È morto Blake Edwards, padre di Hollywood Party

blakeedwards_300x435L’inizio di Hollywood Party. Una delle più belle scene di film commedia della stroia del cinema. Regia di Balke Edward che con Peter Selers ha firmato una serie di film indimenticabili. Personalmente quella scena, tutto l’inizio del film, sono l’apoteosi della commedia. Così vorrei ricordare Edwards, scomparso la notte del 16 dicembre, all’età di 88 anni. Ma il regista ha anche firmato altri capolavori come diversi film della Pantersa Rosa, sempre con Selers, oppure l’indimenticabile Victor Vittoria, o ancora Colazione da Tiffany con una spelndida Audry Hepburn. Un film diverso dal libro di Truman Capote, ma decisamnete grandioso.
Edwards aveva rinnovato la commedia, dando il via anche a quell’autoreferenzialità del cinema poi tipica degli anni ’80, anche se non con gli stessi risultati. Suoi quindi molti capolavori della commedia che aveva realizzatro, ma non aveva mai vinto un Oscar, tanto che nel 2004 l’Accademy cercò di rimediare con un meritato riconoscimento alla carriera. I suoi film rimarranno comunque indimenticabili.

Monicelli, la commedia all’italiana non c’è più

mario-monicelliMario Monicelli se n’è andato buttandosi dalla finestra dell’ospedale. Aveva 95 anni e un tumore alla prostata in fase terminale. Ha scelto di andarsene all’improvviso, per sua scelta, come per sua scelta ha criticato, attraverso la commedia, tutta la storia dell’Italia. Se ne è andato nello stesso anno in cui è scomparso anche uno dei suoi sceneggiatori preferiti, Furio Scarpelli. Insieme avevano realizzato La Grande Guerra, con il quale diedero vita alla commedia all’italiana. Genere che è rimasto impossibile da imitare, nel mondo, ma anche in Italia. Da anni si dice “tipica commedia all’italiana” per ogni film che fa sorridere. Ma non esiste nulla di più falso. L’unico erede, forse, è stato Paolo Virzì, con il suo Ovosodo, capace di leggere l’italia con ironia e personaggi tra lo strafottente e lo stralunato.
La commedia all’italiana non esiste più. Se ne è andata con Monicelli. Vivono i suoi film e la “sana cattiveria” che riescono ancora a trasmettere, come la supercazzola di Amici Miei, o la goffaggine distruttiva dell’Armata brancaleone, per non dimenticare gli scapestrati ladri de I soliti ignoti.
Monicelli ha partacipato ultimamamente a diversi documentari negli ultimi anni, molto nostalgici, ma in cui non ha mancato di pungere con affermazioni molto dure nei confronti della cultura e del cinema, oggi bistrattati (adesso per esempio abbiamo il caso Bonev, e forse ce lo meritiamo).
L’ultima opera del maestro Monicelli, Le rose del deserto, non è certo un film ai livelli dei precedenti. Ma esiste tutta la tematica che ha sempre attraversato il regista. L’ho trovato malinconico, diviso tra speranza e rasseganzione, con un grande Alessandro Haber, come una prosecuzione de La grande guerra. Un testamento cinematografico che credo importante, un atto d’amore per il cinema da parte di un regista che ha dato tanto.
Con i suoi film ha aiutato l’Italia a diventare grande, a rendersi conto dei propri difetti, a riderci sopra quanto basta per cercare di raddrizzare il tiro.
Oggi quei difetti ci sono ancora. Li abbiamo amplificati per non vederli, per far finta che “tanto tutti sono così“. Ma non era lo scopo di Monicelli. E questo è molto triste.

Il primo bacio al cinema? Con Woody Allen

3storie_di_amori_e_infColleziono locandine, da anni, da quando ero adolescente. Mi fa piacere leggere sul corriere che viene fatta una mostra con locandine e foto di set con “I baci più belli del cinema“. La locandina che ricordo meglio con su un bacio è anche quella di uno dei miei film preferiti: Moulin Rouge di Buz Luhrmann. Spettacolare, debordante, travolgente. Non ci sono altre parole. Nonostante i sottotitoli penso pure di essermi commosso. E non ho la locandina originale (se qualcuno vuole farmi un regalo…), non sono riuscito ad averla, non ero più un ragazzino che supplicava i gestori delle monosale di lasciargli un manifesto.
Niente a che vedere con il primo bacio al cinema, a 16 anni. Imbarazzante, senza senso. Ero più attratto dal film che dalla ragazza che avevo di fianco. Il film era il dimenticato Storie di amore e di infedeltà, con Woody Allen (solo attore) e Bette Midler. Un film poco divertente dove il battibecco tra i due protagonisti era poco credibile. Era il periodo buio di Woody Allen, ma era lo stesso il mio mito. Meno la ragazza che avevo di fianco. Ho finito di vedere il film. Era meglio. Di questo però credo di avere locandina…
E il vostro primo bacio al cinema?

“Oggi sposi”… come dire “Luoghi comuni oggi”

oggi-sposi-filmNon ci si annoia (non troppo) a guardare Oggi sposi, l’ultimo film di Luca Lucini, ma sinceramente la commedia italiana ha sfornato di meglio (vedi Diverso da chi?). Dopo aver visto il bel Basilicata coast to coast, Oggi sposi è stata una vera delusione: un cast all star per una storia banale, semplice, prevedibile e dall’intreccio da film corale che non aveva nemmeno tutte le connessioni narrative al punto giusto. Si salva solo l’interpretazione di sue attori: Michele Placido e Filippo Nigro. Ma quando si arriva a scegliere delle cose positive nel complesso di un’opera, vuol dire che in quel “complesso” c’è qualcosa che non va.
Insomma da Luca Lucini, giovane regista che sta crescendo nella scuderia Cattleya, mi aspettavo qualcosa di più, soprattutto dopo le belle prove L’uomo perfetto e Solo un padre. Invece, sembra proprio che quando le star sono troppe, il prodotto perda di consistenza mettendosi troppo al servizio del mercato.
Nella mia tv di casa (purtroppo la sala è tornata a essere un miraggio lontano… ahimè) sono arrivato in fondo al film per “dovere di storia”, per concludere la serata. Mi sa che, però, dovrò imparare ad adottare anche al cinema il decalogo di Pennac sui diritti del lettore, in cui primeggia il diritto di non abbandonare il libro (il film?) quando si vuole.

Basilicata da costa a costa: l’estate continua…

papaleogassmanmezzogiornobrigugliagazzeDivertente, trascinante, ironico, intelligente e soprattutto non banale. Basilicata coast to coast l’ho visto poco dopo essere stato in ferie, in Toscana, ma poco conta. È un film dove si respira l’estate e per una sera è stato come non avere pensieri, spegnere il cervello (ancora) in maniera intelligente. 
È un un’opera prima di un “vecchio” attore, Rocco Papaleo, diventato famoso per molte parti secondarie in film come quelli di Pieraccioni, oppure, meglio ancora, nella mitica serie tv dell’89, Classe di Ferro. Mi piace da allora.
Papaleo ha curato la regia e le musiche di questo singolare film, senza nascondere comunque il fascino del genere road movie. Per road, si intende davvero road, visto che i protagonisti, quattro amici che hanno messo su il complesso delle “Pale eoliche”, decidono di affrontare i nodi della propria vita attraversando la regione da del titolo da costa a costa, a piedi. 
Il tutto per partecipare a un concorso con esibizione sul palcoscenico, la prima volta dopo anni di prove in garage. Con loro una brava e antipatica Giovanna Mezzogiorno, giornalista che non crede più in nulla (le aveva interpretato anni fa un ruolo tanto opposto da essere quasi una continuazione, quello di Ilaria Alpi).
Il film è ricco di storie, ma il nodo comune a tutti è quella musica tanto strana da far parlare solo il cuore, le parole che si intrecciano e che perdono significato in testi solo apparentemente stupidi. Nel gruppo anche Max Gazzè, muto, che parla solo col basso.
Dire che il film è bello è affrettato. Dire che i paesaggi sono scontati è banale. Dire che la storia funziona è semplicistico. Dire che l’insieme ha un’atmosfera genuina che pochi altri film italiani riescono a far trasparire (ormai troppo costruiti nelle griglie di una commedia troppo scontata e vecchia), è quello che si avvicina di più alla verità. 
Proprio quello che non si vede è la potenza del film: la passione e il cuore che il gruppo, che i protagonisti, che il regista, mettono insieme per poter portare a termine un’impresa.

Riscoprire In&Out!

inoutOggi parlando con alcuni amici mi sono accorto che nemmeno i film che una volta erano considerati commerciali e di grande successo vengono ricordati dai giovanissimi. In&Out è uno di questi: una grande successo ai botteghi, un grande attore come Kevin Kline (non Calvin), e una storia da grandi risate.
E dire che il film non è tanto vecchio, è della fine degli anni ’90, e a rivederlo non sembra nemmeno tanto datato: la storia è quella di un uomo prossimo alle nozze che scopre la propria omosessualità.
Colonna sonora da spettacolo, fa parte di quel filone di film “da nozze” che comprende anche l’altro capolavoro che è Il matrimonio del mio migliore amico.
Di seguito una delle tante scene del film In&Out che non si possono dimenticare e che funzionano anche da sole. Questa è la prova a cui si sottopone il protagonista per essere un vero macho e “sconfiggere” le pulsioni da gay. E chi non lo ha visto per intero corra subito a noleggiarlo!

Radio Rock, il demonio della musica

locandina_del_film_i_love_radio_rock-011

Entusiasmante, scoppiettante, ironico, intelligente. Sono molti i termini, tutti assolutamente positivi, per definire un film come I love Radio Rock, un piccolo capolavoro nel genere “corali”. La storia è quella di una delle radio che in Gran Bretagna negli anni ’60 furono costrette a trasmettere da una nave per poter far sentire il rock e il pop al pubblico. L’idea di farne un film è tanto semplice quanto originale nella rappresentazione. La musica è la vera protagonista del film, come la musica era il motore, lo svago, l’atto d’ascolto rivoluzionario, il “frutto” proibito, di una generazione “legata” da rigide autorità conservative.

L’autore e regista Richard Curtis è soprattutto uno sceneggiatore. E si vede. Suo lo script di intelligenti commedie come Quattro matrimoni e un funerale o i due Bridget Jones, aveva dimostrato di saperci fare con film corali. Nella regia, poi, ha esordito quattro anni fa il natalizio Love Actually. Ora con Radio Rock, penalizzato in Italia da un trailer che fa sembrare il film demenziale, Curtis ha confermato la propria capacità di gestire più personaggi, anche con attori del calibro di Philip Saymour Hoffman, oppure con il bel cameo di Emma Thompson, cruciale per tutta la storia.

Evitare assolutamente, quindi, di basare il giudizio del film solo sul trailer ufficiale. Meglio una delle bellissime clip su Youtube, come quella di seguito. Puro ritmo!