Varese, buona visione. Forse, stavolta, passo la mano… ancora non dormo bene, ma non so.
Ecco un paio di assaggi del film…

Metti che… Paranormal Activity

paranormal-activity-poster-movieMetti che abbiamo paura di ogni cosa che non consociamo

Metti che tutti abbiamo un demone che ci perseguita

Metti che il tuo demone lo schiaffi in un film

Metti che terrorizzi milioni di persone

Metti che Paranormal activity sia un’opera non originalissima, con poca storia e tanta suggestione

Metti che la paura esista e che sia amplificata dall’effetto di massa di un cinema o dalla pubblicità

Metti che sei senza soldi e ti inventi di far paura come ai tempi dei primi horror

Metti che il punto di riferimento sia il bel Bacio della Pantera e non solo lo scontato The blair witch project

Metti che tu sia anche bravo creare l’atmosfera, a non far vedere mai la violenza

Metti che mostri solo una goccia di sangue, ma è come fosse un lago

Metti che risposte non ce ne siano e qualunque risposta sarebbe banale

Metti che non realizzi un capolavoro

Metti che con 10 mila euro fai un film e ne incassi oltre 100 milioni

Metti che le idee siano quelle che contano

Metti che il Cinema sia fatto di queste idee

Metti che il cinema italiano non lo sia

Metti che il fenomeno di Paranormal Activity abbia molto da insegnare

Metti che la paura esista e vada esorcizzata

Metti che gli horror siano la nostra porta catartica

Metti che sarebbe meglio non guardare questo film da soli…

L’Anticristo nella foresta nera dei sentimenti

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Ero da solo in casa. Ho avuto paura. Molta. Ma non era un film horror. Era Lars Von Trier. Definire un suo film con un genere è impresa decisamente ardua, è un regista capace di toccare corde dell’animo umano per cui dire che una sua opera è bella pare una bestemmia. Un pugno nello stomaco farebbe meno male. In questo Antichrist recitano solo due attori, un grande Willem Dafoe e una sorprendente e inquietante Charlotte Gainsburg (già vista recentemente in Nuovomondo di Crialese). È la storia di una coppia che, in seguito alla morte accidentale e tragica del figlio di tre anni, decide di affrontare il dolro di petto: lui psichiatra, apparentemente ha elaborato la perdita, costringe lei ad affrontare le proprie paure nel luogo che più le incute timore, la loro casa nella foresta.

Il sesso come sfogo del dolore, la paura come limite per la conoscenza di se stessi, le maschere che portiamo come riflessi del mondo che vorremmo. Von Trier ha dichiarato di aver scritto il film di getto, di non averlo fatto leggere al proprio analista per paura non volesse più ascoltarlo. Aveva ragione. Antichrist è un film “di pancia” con emozioni contrastanti che solo Le onde del destino era riuscito a rappresentare. Se con Dogville aveva estremizzato la rappresentazione scenica togliendo qualsiasi scenografia per enfatizzare le emozioni e con Dancer in the dark aveva usato la musica come strumento estraniante (ma allo stesso tempo coinvolgente), con Antichrst torna a quel modo di raccontare i mondi complessi dei protagonisti, tra ambiguità, verità e misteri.

Il senso di colpa gioca un ruolo fondamentale in tutta la storia. Per entrambi i personaggi. Non siamo capaci, come spettatori, di staccarci da loro: possiamo provare ribrezzo, disgusto, pietà, compassione. Ma il dolore è nostro, per tutto il film. In quei magistrali cinque minuti iniziali che crediamo terminare nel prologo. In quell’atteggiamento saccente, distaccato, antipatico, del marito. In quella follia di una madre che non è solo postraumatica.

Antichrist è l’essenza dei sentimenti. Lars Von Trier per molti è un genio, per altri un gran furbo che gioca con le emozioni. Rimane il fatto che è un grande provocatore. I suoi film o si amano o si odiano. Non ci sono vie di mezzo. Per le emozioni che generano dire di amarli è molto complicato. Ma rimangono nel cuore.